... ma voi in convento che fate?
Prima di entrare in prenoviziato, con l’accompagnamento di una guida spirituale, ho fatto un lungo periodo di discernimento che mi ha condotto, passo dopo passo e non senza difficoltà, ad affermare e riconoscere a me stesso che forse il Signore potrebbe chiamarmi alla vita religiosa.
Da qui è iniziata tutta la valanga di domande retoriche e problemi, il più delle volte inesistenti, che tendevano a scoraggiarmi e a farmi voltare indietro, anche se dentro di me ero disperatamente appigliato alla speranza che tutte queste questioni che mi si ponevano dinnanzi potessero, senza troppe difficoltà, trovare una rapida risposta per poter proseguire il cammino!
In seguito, il mio direttore spirituale mi ha consigliato di approfondire la conoscenza di due famiglie religiose in particolare, e vedere cosa avrebbero prodotto in me. Ecco che mi si presentano davanti due nomi e due mondi a me, non dico del tutto, ma quasi totalmente sconosciuti, quello dei carmelitani e quello dei domenicani.
Dopo essermi fugacemente accostato all’Ordine dei Carmelitani, ho avuto modo di conoscere il Promotore delle vocazioni dei domenicani. Insomma, nel giro di pochi incontri ed un weekend vocazionale, mi è stato proposto di entrare in prenoviziato a distanza di un mese e mezzo da quel giorno.
Col mio trolley sono arrivato in convento… Il prenoviziato mi è sembrato molto intenso nei ritmi ma anche molto affascinante per la vita comune, per i momenti di preghiera in coro e, ovviamente, per la testimonianza dei religiosi che ho avuto modo di conoscere.
Quando mi sono improvvisamente ritrovato a provare l’abito per il noviziato, ho pensato: “Qui la cosa si fa seria!”.
Ad oggi, al settimo mese di Noviziato, posso dire che vivere dal di dentro la comunità è molto diverso da quello che mi aspettavo: il rischio di idealizzare la figura dei frati, la vita in convento, la preghiera, rischiava inconsapevolmente, di allontanarmi da quella che oggi, un po’ più di ieri, considero la strada che il Signore ha tracciato per me.
Forse è stato anche più bello scoprire che in realtà in convento vivono persone più che normali, con i loro giorni buoni e quelli meno buoni, con i loro limiti e difetti, ma con un grande desiderio di volersi rialzare dopo ogni caduta… Da qualche parte, credo tra i racconti dei Padri del deserto, lessi tanto tempo fa, una domanda che un giovane rivolse ad un monaco: “Mi scusi… ma voi in convento che fate?”. Ed il saggio monaco rispose: “Cadiamo e ci rialziamo!”.
Mi piace sottolineare questo punto perché credo sia, per me come per tanti altri, uno dei maggiori ostacoli per un ragazzo che, da una parte, si sente attratto da Dio e, dall’altra, si riconosce debole ed indegno delle “cose” di Dio.
Ma il Signore non lascia nulla al caso, bensì ovunque e in qualsiasi circostanza ci raggiunge con la sua divina provvidenza. Il cammino, il discernimento, la crescita continuano, verso quel traguardo lontano quanto una vita intera. Unito mente e cuore a san Domenico nostro padre ed ai suoi figli, miei fratelli, non mi resta che perseverare in questo itinerario di ascolto della volontà di Dio.
fr. Domenico Sprecacenere, O.P.