DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

L’uomo definitivo: Gesù trasfigurato

La seconda domenica di Quaresima ogni anno toglie il sipario sulla condizione futura del genere umano. Ci troviamo coinvolti nell’episodio splendido della trasfigurazione del Cristo di fronte ai due profeti Mosè ed Elia e i tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Normalmente sorridiamo dell’affermazione di Pietro che propone a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui. Se vuoi farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».” (Mt 11, )

Ma in realtà Pietro ci svela qualcosa che riguarda in un modo radicale la condizione di vita di ogni essere umano. Pietro esprime una percezione immediata della trasfigurazione di Gesù: è la condizione umana più attraente e piacevole. “Voglio per sempre rimanere a contatto con il tuo corpo glorioso con la tua vita letteralmente luminosa, Gesù.” Pietro intuisce una vita umana che emana da Cristo che è bella in senso assoluto. Pietro avverte che qui si trova di fronte a quanto ogni essere umano desidera nel suo più intimo: una vita completamente sottratta al dolore, alla sofferenza, alle difficoltà e a ogni male. Pietro vede questa condizione di vita li davanti a sé in modo mirabile. Questa vita bellissima ha una forma specifica: ha la forma, ha il volto, ha la voce del suo Gesù per il quale ha lasciato ogni cosa. La gioia di Pietro di fatto è alle stelle.

In senso letterale il desiderio di Pietro non è realizzabile. Non può costringere Gesù, Mosè e Elia ad abitare in una tenda su questa montagna. Ma il significato profondo della sua richiesta, il movente intimo è verissimo e ci svela la portata della trasfigurazione del Cristo. Pietro implicitamente chiede a Gesù di rimanere trasfigurato e di permettergli di rimanere vicino quasi per potersi nutrire e saziare per sempre della gloria del Cristo. Questo desiderio petrino corrisponde di fatto a quanto Gesù vuole regalarci. L’Evangelista Giovanni nel suo prologo lo esprime in senso letterale: “il Verbo si fece carne” letteralmente: “il Verbo pose la sua tenda in mezzo a noi”. Giovanni usa esattamente il linguaggio di Pietro. Ma ogni evangelo ci assicura nel suo ultimo capitolo: Gesù non ha lasciato la sua tenda amata, che è la nostra umanità. Gesù compie il desiderio di Pietro in modo straordinario è definitivo: risorge!

Alla luce della risurrezione l’evento della trasfigurazione acquista tutta la sua attualità ed autorevolezza insuperabile. Che Gesù sia risorto significa che Gesù ora è come l’ha visto Pietro sul monte. Ora Gesù è trasfigurato per sempre. Ma si aggiunge un delizioso dettaglio alla condizione gloriosa attuale del Cristo che Pietro non conosceva e non vedeva ancora. Per lui la trasfigurazione era visione. Ora la vita gloriosa e bella del Cristo è mangiabile, bevibile nella sua forma eucaristica.

Ogni celebrazione eucaristica è principalmente trasfigurazione di tutti i partecipanti. Anche l’Eucaristia dà ragione a Pietro. Anzi la messa santa supera le aspettative petrine: Gesù non solo è rimasto nella sua tenda umanità. Gesù risorto crocifisso ci porge tutto se stesso nel banchetto eucaristico. Non conviene sottovalutare la forza onnipotente dell’invito: Mangiatene tutti e bevetene tutti … il Cristo lo pensa veramente lo desidera veramente e lo attua veramente. Con la richiesta “mangiatene” e “bevetene” abbiamo esattamente la misura con la quale desidera che partecipiamo alla sua vita. Il Figlio di Maria si dà interamente in cibo, si versa interamente come bevanda. Perciò, con l’eucaristia Gesù ci dice chiaramente: partecipate a tutta la mia vita divina ed umana. E qui siamo di nuovo al desiderio petrino. Gesù non solo ci appare trasfigurato – come a Pietro – si dona senza riserva con uno slancio infinito nei nostri corpi, nelle nostre persone e nelle nostre vite. Come? Da trasfigurato, da glorioso crocifisso.

A questo punto la nostra consapevolezza eucaristica ha bisogno di tanto aggiornamento: è il risorto che ci comunica la sua vita trasfigurata, bella e indistruttibile. Possiamo imparare ad ancorare la nostra percezione quotidiana di noi stessi nella gloria partecipata del Risorto. Pietro, Giacomo, Giovanni, Mosè e Elia vedono come in ogni eucaristia ci nutriamo della stessa vita gloriosa che loro hanno visto sul monte. Esiste una complicità gloriosa tra loro e noi. Loro ci invitano a mettere mano alla nostra memoria eucaristica, alla nostra fantasia eucaristica.

Non possiamo esagerare nell’immaginarci la bellezza, la dolcezza, l’onnipotenza e l’onnipresenza della vita trasfigurata di Cristo che ci avvolge, ci nutre, ci libera e ci trasfigura in ogni celebrazione eucaristica. Possiamo fare veri e propri esercizi eucaristici immaginandoci il Risorto in ogni tabernacolo della nostra città e santa messa. Questa velocizzazione di identificazione tra l’ostia è il Risorto favorisce una ricca, bella, attiva e creativa psicologia eucaristica in grado di vivificare ogni ambito della propria vita personale, familiare, professionale e sociale. Il Risorto in forma eucaristica potrebbe riuscire a trasfigurare tutta la nostra vita. Ecco quanto questa domenica della trasfigurazione cerca di consegnarci per poterci rallegrare della condizione attuale di Gesù quale certo orizzonte del nostro futuro.

 

Fr. Christian-M. Steiner op

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