Le letture di questa XIV domenica del Tempo Ordinario sono abbastanza brevi ma molto incisive. La colletta (anno A) ci aiuta a coglierne il cuore: O Dio, che ti riveli ai piccoli e doni ai poveri l’eredità del tuo regno, rendici miti e umili di cuore, a imitazione di Cristo tuo Figlio, perché, portando con lui il giogo soave della croce, annunciamo al mondo la gioia che viene da te.
Già nella prima lettura esplode questa gioia che siamo invitati ad annunciare: l’arrivo del re infonde gioia. E la sua cavalcatura umile, l’asino, simbolo di pace, caccia i sogni di conquiste con la guerra.
« Esulta grandemente, figlia di Sion » (Zc 9, 9): è davvero la lode che il Signore ci chiede in questa domenica! E il salmo 144 viene come una risposta a questo invito del Signore: « O Dio, mio re, voglio esaltarti […] [voglio] lodare il tuo nome in eterno e per sempre […] Ti lodino tutte le tue opere… ».
E questa gioia non è riservata a pochi, si estende « fino ai confini della terra », « verso tutti… su tutte le creature ». Il Signore vuole darsi totalmente a chi è pronto ad accoglierlo, a chi si lascia guidare dal suo Spirito. Nella seconda lettura, in tre versetti compare sei volte la parola Spirito! È lo Spirito che fa scaturire la lode dal più profondo del nostro cuore, è lo Spirito che ci guida a vivere ad imitazione di Cristo, portando il giogo della croce. Questa domenica ci dà l’opportunità di « svegliare » lo Spirito che abita in noi, invocandolo e « creando » in noi una sete di lodare il Signore e benedirlo. Per Gesù, la lode è veramente uno « sgorgare » della presenza dello Spirito in Lui.
Il Vangelo odierno inizia così: « In quel tempo Gesù disse: Ti rendo lode, Padre ».
Non mancano i brani dell’Antico testamento e del Nuovo testamento che ci invitano alla lode! Potrebbe essere un buon « esercizio » percorrere la Bibbia alla ricerca dei versetti in cui si loda il Signore! Perché possano essere sulle nostre labbra lungo le giornate. Citiamone solo alcuni: « Ed ora, nostro Dio, noi ti ringraziamo e lodiamo il tuo nome glorioso » (1 Cr 29, 13) o tutto il Salmo 150 che è un grande inno di lode al Signore e che si conclude dicendo: « Ogni vivente dia lode al Signore » (Salmo 150, 5) o ancora tutto il Cantico dei tre giovani nel libro del profeta Daniele (Dn 3, 52-90), grande inno cosmico. Ce ne sono tanti altri!
Il brano di Luca, parallelo al nostro Vangelo, precisa che è nello Spirito che Gesù esulta: « in quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: « io ti rendo lode, Padre » » (Lc 10,21). Il verbo greco utilizzato per « rendo lode » è Ἐξομολογοῦμαί e quel verbo ha un significato più ampio del solo verbo « lodare ». Ce lo spiega Papa Benedetto XVI all’inizio di in un’udienza generale: « …negli scritti del Nuovo Testamento questo verbo indica principalmente due cose: la prima è «riconoscere fino in fondo» – ad esempio, Giovanni Battista chiedeva di riconoscere fino in fondo i propri peccati a chi andava da lui per farsi battezzare (cfr Mt 3,6) –; la seconda cosa è «trovarsi d’accordo». Quindi, l’espressione con cui Gesù inizia la sua preghiera contiene il suo riconoscere fino in fondo, pienamente, l’agire di Dio Padre, e, insieme, il suo essere in totale, consapevole e gioioso accordo con questo modo di agire, con il progetto del Padre. L’Inno di giubilo è l’apice di un cammino di preghiera in cui emerge chiaramente la profonda e intima comunione di Gesù con la vita del Padre nello Spirito Santo e si manifesta la sua filiazione divina. »1.
Seguendo Gesù in questo totale, consapevole e gioioso accordo col Padre ci è dato di conoscere il Padre e di entrare nell’intimità di Gesù che diventa guida sicura: « imparate da me ». Seguendolo ci viene dato il riposo, il ristoro. Due volte compare questa promessa: « io vi ristorerò » e « troverete ristoro » che dà conferma di ciò che si era letto nel salmo « Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto » (Salmo 144, 14).
I tre ultimi versetti del Vangelo (vv.28-30), ci rimandano in qualche modo alla prima lettura che ci annuncia un re che trasmette pace. I pesi non sono portati invano. Gesù chiama tutti a sé. Si è rivelato ai piccoli: i ciechi, gli zoppi, i poveri, i lebbrosi, i sordi… a tutti quelli che erano nella prova, sopraffatti dalla povertà, l’oppressione o il fallimento.
« Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi » (v. 28), il Signore vede i nostri limiti, le nostre vite agitate, i nostri problemi, le nostre lotte e paure ma anche le nostre gioie, ed è qui presente. Non ci abbandona e ci indica come portare questi pesi: « Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero » (v.30). In un discorso sulla Parabola del Figlio prodigo, Sant’Agostino spiega perché questo giogo è leggero: « Il braccio del Padre è il Figlio; gli diede la possibilità di portare Cristo: questo peso non opprime ma solleva. Il mio giogo - dice Cristo - è lieve e il mio peso leggero. Il padre era chinato sopra il figlio eretto; chinato su di lui non permetteva che cadesse di nuovo. Tanto leggero è il peso di Cristo che non solo non opprime, ma anche solleva. […] Per il fatto dunque che il padre si gettò al collo del figlio, egli lo sollevò, non l'oppresse; l'onorò non l'onerò. In qual modo però l'uomo è capace di portare Dio, se non perché è Dio che porta quand'è portato?. »2.
Appoggiamo il nostro capo sul suo petto. Gesù è disposto a condividere il nostro fardello.
Deponiamo tutti i nostri pesi ai piedi di Gesù, diamogli fiducia. Egli ci ama. E così sostenuti potremo anche noi riconoscerlo « fino in fondo » come nostro re e far salire al Padre la nostra gioiosa lode, scaturita dalla presenza dello Spirito in noi.
Sr Marie-Agnès COLMANT, Congregazione Romana di San Domenico
1
BENEDETTO XVI, Udienza generale Il gioiello dell'Inno di giubilo (7/12/2011).
2
Sant’Agostino, Discorso 112/A, Numeri 23, 24a e 25.