"Cosa vorresti fare da grande?"... alla fine scelsi San Domenico!
Mi chiamo fra Giovanni Rosario M. Ferro, ho ventisette anni e provengo da un piccolo paese della Calabria, in provincia di Catanzaro; fra pochi giorni emetterò nelle mani del mio Provinciale la professione semplice, mediante la quale – per i primi tre anni – prometterò a Dio e alla Chiesa i voti di povertà, castità e obbedienza. Se dovessi pensare un po' come sono giunto a tale tappa della mia vita, dopo tante esperienze, oggi sono pronto a dire che è stata tutta grazia di Dio! Sono nato in una famiglia cattolica; fin dai 2 anni ricordo che mia nonna mi portava a Messa con tanta premura, ma anche con tanta pazienza, in quanto il mio carattere abbastanza irrequieto nella quotidianità, lo era anche nelle celebrazioni durante le quali ne combinavo di tutti i colori, come, ad esempio, giocare a nascondino nel confessionale o andare su e giù per i banchi! Forse, però, il Signore, stava già lavorando in me…
Mia nonna mi acquietava dicendomi di pregare i due santi inginocchiati accanto alla Madonna che erano rappresentati in un complesso statuario sull’altare maggiore: erano San Domenico e Santa Caterina! In ogni caso, fin da piccolo ho nutrito il desiderio di diventare sacerdote, e di questo non avevo neppure una briciola di vergogna nell’esternarlo sia all’asilo delle suore, sia a scuola! Forse l’episodio più curioso fu in prima elementare. La maestra ci diede da svolgere un tema: «Cosa vorresti fare da grande e perché». Successe che mentre gli altri miei compagni si dilettavano a scrivere pagine e pagine sulle loro aspirazioni future (dal falegname al professore) io semplicemente scrissi: «Svolgimento. Vorrei fare il sacerdote. Il perché non lo so!».
Al di là dello stupore della maestra e della mia ingenuità nello scrivere quel “tema”, ancora oggi penso che la chiamata dell’uomo da parte di Dio sia del tutto personale e misteriosa, spesso incompresa da resistenze o confusa ed esasperata da banali luoghi comuni. Non è così semplice scegliere la via di Dio! Nella mia vicenda personale ci sono stati diversi alti e bassi, momenti di profondo fervore, ma anche momenti in cui Dio sembrava essere lontano da me! Dopo il diploma cosiddetto “magistrale”, mi trasferii a Roma per frequentare – sotto consiglio del mio Vescovo, in vista di un eventuale ingresso in seminario – l’Università Lateranense. La gioia fu grande perché, finalmente, iniziavo gli studi che mi avrebbero portato un giorno a diventare sacerdote.
Tutto però s’interruppe quando nello stesso anno, per vari motivi, m’iscrissi presso la facoltà di Lettere della Sapienza. Fu una doccia fredda per tutti: per i miei familiari, i miei amici… e anche per me! Il traguardo mi sembrava molto lontano, e l’interrogativo: «Signore, cosa vuoi che io faccia?», ben presto si trasformò in «Cosa voglio che "io" faccia!», mettendo al centro di tutto il mio "io" e le mie aspirazioni future. Negli ultimi mesi prima della laurea, però, mi accorsi che il Signore – che mai lasciò la mia mano – si affacciava nuovamente nella mia vita! A furia di fidarsi e di aspettare, il Signore pone sul cammino dell’uomo le persone giuste al momento giusto; e con un volto tutto nuovo, accolsi la parola di diversi sacerdoti e religiosi per ritornare a Lui con nuova freschezza. Sant’Agostino scrive: «Il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Te!». È proprio vero!
Ma come approdai all’ordine domenicano? Grazie a un giovane col quale – ironia della sorte – farò professione; alloggiavamo insieme in un collegio e mi parlava spesso della forma di vita consacrata e di “domenicani”. A dire il vero, per me che avevo sempre sentito parlare di vita diocesana, fu un’occasione per approfondire meglio questa realtà diversa e nel contempo affascinante; i domenicani, poi, li avevo “visti” solo nei libri di scuola… ricordavo, però, che mia nonna recitava i 15 martedì a San Domenico e, da quando ero a Roma, andavo ogni anno alla basilica della Minerva (luogo in cui si trova la tomba di Santa Caterina) al Pontificale di Santa Caterina da Siena… nient’altro! Valutai con ottime guide spirituali l’idea della consacrazione religiosa e mi affascinò; anche l’Ordine lo scoprii più intensamente, all’inizio in maniera autodidatta.
Quando, poi, iniziai i contatti e i colloqui col padre responsabile delle vocazioni, è come se Qualcuno mi dicesse: «Fèrmati qui!» e, mosso dall’entusiasmo e dalla voglia di scoprire meglio da vicino sia la vita religiosa, sia l’ordine domenicano, decisi di ‘fermarmi’. Dopo l’anno di postulandato, l’anno di noviziato (conclusosi da una quindicina di giorni) è stato molto intenso, fatto di preghiera e di piccole conferme della mia vocazione nell’Ordine domenicano: un Ordine tutto incentrato sulla misericordia di Dio come medicina per capire sé stessi e gli altri, mediante la quale si scopre quanto Dio si fida delle sue creature!
Come si può notare dalla mia esperienza, Dio sconvolge i piani dell’uomo per predisporlo ad un incontro più vivo con Lui e tutto ciò, nell’Ordine domenicano, assume un nuovo respiro, proprio perché si ‘conosce’ Dio (ovvero lo si ama) mediante la contemplazione e lo studio, strumenti necessari per poi farLo ‘conoscere’ agli altri!
La cosa più bella è che non mi sono mai sentito giudicato e/o condannato da Dio, ma ho ricevuto solo un leggero sussurro, una carezza delicata e quelle parole da brivido del Cristo a San Pietro nell’ora oscura della Sua passione: «Ego rogavi pro te ; Io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno!». Gesù stesso ci conserva la fede e ci rende santi nel nostro stato di vita, come ha reso santo 800 anni fa il mio San Domenico! Cosa desiderare di più?
fr. Giovanni Rosario M. Ferro, O.P.