IO SONO IL PANE VIVO DISCESO DAL CIELO
“Mosè parlò al popolo dicendo: «Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto […] Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, […]»” (Dt 8, 2-3. 14-16)
E’ questo brano - tratto dal Deuteronomio - il primo dono che ci viene fatto dalla liturgia nella Solennità del Corpus Domini.
Dono e invito: RICORDATI!
Ricordare è “mettere di nuovo qualcosa dentro al cuore” (ri + cor-cordis), scordare (ex + cor-cordis) è -invece - strappare via dal cuore.
Mosè invita il popolo di Israele a compiere un gesto d’amore sulla propria vita: a RICORDARE, a riportare nel cuore, a FARE MEMORIA di quanto vissuto fino a quel momento, seppur difficile, complicato, doloroso.
Nell’esperienza umana la memoria non è solo la capacità di ripensare alle cose viste, udite, fatte nel passato, non è la banale restituzione di ricordi. La memoria umana è un ATTO profondamente CREATIVO: ci permette di "toccare" l'Amore e di scoprire quanto la VITA sia resiliente, abbia cioè una forza in sé capace di farci attraversare ogni evento, anche quello più faticoso e difficile, di superare ogni dolore.
Mosè invita, allora, il suo popolo a fare proprio questo: a CERCARE, cioè, LA PRESENZA AMOREVOLE E PROTETTIVA di Dio, a CONTEMPLARLO – vivo e vero - NELLA PROPRIA VITA, nella propria storia, RI-COR- DANDO.
“In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»”. (Gv 6, 51-54).
Nel suo vangelo, Giovanni, ci ricorda che in Gesù, Dio si è fatto uomo, si è reso visibile e ha condiviso in tutto la nostra stessa vita; ha patito, è morto ed è risorto per dimostrarci il Suo Amore, per dircelo, per FARCELO e lasciarcelo in dono … nel dono del Suo corpo e del Suo sangue.
La Solennità del Corpus Domini ci mette davanti ad un dato di fatto che vuole essere anche un invito: l’Amore si fa!
Ma cosa significa?
Le mamme amano i propri figli e desiderano farglielo sapere; ma quando questi sono molto piccoli non possono dirglielo con le parole perchè non verrebbero capite. Allora, le mamme “FANNO L’AMORE” ai propri figli: con le carezze, con i baci, usando il proprio corpo, donando loro totale attenzione e cura (TO GIVE CARE si direbbe in inglese) ed è così che i figli comprendono e conoscono l'AMORE …PERCHE’ GLI VIENE FATTO PRIMA ANCORA CHE DETTO.
Questa esperienza fa parte della storia di vita di molti di noi. Noi abbiamo bisogno di “farcelo l’amore” e non solo di dircelo e impariamo questo proprio tra le braccia di nostra madre o di chi si è preso cura di noi e non solo quando eravamo molto piccoli.
Pensiamo alle nostre relazioni, ai nostri incontri, al nostro modo di amare e di prenderci cura di un altro.
A cosa serve il nostro corpo se non ad essere un veicolo d’amore? Questa solennità del Corpus Domini ci ricorda, in fondo, proprio questa verità: Gesù ci ha detto il suo Amore “facendocelo”, donandosi a noi, facendo del suo corpo “un luogo” per incontrarci, per farci TOCCARE l’AMORE.
Ed in questo modo ci ha mostrato anche il valore del nostro corpo, tutto il nostro corpo come veicolo d'amore.
Gesù, ci ha mostrato, infine, il rischio del legame e dell’intimità: fare della propria vita un dono d’Amore per l’A/altro fino a morire, fino a morirci.
Noi non possiamo fare altro che accogliere questo Suo dono d’amore e dire GRAZIE.
Accettando questo dono che, proprio perché tale, è del tutto gratuito - e perché l’amore vero non vuole nulla in cambio - noi non possiamo fare altro che rallegrarcene e lasciare che questa gioia prenda spazio dentro noi, che ci liberi da tutto ciò che nel nostro cuore è debito, credito, diritto, dovere, regola. Dinanzi a questo amore - tutte le volte che lo ricordiamo, tutte le volte che ne facciamo memoria riportandolo al cuore - possiamo solo lasciare che la nostra vita diventi un GRAZIE, gioioso, forte, vero.
“Grazie è il senso e significato della parola “eucarestia”, il nome scientifico della messa. Vado al GRAZIE: questo dovremmo dire ad ogni celebrazione eucaristica dove nuovamente e ancora Cristo si dona a noi con il Suo Corpo e il Suo Sangue” (cfr. A.C.)
Gesù dice anche: « […] Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna …»”.(Gv 6, 54). Mangiare e bere di Lui significa avere la vita eterna. Come ho già scritto, Gesù - e Dio in Lui – da sempre e per sempre, desidera entrare in un legame profondo con noi, in una comunione intima, piena, vitale ed è per questo che si dona a noi con tutto sè stesso.
Nel suo Vangelo Giovanni per esprimere questo desiderio ed insieme esperienza di unione totale e totalizzante che Dio vuole realizzare con ciascuno di noi, utilizza il verbo “conoscere” che nella Bibbia indica anche i rapporti carnali tra un uomo e una donna (Gn 4, 1 o Mt 1,25) : “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo…” (Gv 17,3)
Generalmente, però, quando parliamo di vita eterna, ci riferiamo sempre alla vita dopo la morte, ad una realtà che ci supera, fatta di pace, di amore, di tutto quello che potrebbe in qualche modo renderci felici, ma che non appartiene a questo tempo
Un domenicano francese - fr. Adrien Candiard - scrive riferendosi alla vita eterna:” […] se è eterna, non si trova nello svolgimento del tempo: essa è fuori dal tempo, è tutto il tempo. Adesso, come pure dopo la mia morte […] Se Gesù ci apre la vita eterna, vuol dire che ci obbliga a rinunciare alle nostre frontiere tra vita quaggiù e vita nell'aldilà: è la medesima vita! Sperare è credere che Dio ci rende capaci di porre degli atti eterni. Che, quando ci amiamo, questo amore non è semplicemente un bel sentimento in un oceano di assurdità votato alla morte, ma una finestra che apriamo sull'eternità. Perchè gli atti eterni, gli atti che noi possiamo fare, i cui frutti sono eterni, sono atti d'amore, i soli che contino e che già ora costruiscono - nel nostro mondo- l'eternità, il regno di Dio ...".
Gesù ci ricorda allora che la vita eterna è qui, è ora, nella misura in cui amiamo e che Lui stesso ci rende capaci di amare del Suo amore. La vita eterna è il Suo Amore per noi.
Il desiderio profondo che ci abita, di cui siamo fatti e che cerchiamo anche nel cuore di chi ci cammina accanto è proprio quello di vivere per L'ETERNITA', di divenire CAPACI - oggi e ora - di vivere per quello che conta davvero e che non passerà mai: l’AMORE.
Sr. Lara Morelli op.
Domenicane s. Caterina da Siena
Bibliografia
- “Sulla soglia della coscienza. La libertà del cristiano secondo Paolo” di Adrien Candiard
- “La speranza non è ottimismo: Note di fiducia per cristiani disorientati” di Adrien Candiard
- “ALLA MEMORIA NON BASTA UNA GIORNATA” di Alessandro D’Avenia