Nel Vangelo di questa XXXII domenica del T.O., Gesù paragona il Regno dei Cieli a dieci ragazze che, di notte, vanno incontro allo Sposo munite di una lampada. Queste dieci giovani donne raffigurano la Chiesa che alla fine dei tempi incontrerà il Suo Signore: “Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, come una sposa adorna per il Suo Sposo” (Ap. 21, 2).
Viene detto anche che le sagge portano con sé l’olio, mentre le stolte non pensano a procurarsene. Ma cosa vuol farci capire Gesù con questa parabola? Perché cinque ragazze sono sagge e cinque stolte? Cos’è la sapienza?
Luciano Manicardi (monaco di Bose) scrive: “Nella sapienza rientra anche il desiderio, la passione, la convinzione profonda, l’amore che sollecita l’intelligenza e la rende capace di pensare il futuro, di prevedere l’imprevedibile e di agire per poter realizzare l’incontro con lo Sposo”.
Al Signore è molto caro il tema delle nozze. Anche nel vangelo di S. Matteo (22,1-14) Gesù dice che il Regno dei Cieli è simile ad un banchetto di nozze, dove i primi invitati non ne erano degni perché indifferenti all’invito del Re, infatti dice: “ma costoro non se ne curarono” . Sono invitati “tiepidi” (Ap. 3,16), ognuno alle prese con le proprie preoccupazioni mondane: chi al proprio campo, chi ai propri affari.
Possiamo anche citare al riguardo ancora S. Matteo (6,21): “Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore”. Chiediamoci, dunque, a cosa è attaccato il nostro cuore; chiediamo al Signore la grazia di comprendere quali sono i nostri idoli per metterli da parte, e di scoprire, invece, qual è il desiderio profondo che abita il nostro cuore.
Desideriamo incontrare il Signore o restiamo stupidamente attaccati alle mille “pre-occupazioni” della vita?
Chiediamo a Dio il dono della Sapienza, con le parole del salmo 90 (89) al versetto 12: “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore”, fiduciosi del fatto che “Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei” (Sap.6,16) e che “facilmente è contemplata da chi l’ama e trovata da chiunque la ricerca” (Sap.6,12).
Meditare sulla caducità della nostra esistenza ci aiuta a ricordare da dove veniamo e verso dove andiamo.
L’apostolo Paolo nella seconda lettura (1Ts. 4,13-18) ci invita alla gioia, a non essere tristi, perchè la tristezza è frutto dell’ignoranza, la gioia è il vero frutto della Sapienza. Il cuore saggio, dunque, spera e crede nella venuta del Signore, lo Sposo della chiesa e di ognuno di noi, e nella resurrezione dei morti.
È importante, quindi, vigilare affinché alle nostre lampade non manchi mai l’olio del desiderio di Dio e della Carità. Tutto, infatti, finirà, ma “la carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà” (1Cor. 13,8).
Ed è importante che tutto questo si compia nel nostro oggi, per cui se vogliamo che la nostra lampada sia provveduta di olio all’arrivo dello Sposo non rimandiamo al dopo l’offerta di noi stessi, perché le vergini sapienti, sembrano mancare di carità e di generosità, ma in realtà manifestano l’impossibilità di prestare l’olio “personale” – l’amore, la passione, il desiderio…– a qualcun altro. Le vergini sapienti hanno alimentato giorno dopo giorno la lampada del cuore con l’olio dell’amore, un amore fedele, capace di aspettare senza spegnere l’attesa. L’olio è stato dato a tutte, ma la stoltezza delle vergini è nella loro incapacità di amare e di attendere l’amato, tenendo insieme presente e futuro, perché come dice S.Teresa di Liseux: "tu lo sai mio Dio che per amarti sulla terra non ho altro che l'oggi".
Vorrei concludere con un pensiero di p. Ermes Ronchi: “Mi piace l’affermazione che il Regno di Dio è simile a dieci ragazze che sfidano la notte, armate solo di un po' di luce”.
Che la nostra piccola luce non si spenga mai!
“Signore mio Dio, unica mia speranza,
fa’ che stanco non smetta di cercarTi,
ma cerchi il Tuo volto sempre con ardore.
Dammi la forza di cercare,
Tu che ti sei fatto incontrare,
e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarTi.
Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza:
conserva quella, guarisci questa.
Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza;
dove mi hai aperto, accoglimi al mio entrare;
dove mi hai chiuso, aprimi quando busso.
Fa’ che mi ricordi di Te,
che intenda Te, che ami Te. Amen!” (De Trinitate, 15, 28, 51).
sr. M. Giovanna op
Monastero Domenicano
Pratovecchio - Arezzo