Dov’è finita la gloria di Dio?
La liturgia di oggi, giorno di Natale, proclama la vittoria di Dio: una vittoria clamorosa, la cui notizia si diffonde come scintille nella stoppia, una vittoria eclatante, visibile a tutti gli occhi: “vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion” (Is 52,8); “tutti i popoli vedono la sua gloria” (Sal 97,6); “abbiamo contemplato la sua gloria” (Gv 1,14). “Regna il tuo Dio!” (Is 52,7); “Il Signore regna, esulti la terra” (Sal 97,1).
Ora invece d’anno in anno ci sembra che il buio si faccia più grande, e Dio più silenzioso e meno visibile che mai. Non sono le nostre stesse parole a raccontarlo? Ogni giorno evochiamo le guerre, la corruzione, la maleducazione, l’ignoranza crescente, l’individualismo, gli scandali nella Chiesa … e sembra quasi una sfida irrealistica se non una menzogna o perlomeno una fiaba l’invito a vedere altro, a vedere oltre.
Ma se non si trattasse di vedere altrove, e nemmeno oltre, ma dentro la nostra realtà corruttibile?
Perché se il Verbo di Dio si è fatto carne, nella carne lo potremo scorgere, e nella carne, la sua gloria.
Carne del neonato che nella sua fragilità e delicatezza parla – senza parole – della potenza della vita, avvenuta e cresciuta nel segreto, imprevedibile, indomabile. “Che sarà mai di questo bambino?”
Carne che si mangia e ci nutre, e si moltiplica per essere tutto a tutti.
Carne del bambino che chiama e chiede – e si può forse resistere a tal voce?
Carne che si disfà con gli anni, la malattia, e la morte.
Carne sofferente e ribelle che geme.
Sì: questa carne, in ogni suo momento, è stata assunta dal Verbo – e nessuno gliela può strappare dalle mani: “si è fatto carne”. Questa carne ormai “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” è la nostra stessa carne che il Verbo non cessa più di abitare e di consolare.
La tua stessa carne…
La mia stessa carne…
Resa capace dalla grazia
Capace di sostenere il mondo – per Lui, con Lui, in Lui.