«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna»
Alla luce delle letture di venerdì 5 maggio (At 9,1-20 - Gv 6,52-59), appare evidente come San Paolo e Santa Caterina da Siena siano esempi della concreta possibilità di vivere consapevolmente, grazie all’aiuto altrui, a prescindere dai propri percorsi, le parole di Gesù: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna».
Paolo, infatti, si trova, sì, a camminare già, seguendo la via dei discepoli di Cristo, ma con l’intenzione di perseguitarli, quando «all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: “Sàulo, Sàulo, perché mi perséguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. Ed egli: “Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare”».
Giorgio La Pira e san Marco: spunti di riflessione
Giorgio La Pira (1904 –1977), docente di Diritto Romano, uomo politico, membro dell’Assemblea Costituente, parlamentare italiano, sindaco di Firenze, operatore di giustizia, di pace e di carità, Servo di Dio, ha avuto con il convento di San Marco in Firenze un rapporto privilegiato. Vi abitò infatti dal 1936 al 1944 condividendo la vita con la comunità e in seguito, costretto a lasciarlo per motivi di salute, mantenne con esso sempre uno stretto rapporto fino a dichiarare in una lettera, riferendosi al convento di San Marco: «è la mia sola casa terrena e la cella n° 6 è la mia sola cella terrena: la porto nel cuore, sempre!». Come si spiega che un uomo dalla vita così impegnata culturalmente, socialmente e politicamente volesse vivere in un convento e perché poi il convento di San Marco?