Omelia per la solennità di Santa Caterina da Siena (S.Em.za Card. Walter Kasper)
Cari fratelli e sorelle!
Nella seconda Lettura di questa solennità di Santa Caterina da Siena, San Paolo ci permette di guardare in profondità il suo cuore e ci mostra la più profonda dimensione del suo apostolato: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo.”
Sono parole difficili, ma parole che diventano lucidissime se guardiano alla vita di Santa Caterina. Caterina si è fatta interprete di questo programma apostolico e l’ha vissuto. La sua epoca, il Trecento, era un tempo di molte sofferenze nella Chiesa. L’Italia era sconvolta da faide, tra le città e tra le famiglie nobili; il paese era terrorizzato da furiose epidemie, che spesso, in poche settimane, divoravano migliaia di persone. La situazione della Chiesa era tristissima: il Papa era prigioniero ad Avignone, sotto l’influsso del Re di Francia, e nel conflitto con l’Imperatore tedesco. Lo stato clericale era uno scandalo per molti cristiani. “Oimè, disse la Santa, quello che acquistò Cristo in su il legno della croce, si spende con le meritrici!” (Lettera n. 109).
Però, dove la miseria è profondissima, lì è prossimo l’aiuto. Anche allora, esisteva una corrente nascosta di mistica d’amore fervente per Cristo, e di cura per la Sua sposa, la santa Chiesa. Ci limitiamo a menzionare, tra altri, Johannes Tauler e Heinrich Seuse, e Santa Brigida di Svezia, tutti contemporanei di Santa Caterina da Siena.
II.
Caterina è spesso stimata come una donna forte e straordinaria o come si dice oggi, una donna emancipata, con grande coraggio e franchezza e la tendenza a essere una protagonista, fuori dagli schemi tradizionali di una donna della sua epoca. Essa ha vissuto il reale sacerdozio di tutti i cristiani, di chi parla la prima Lettura. Già durante il breve arco della sua vita terrena, Caterina stupiva e attraeva i suoi contemporanei. Ci ha lasciato circa 380 Lettere, in cui affronta problemi e temi sia di vita religiosa sia di vita sociale di ogni classe, e anche problemi morali e politici; Lettere indirizzate a nobili e politici, artisti e gente del popolo, persone consacrate, ecclesiastici, compreso il Papa; Lettere che riguardavano tutta la Chiesa, l’impero, i regni e gli Stati dell’Europa trecentesca e quattrocentesca. Santa Caterina costituiva un fatto del tutto straordinario.
Tutto questo è vero, è sorprendente ed eccezionale. Nondimeno tutto questo non spiega ancora la motivazione più profonda e la vera identità di Santa Caterina. Per lei, si può fare la domanda che, nel Vangelo, si pongono i Giudei a riguardo di Gesù. Essi erano stupiti e dicevano: “Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?” Anche Caterina non ha mai studiato, era semianalfabeta. Come mai Papa Paolo VI poté proclamarla Dottore della Chiesa nel 1970?
III.
Non si può comprendere Santa Caterina senza la sua dimensione mistica, che risale già agli anni della sua prima giovinezza. All’età di sedici anni, spinta da una visione di San Domenico, entra nel Terz’Ordine Domenicano, nel ramo femminile detto delle Mantellate.
Ci sono, fra altre, due esperienze mistiche importanti nella sua vita spirituale. La prima, in una visione la Madonna la presenta a Gesù che le dona uno splendido anello, dicendole: “Io, tuo Creatore e Salvatore, ti sposo nella fede, che conserverai sempre pura fino a quando celebrerai con me in cielo le tue nozze eterne.” In questo episodio cogliamo il centro vitale della religiosità di Caterina e di ogni autentica spiritualità: il cristocentrismo. Cristo è per lei come lo sposo, con cui ha un rapporto d’intimità, di comunione e di fedeltà; Lui è il benamato sopra ogni altro bene. Lui è l’Alfa e l’Omega (Ap 1,8).
Questa spiritualità sponsale è illustrata da un altro episodio: lo scambio del cuore. Il Signore Gesù le appare tenendo in mano un cuore umano rosso e splendente, le apre il petto, ve lo introduce, dicendole: “Carissima figliola, come l’altro giorno presi il tuo cuore che tu mi offrivi, ecco che ora ti do il mio e d’ora innanzi starà al posto che occupava il tuo.” Così Caterina fu immersa nel mistero di Cristo, e in una amicizia cordialissima con Gesù, di cui parla l’apostolo Paolo e ha vissuto veramente le sue parole “non vivo io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
IV.
Questo mistero di Cristo aveva per Caterina un nome concreto: il sangue Gesù. Questo termine oggi ci sembra strano. Molti si domandano: Dio è forse un Dio di vendetta, bisognoso di sangue per redimerci, un Dio assetato di sangue? No, assolutamente no! Per la Bibbia il sangue è sede della vita. Dire che Cristo dà il suo sangue per noi vuol dire che Cristo sacrifica la sua vita per noi. E nessuno ha un amore più grande, che questo: sacrificare la sua vita per i propri amici (Gv 15,13). Il mistero nascosto da secoli, di cui parla San Paolo, è il mistero d’amore, con cui Dio ci ha amati da tutta l’eternità. Quest’amore apparve sulla croce, dove Dio s’umiliò e s’abbassò fino alla morte (Fil 2,8), per sconfiggere la morte. Nella sua grande misericordia Dio, mediante il prezioso sangue di Gesù, ci ha purificati dai nostri peccati (Ap 1,5) per amarci come fratelli e ci ha rigenerati a una speranza viva (1 Pt 1,3.19.22 s).
