Organizzare l'Apostolato nel Digitale
«Non c'è mai. Sta sempre davanti al computer, quello!»
Quale sacerdote non ha ricevuto od ascoltato questa o simili lamentale? Molti non comprendono che quello "stare davanti al computer" è il modo più efficace per rimanere in contatto con tutti - parrocchiani, fedeli, dubbiosi, non credenti – e per raggiungere chi non entra o non è mai entrato in chiesa.
Il sacerdote che "non c'è mai" sta assolvendo al compito missionario della Chiesa. A ben vedere, le stesse persone si domandano «come far venire i giovani» o «come far tornare gli adulti» in Chiesa. Questo (tragi-comico) equivoco ci racconta del cambiamento sociale ed antropologico in atto, dell'avvenuto cambio di paradigma, della nuova epoca storica in cui siamo entrati. Non si può guardare all'oggi o, peggio, al futuro pensando che il digitale sia una tecnologia da "incorporare" e "disciplinare", come è stato per la radio e la televisione. Abbiamo rinnovato il nostro modo di essere e pensare e non possiamo comprendere il digitale con le idee e le teorie che il digitale stesso ha superato.
Ad esempio. negare l'autenticità dei rapporti mediati dal digitale significa non comprendere il potere trasformativo dei media ed i possibili nuovi stili comunicativi. «Prima dell’invenzione del telefono, per comunicare con persone distanti si poteva scegliere o di mandare una lettera oppure di spostarsi fisicamente. Dopo il telefono, se decido di scrivere una lettera o di recarmi in visita dalla persona con cui voglio comunicare, invece di fare una telefonata, effettuo una scelta che conferisce alla mia azione un significato ulteriore, che prima non aveva: una lettera, scritta a mano, conferisce alla mia azione comunicativa maggiore profondità, indica che ritengo importante ciò che voglio comunicare, semanticamente denso e da prendere seriamente e profondamente in considerazione da parte del ricevente, al quale concedo anche la possibilità di rilettura, di riflessione. Se decido di recarmi in visita di persona, per parlare faccia a faccia, anche questo indica che l’argomento che voglio trattare è delicato, richiede un apparato semantico complesso, che solo la totalità della persona in presenza può attivare: lo sguardo, la vicinanza, la possibilità di dosare i tempi, di misurare le parole a secondo della reazione dell’interlocutore, l’eventualità che si renda indispensabile una stretta di mano o un abbraccio e così via»1.
Nel Rapporto CISF 20172 c'è un’interessante indagine sulla condizione socio-economico ed i servizi Internet: a qualsiasi livello di benessere se ne comprende l'importanza ma non per le relazioni personali ed amicali. Proprio in questi campi il giudizio è ampiamente insufficiente: 4,43 all'affermazione «Internet è indispensabile per coltivare relazioni» e un misero 3,26 se ritenuto «indispensabili per mantenere unita la famiglia». Identici risultati si ottengono valutando l'aiuto per consolidare i rapporti con conoscenti o l'utilità ad instaurare nuove relazioni. Infatti, ogni legame online tende ad inaridirsi in mancanza di interazione fisica, mentre un legame già stabilito può avvantaggiarsi della funzione fàtica3 dei social media.
La generazione nata prima degli anni '90 è l'ultima testimone di un mondo senza Internet e sarà scomparsa allo scadere del secolo in corso. Le generazioni cresceranno con l'Intelligenza Artificiale, la blockchain, il deep learning, la cryptocurrency, il digital wallet ed altri termini sconosciuti ai più ma già nel lessico delle ultime generazioni. Dobbiamo dotarci urgentemente di strumenti e di parole adeguate a scoprire le forme digitali del vivere umano.
Serve un approccio teologico capace di raccogliere le istanze "digitali" ed interpretarle alla luce della Rivelazione (unico "definitivo" in un mondo fluido) per illuminare il Magistero ed ispirare l'azione pastorale. Le responsabilità non possono essere delegate a persone critiche, se non apertamente ostili, nei confronti del digitale, con una visione legata ancora alla "comunicazione di massa" o ad Internet “raccoglitore del materiale pastorale". L'ambiente digitale ha bisogno di un approccio peculiare e specialistico, necessita di preparazione specifica e una vocazione particolare. È una vera missione in terra straniera! Quali sono le "regole", lo stile di vita, il Magistero dedicato ad esso? Le comunità digitali, come afferma il Sinodo dei Giovani, hanno bisogno a livelli adeguati, di appositi uffici ed organismi per la cultura e l'evangelizzazione4.
Una iniziativa da seguire è il “Center for Digital Culture”5, un think tank internazionale promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura, con il coinvolgimento di altre realtà come OPTIC6 (Ordine dei predicatori per la tecnologia, l’informazione e la comunicazione). Il Concilio Vaticano II, conscio dei problemi dell'apostolato e della macchinosa burocrazia di certe strutture, ha desiderato dotare la Chiesa di uno strumento flessibile che potesse intervenire in situazioni particolari. Così è nata la prelatura personale nei documenti conciliari: «lì dove ciò sia reso necessario da motivi apostolici, si faciliti non solo una distribuzione funzionale dei presbiteri, ma anche l'attuazione di peculiari iniziative pastorali in favore di diversi gruppi sociali in certe regioni o nazioni o addirittura continenti. A questo scopo potrà essere utile la creazione di seminari internazionali, peculiari diocesi o prelature personali, e altre istituzioni del genere.»7 La prelatura personale è un'istituzione retta da un "pastore" nominato dal Papa, cui fanno parte il presbiterio, ascritto o incardinato, e i fedeli laici. È parte della struttura gerarchica della Chiesa, cioè un'organizzazione che la Chiesa si dà per giungere meglio alle finalità proprie.
L'apostolato nel digitale ha le condizioni per avere una organizzazione di questo tipo, il cui scopo sarebbe di organizzare e preparare la Chiesa alla missione in un ambiente sovra-territoriale (come Internet), con una cultura peculiare (come Internet), con linguaggi e stili propri (come Internet), che richiede una preparazione specifica del presbiterio, dei religiosi e del laicato (come Internet)?
Forse a qualcuno può sembrare una follia, oggi, pensare ad Internet come una diocesi, una prelatura personale, una Congregazione o Consiglio Pontificio ma bisogna avere uno sguardo profetico ed immaginare la Chiesa dei nostri figli, quando i "nativi cartacei", le generazioni testimoni di un mondo senza Internet, saranno scomparse e tutto sarà digitale. Se la Chiesa non sarà capace di operare nel digitale, avrà un futuro paragonabile quello della comunità amish, una comunità religiosa che rifiuta il progresso industriale e vive in una enclave sociale e politica ignorata da tutti. Se la Chiesa vuole essere fedele al mandato ricevuto, non può che organizzare l'apostolato nel digitale.
Edoardo Mattei,
laico domenicano
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1 A. Biscaldi, V. Matera, Antropologia dei social media. Comunicare nel mondo globale, Carocci editore, 2019, pagg. 69-70.
2 Centro Internazionale Studi Famiglia, Rapporto CISF 2017, pag. 138.
3 Possiamo definire brevemente la funzione fàtica come quel parlare del più e del meno che serve per mantenere attivo il rapporto intimo ed amicale. È anche la fase di conoscenza reciproca prima di dare fiducia all'altro.
4 Vedi . e.mattei "Inviati a predicare nel digitale" - https://www.dominicanes.it/predicazione/meditazioni/1470-inviati-a-predicare-nel-digitale.html
5 Vedi http://tiny.cc/o7kidz
6 Vedi http://optictechnology.org/
7 Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 7 nov 1965, 10