Tra i rituali di morte del mondo, l'invito pasquale a non avere paura
La suggestiva veglia pasquale, che segna il passaggio dalla quaresima alla Pasqua, così carica di simboli e ricca di parole, appare come un risveglio, una rinascita: dalle tenebre alla luce, dal silenzio alla parola, dalla morte alla vita. La luce che si propaga gradualmente nel buio e il canto che rompe il silenzio della notte sono un invito alla gioia e alla speranza: “Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste: un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto. Gioisca la terra inondata da così grande splendore: la luce del re eterno ha vinto le tenebre del mondo”.
Il mondo ci fa paura con i suoi rituali di morte; ci sentiamo oppressi da una violenza cieca che non risparmia nessuno, nemmeno le persone più deboli e indifese come i bambini. Abbiamo paura ma l’invito che risuona nella notte di Pasqua è questo: “voi non abbiate paura”, dice l’angelo alle donne nel sepolcro; ad esso fa eco Paolo nella lettera ai Romani: “voi consideratevi morti al peccato, ma viventi in Dio per Gesù Cristo”.
La Pasqua è la celebrazione della vita perché quel Gesù che credevamo di trovare nel sepolcro, tra i morti, è risorto ed è vivo e, in forza della sua vittoria sulla morte, anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Infatti, se nel battesimo “siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua resurrezione”.
Nel contesto della celebrazione pasquale risuona anche un altro invito che Gesù manda ai suoi discepoli e che oggi è rivolto a tutti noi: “Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”.
La Galilea che era stata il luogo del ministero ordinario della vita di Gesù, diventa figura dei luoghi dove noi siamo chiamati a vivere la nostra vita ordinaria: è lì che il Signore ci dà appuntamento per essere incontrato e accolto; è lì che siamo chiamati ad essere testimoni della resurrezione di Gesù, nelle situazioni quotidiane della nostra vita.
Se il nostro “uomo vecchio… è stato crocifisso” nel battesimo e dobbiamo “camminare in una vita nuova”, è necessario che ciò si manifesti nei nostri comportamenti e nelle nostre scelte quotidiane.
Morire con Cristo al peccato significa allora contrastare le nostre tendenze negative e disumane, la nostra rassegnazione, la nostra indifferenza, la nostra paura per rinascere ad una vita nuova, quella dell’amore, della pietà e della misericordia. Vuol dire abbandonare i nostri progetti di dominio e di possesso per aprirci al servizio e alla solidarietà e aderire all’unico progetto che salva e fa vivere, quello di Dio.
La resurrezione di Gesù che ha rovesciato quella pietra del sepolcro ci chiama ad essere solidali con lui per rovesciare tutte le pietre che opprimono e schiacciano la vita delle persone.
Buona Pasqua!
fr. Aldo Tarquini, O.P.
Priore Provinciale