Vivere l’attualità del vangelo fra contemplatio e traditio
Nessuno può sentirsi escluso dalla Parola proclamata in questa XXXI domenica del tempo ordinario. Infatti, se nel vangelo Gesù rimprovera scribi e farisei, cioè laici il cui compito era insegnare e spiegare la scrittura al popolo, nella prima lettura Dio accusa i sacerdoti.
Gli uni e gli altri non subiscono una condanna per quanto dicono oppure perché distorcono la Scrittura o non esercitano il loro servizio, Al contrario, sono lodati per il loro insegnamento: «Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo». Il rimprovero nasce dalla loro ipocrisia. Conoscono e interpretano correttamente la Legge ed i Profeti, sanno guidare e istruire il popolo, ma quello che predicano non tocca il loro cuore, non si sentono coinvolti dalla Parola e non si considerano destinatari di quel messaggio. Pretendono dagli altri quello che loro stessi non fanno. Questo esonero dalla fatica della conversione è la causa della condanna.
Da trova forza questa dispensa? Dal moralismo. Se l’accoglienza degli insegnamenti di Gesù non muove alla conversione personale, il vangelo diventa una raccolta di precetti, una serie di azioni da compiere per dovere e che, una volta compiute, assolvono da ogni responsabilità e conseguenza futura. Il moralismo è rassicurante perché giustifica per il proprio comportamento anziché- per l’amore donato. Però, come insegna Tommaso, un’azione buona compiuta con intenzione cattiva è nel complesso malvagia: «per rendere cattiva un’azione basta un solo difetto: invece perché sia buona in senso assoluto non basta un particolare aspetto di bene, ma si richiede una bontà integrale» (S. Th., I-II, q. 20, a. 2 c.)..
Come comprendere queste letture, allora? Prima di tutto dobbiamo evitare le estremizzazioni. Non c’è una chiamata assoluta all’impegno sociale o alla vita spirituale. Il monito di Gesù mi sembra abbastanza chiaro: la conversione è metanoia, trasforma il pensiero e l’azione, il braccio e il cuore. Evangelii Gaudium afferma: «non servono né le proposte mistiche senza un forte impegno sociale e missionario, né i discorsi e le prassi sociali e pastorali senza una spiritualità che trasformi il cuore». Riprendendo il monito di san Giovanni Paolo II («si deve respingere la tentazione di una spiritualità intimistica e individualistica, che mal si comporrebbe con le esigenze della carità»), Francesco dichiara: «C’è il rischio che alcuni momenti di preghiera diventino una scusa per evitare di donare la vita nella missione, perché la privatizzazione dello stile di vita può condurre i cristiani a rifugiarsi in qualche falsa spiritualità». Il vangelo esorta a stabilire l’equilibrio fra contemplatio e traditio.
Lasciamoci interrogare dalla Parola e chiediamoci: da che parte pende la nostra bilancia spirituale? Spesso ci giustifichiamo ricordando l’impegno caritatevole, uno schermo dietro cui si nasconde spesso la debolezza della vita spirituale. Oppure rivendichiamo una testimonianza personale, di mostrare un esempio di vita critiana. Chi attesta che stiamo veramente testimoniando e che la nostra testimonianza è veritiera? Qualcuno riconosce che siamo testimoni oppure stiamo autocertificando la nostra fede solo perché rispettiamo la Legge e i Profeti come i sacerdoti, scribi e farisei? Insomma, chi stiamo testimoniando: noi stessi o Gesù? Questa è la domanda fondamentale del Vangelo di oggi.
Possiamo verificare immediatamente questa dicotomia riferendoci alle questioni urgenti e fondamentali dell’attualità. Ad esempio, i migranti: qual è il nostro atteggiamento e come si comporterebbe Gesù? Confrontando i due atteggiamenti, possiamo ancora affermare, con sincerità e verità, di stare testimoniando Gesù?
La Parola viene a scuoterci, ci richiama alla vigilanza sulla nostra vita, a non adagiarci nel cammino verso la meta celeste. Nessuno può sentirsi “arrivato” e Gesù mette in guardia anche le folle che ascoltavano: fate attenzione a non credervi migliori solamente perché siete differenti dagli altri!
La buona notizia di questa domenica è che in qualunque parte siamo – sacerdoti, scribi, farisei o popolo - Gesù non ci abbandono ai nostri peccati e offre a tutti una via per tornare a Lui.
Edoardo Mattei
Laico Domenicano
Angelicum