Il mistero del sangue esprime il mistero della misericordia di Dio, un altro termine chiave di Caterina. Caterina è la santa teologa della misericordia.
Nel Dialogo della Divina Provvidenza leggiamo: “Per misericordia ci hai lavati nel Sangue, per misericordia volesti conversare con le creature, O Pazzo d’amore! Non ti bastò incarnarti, ma volesti anche morire! (...) O misericordia! Il cuore mi si affoga nel pensare a te: ché dovunque io mi volga a pensare, non trovo che misericordia” (Dialogo, 30). La Santa scrisse: “Abbiate memoria di Cristo crocifisso, Dio e uomo (...). Ponetevi per obiettivo Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso” (Lettera n. 21).
V.
Queste considerazioni sul mistero del sangue e della misericordia, non sono per Caterina una teoria astratta. Come afferma nel Vangelo, e come fa lui stesso, Gesù vuole fare la volontà del Padre, perché solo chi la fa, conoscerà la verità di Dio. Caterina vuole fare la verità (Gv 3,21) e metterla in pratica (1 Gv 1,6). La sua è una spiritualità, una mistica contemplativa e al contempo attiva, pratica e anche politica. Come l’Apostolo, Caterina ha potuto dire: “Per questo mi affatico e lotto con la forza che viene da Lui e che agisce in me con potenza.”
Così - con le parole del Vangelo -, da lei sgorgano fino ad oggi fiumi di acqua viva. Per il suo impegno ‘nella cura degli ammalati e dei sofferenti, è compatrona delle infermiere. Chiedendosi che cosa sarebbe la giustizia senza misericordia, la definiva alleata con le tenebre della crudeltà, ingiustizia della giustizia. Ponendo ogni impegno a promuovere la pace e la riconciliazione in Italia, è compatrona d’Italia. Esortando l’Europa, lacerata da guerre fratricide, a unirsi nel nome di Cristo, Papa Giovanni Paolo Il l’ha proclamata compatrona d’Europa (1999).
Caterina ha gettato le basi per la riforma della Chiesa, ed è stata una combattente coraggiosa e appassionata, talvolta con parole dure, instancabilmente impegnata per il ritorno del Papa da Avignone a Roma. Possiamo considerarla come avvocata potente per tutti coloro che oggi, malgrado tante resistenze, s’impegnano per il rinnovamento e per la riforma della Chiesa.
Caterina chiede soprattutto, a gran voce, una coraggiosa riforma dei costumi da parte di noi sacerdoti. “Il tesoro della Chiesa è il sangue di Cristo, dato in prezzo per l’anima (...) e voi ne siete ministro.” (Lettera, 209). “Questa dignità non ha l’angelo, l’ho data agli uomini: a quelli che Io ho eletto per miei ministri e che ho posto come angeli” (Dialogo, 113). Caterina continua: “In ogni anima richiedo purità e carità... Ma molto maggiormente io richiedo purità nei miei ministri e amore verso di me e del prossimo loro, ministrando il Corpo e il Sangue dell’unigenito mio Figliuolo con fuoco di carità e fame della salute delle anime.... E come essi vogliono la nettezza del calice dove si fa questo Sacrificio, così io richiedo loro la purità e la nettezza del cuore, dell’anima e della mente loro.”
VI.
Caterina era una donna insistente, talvolta scomoda e quindi duramente criticata da molti. Caterina ha molto sofferto, come tanti Santi. Qualcuno pensò addirittura che si dovesse diffidare di lei, fino al punto che, sei anni prima della sua morte, il Capitolo Generale dei Domenicani la convocò a Firenze per interrogarla.
Negli ultimi mesi della sua vita terrena, qui a Santa Maria sopra Minerva, Caterina ha assistito al fallimento della riforma. Si, il Papa era ritornato a Roma, ma ben presto il grande scisma occidentale aveva spaccato la Chiesa per trentanove anni. Caterina era delusa e tristissima per le condizioni della Chiesa. Le lacrime dei santi, disse, si mescolano con il sangue di Cristo.
In una visione, Caterina vede il suo cuore, quello che Cristo le aveva donato, che le è strappato dal corpo e spremuto sopra la Chiesa. Prega: “O Dio eterno, accetta il sacrificio della mia vita nel corpo mistico della santa Chiesa.” Così, Caterina ha sopportato le sofferenze di Cristo stesso per la Chiesa ed è entrata interamente nell’agonia di Cristo, nella compassione e in una sorte di corredenzione, per completare nella sua carne ciò che manca ai patimenti di Cristo nel suo corpo, cioè la Chiesa.
Cari fratelli e sorelle, concludendo, possiamo affermare che Santa Caterina è modello ed esempio per un rinnovamento che non sia un accomunamento superficiale, ma realizzato a partire da una profonda spiritualità cristocentrica, da un ardente spirito di amore, da un amore verso gli uomini, dato con coraggio e con misericordia e alla fine da una sofferenza con Cristo per le nostre proprie debolezze e le debolezze nella Chiesa. Impariamo da Santa Caterina la contemplazione di Cristo crocefisso, e un intenso apostolato di amore, per Cristo, per la Chiesa, che sempre e anche oggi è da purificare e da rinnovare. Santa Caterina interceda per noi. Così sia. Amen.
Card. Walter Kasper
29 aprile 2017, Basilica di S. Maria sopra Minerva, Roma
Letture: Ap 1,5-8;
Col 1,24-29
Vangelo: Gv 7,14b-18.37-39
* testo rivisto dalla redazione