E’ la fede e l’obbedienza a Dio a fare il miracolo della vita
La nascita di un bambino nella vita di una coppia è una promessa di futuro, il passaggio da una storia ad un’altra che inciderà nel bene e nel male lungo lo scorrere degli anni.
Le letture di quest’ultima domenica del 2023 richiamano due momenti della vita di Israele, con il dono del figlio ad Abramo e a Sara, il figlio della promessa, che è quella di Dio , che si avvera oltre ogni speranza, e si radica nella fede. Il figlio, Isacco, colui che “ride” e porta gioia, è figura di colui che molti secoli dopo realizzerà pienamente la promessa, non solo a favore del popolo ebraico, ma a beneficio di tutti.
Una famiglia destinata alla morte può forse aspirare alla vita, a una discendenza? Umanamente l’orizzonte è chiuso per chi fida solo nelle proprie forze, e si dispone ad accogliere l’inevitabile: un estraneo sarà l’erede e sua sarà la discendenza. Dio sovverte questo stato di cose, interviene con la sua potenza e il suo amore e ricostituisce l’ordine voluto, rendendo fecondo il seno della donna e vigoroso l’uomo; entrambi vecchi e già sfiorati dalla morte, trovano in Dio il principio della vita: “infatti Dio è capace di far risorgere anche dai morti”.
E’ la fede e l’obbedienza a Dio a fare il miracolo della vita. Anche Maria accoglie il figlio che, fuori da ogni rapporto umano concepisce, lo dà alla luce e lo chiama Gesù. Ma lei e il suo sposo vivono il tempo dell’attesa come un dono che troverà il suo sbocco nella donazione del Figlio primogenito a Dio, e ciò si manifesta in particolare nel segno che muove il vecchio Simeone e la profetessa Anna : lo Spirito Santo. Le profezie dolorose che si abbattono sul capo di Gesù e di Maria e che a suo tempo si avvereranno rimandano alle tante sofferenze che colpiscono la vita di una famiglia.
La vita di Simeone e di Anna, come anche la nostra vita quando giunge al suo termine, deve esprimersi accogliendo Gesù sulle proprie braccia e benedicendo Dio.
Sembrerebbe che i due anziani non abbiano più nulla da dire, se non aspettare la morte, l’incontro con Dio. Ci sarà questo momento, ma sarà un segno di gloria.
Ciò che è atteso è arrivato. Non c’è altri da aspettare. Pace, luce e gloria sono le parole che Simeone pronuncia , e che diventano le tappe di un sentiero che lo conducono pian piano alla pienezza della sua vita. “Nunc dimittis”. Ora quanti siano i giorni che restano, saranno giorni che avranno un futuro di pace.
Luce per rivelarti alle genti. Alla luce di Cristo i pagani non saranno più disprezzati. La luce di Cristo è senza tramonto, vera luce che illumina ogni uomo.
“…. gloria del tuo popolo, Israele.” La gloria appartiene a Dio e si riverbera su quelli che ne seguono le sue tracce, ora e sempre.
E un’altra parola Simeone rivolge a Maria associandola alla passione del Figlio. Questi è un “segno di contraddizione” e il cristianesimo non si impone, ma si propone, è una chiamata. Il sì costruisce la vita, il no ci porterà solo alla rovina. Gli esempi nel Vangelo non mancano, come pure le parabole.
A Maria una spada trapasserà l’anima, ma anche se non sarà una spada fisica, sarà tuttavia ancora più devastante. Per questo a un momento di gioia, il riscatto del primogenito, è associata indissolubilmente la passione di Cristo.
Tuttavia non tutte le famiglie hanno un rapporto positivo al loro interno. La vita è a volte frantumata, ci sono difficoltà, incomprensioni, disaccordi. Il vangelo ci dà una linea di guida, un indirizzo sicuro, e per questo siamo chiamati ad agire, nella nostra Nazaret quotidiana, come coniugi, come marito e moglie, e come figli, secondo quanto riassume l’evangelista per la Santa Famiglia: “Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia Dio era su di lui”.
Angelo Gravier Oliviero
Fraternita Laica S. Maria Sopra Minerva