DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna»

Alla luce delle letture di venerdì 5 maggio (At 9,1-20 - Gv 6,52-59), appare evidente come San Paolo e Santa Caterina da Siena siano esempi della concreta possibilità di vivere consapevolmente, grazie all’aiuto altrui, a prescindere dai propri percorsi, le parole di Gesù: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna».

Paolo, infatti, si trova, sì, a camminare già, seguendo la via dei discepoli di Cristo, ma con l’intenzione di perseguitarli, quando «all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: “Sàulo, Sàulo, perché mi perséguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. Ed egli: “Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare”». 

 

Alzatosi e rendendosi conto di non vederci più, Paolo sembra ormai costretto a condurre una vita alle dipendenze degli altri: infatti, viene trascinato per mano fino a Damasco dai suoi compagni di viaggio. Essi, in realtà, a differenza di lui, non avevano visto la luce né sentito la voce; non sono loro a sostenerlo, ma è dall’incontro con Gesù che egli prende la forza di vivere «per tre giorni» - come riportano gli Atti - senza «né cibo né bevanda».

 Evidentemente egli si sente già appagato per un’altra fame e per un’altra sete; ma occorre che riconosca che si tratta di un altro cibo e di un’altra bevanda, la carne e il sangue di Cristo, che perseguitava. A tal fine il Signore si serve di un uomo, di Anania, che, per carità fraterna, desti in lui quella fiamma con la quale il Cristo lo ha toccato nel momento della conversione. «Allora Ananìa andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: “Sàulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo”. 

giulia lombardi   Giulia Lombardi E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono». Il cibo preso è ora riconosciuto come il corpo e il sangue di Cristo, tanto da recuperare nuove forze, rigenerate dallo Spirito Santo, non più spese per andare nelle sinagoghe a giustiziare i cristiani, ma per fare quello che gli è stato detto: annunciare come un araldo «che Gesù è il Figlio di Dio», assumendo come Gesù e in Suo nome le conseguenze della reazione interdetta, scandalizzata o violenta dei presenti, perché impreparati all’ascolto delle sue parole.

Il percorso di Caterina è, sì, molto diverso rispetto a quello di Paolo, ma il punto di arrivo è lo stesso: la consapevolezza di pregustare la vita eterna, con il nutrimento e la bevanda dell’amore di Gesù eucarestia per Caterina, mentre per Paolo, attraverso il battesimo amministrato da Anania. Con Caterina, Dio non si serve di un intermediario, ma dialoga1 direttamente con quella sua figliola che è arrivata a un tale punto di ascesi, da aver fame soltanto di essere istruita, e, allo stesso tempo, confermata in quella fede che aveva costantemente vissuto, sin da bambina, nutrendosi dell’amore di Gesù suo sposo. Un’adorazione dinamica, fatta di nutrimento e carità fraterna2, spinta dal desiderio per la salvezza delle anime.

Come si legge nel Dialogo: «Allora, la divina Bontà, rimirando con l’occhio della sua misericordia il desiderio e la fame di quell’anima, diceva: - Dilettissima figliuola mia, Io non sono spregiatore del desiderio, anzi sono Colui che adempie i santi desideri» (Dialogo LI 1-6)

Dio, riconoscendo la fame di Caterina, non disprezza i desideri umani, anche quelli più vitali, come appunto la fame e la sete; anzi, è Lui che li adempie. Ma quei desideri che adempie, li qualifica come “santi”.

Possiamo comprendere come fare il legame tra la vita eterna e i santi desideri, seguendo ancora Dio che parla a Caterina: «L’anima non può vivere senza amore, ma sempre vuole amare ciascuna cosa, perché ella è fatta d’amore, dato che per amore la creai» (Dialogo LI 33-35).

La vita eterna è la vita di ogni anima, che, essendo creata d’amore e per amore, potrebbe essere colpita da un solo tipo di morte: quello per rifiuto di amore. «E perciò ti dissi – spiega il Signore a Caterina – che l’affetto muoveva lo intelletto, quasi dicendo: “Io voglio amare, per il fatto che il cibo di cui mi nutro è l’amore”. Allora lo intelletto, sentendosi svegliare dall’affetto, si leva quasi dica: “se tu vuoi amare, io ti darò bene quello che tu possa amare”» (Dialogo LI 35-40); c’è, infatti, bisogno della guida dell’intelletto, che sa discernere tra un oggetto e l’altro, per non essere orientati soltanto verso ciò che soddisfa i nostri sensi.

Ed ecco che «allora l’affetto si nutre di amore, aprendo la bocca del santo desiderio, con la quale mangia odio e dispiacimento della propria sensualità, unta di vera umiltà con perfetta pazienza, la quale trasse dall’odio santo» (Dialogo LI 47-51).

In effetti, solo grazie al dialogo tra l’affetto e l’intelletto si attua il discernimento di quel bene, verso cui si muove il desiderio qualificato come “santo”. Altrimenti, «se l’affetto sensitivo si muove a volere amare cose sensitive, l’occhio dell’intelletto a quello si muove, e si pone per obiettivo solo cose transitorie, con amore proprio. […] Questo amore ha abbacinato l’occhio, che non discerne né vede se non tali chiarori. […] Ma poiché l’occhio non discerne a causa della sua cecità, non conosce la verità, e per questo erra, cercando il bene e i diletti là dove non sono». (Dialogo LI 54-71).

Così Caterina, con occhio limpido, capace di discernimento, può essere confermata nell’amore direttamente da Dio. Paolo, a sua volta, deve passare attraverso l’amore fraterno di Anania, che gli riapre gli occhi con la luce del discernimento, grazie all’imposizione delle mani che lo ricolmano di Spirito Santo, a differenza delle mani dei suoi vecchi compagni di viaggio che lo avevano fatto andare errando nel buio dell’incredulità.

1 Faccio riferimento a Il Dialogo della Divina Provvidenza.

2 Cfr. la spiritualità di don Antonio Palladino, fondatore delle Suore domenicane del Santissimo Sacramento. 

 

Giulia Lombardi
laica domenicana

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