Anniversario della fondazione del proto monastero delle monache domenicane a Roma
S. Domenico ha creduto fino in fondo al valore della preghiera di intercessione e per questo ha fondato durante la sua vita tre monasteri di vita contemplativa e ne ha ordinato la costruzione di un quarto, a Bologna, che è stato realizzato dopo la sua morte.
Tra i Monasteri da lui fondati, quello di Roma, per volontà del Papa che lo aveva incaricato, doveva assumere la funzione di modello per tutta la cristianità. Parliamo di S. Sisto, di cui oggi 28 febbraio ricorre il 796 esimo anniversario di fondazione, dal lontano 28 febbraio 1221. Si era stabilito, in coincidenza del mercoledì delle ceneri, quando il Papa nella vicina Basilica di S. Sabina celebra i divini misteri, di dare inizio a questa fondazione che aveva raccolto, con la forza della persuasione, i sette monasteri femminili esistenti in città, per stabilirvi una vita religiosa regolare con la clausura e il silenzio rigorosi.
La cerimonia dovette slittare dal 24 febbraio 1221 al 28, prima domenica di quaresima in quell’anno, a motivo del trambusto che vi era stato per la morte del giovane Napoleone che poi riottenne la vita per intercessione di san Domenico. L’adesione alla “riforma di Domenico di Guzman” fu abbracciata , soprattutto dal monastero più significativo, quello di S. Maria in Tempulo, non senza condizioni. Dobbiamo rilevare i problemi economici che esso aveva con un creditore, un certo Cencio che, come spesso succede anche ai nostri giorni, approfittando della buona fede delle monache si era arricchito e lo stesso S. Domenico dovette pagare l’ultima cambiale per estinguerne il debito. Altra condizione, più squisitamente di ordine spirituale fu la richiesta da parte delle monache, che erano benedettine, di portare con loro l’antichissima icona della Madonna di san Luca che nel tempo ha assunto vari titoli (da Madonna di S. Maria in Tempulo , di S. Sisto, Avvocata etc.).
L’ ingresso nel nuovo proto-monastero domenicano comportò la rinuncia dell’abbadessa sr. Eugenia che insieme alle altre monache fece voto di obbedienza a san Domenico, il quale divenne vero superiore del monastero e scrisse la famosa Regola detta di S. Sisto. La beata Cecilia Cesarini, la più giovane tra coloro che entrarono in S. Sisto, ci ha tramandato una frase che ora troviamo nella Costituzione fondamentale delle Monache domenicane: "Non ebbero nessun altro all’infuori di lui (S. Domenico) che le istruisse nelle cose dell’Ordine”. Per la nuova comunità, Domenico fu padre, fondatore e legislatore. Le monache che divennero parte dell’Ordine dei Predicatori confermato qualche anno prima dallo stesso papa Onorio III, ebbero la cura amorevole e quotidiana di S. Domenico che, dopo la fatica dell’apostolato giornaliero in città, non chiudeva la sua giornata senza dedicarsi alle sue figlie, alle quali trasmetteva dottrina ed esperienza apostolica. Nella Regola S. Domenico distribuisce il tempo con il primato della Liturgia e dello studio delle Lettere, assegnando al lavoro quanto restava del rimanente tempo della giornata.
La cura di S. Domenico si esprimeva, anche nella Regola, attraverso la prescrizione di un piccolo “convento” di frati (tre sacerdoti e tre conversi), che dovevano estendere nel tempo quella cura spirituale e materiale lasciata come esempio dal santo. Lungo i 796 anni tale prescrizione ha subito, da entrambe le parti, delle variazioni più o meno importanti portate avanti col desiderio di somigliare il più possibile al nostro Fondatore: tale desiderio, ancora oggi, è realizzato a fatica.
Purtroppo la situazione di “agonia” della maggior parte dei monasteri domenicani italiani è nota a tutti; conseguenza di diversi fattori che hanno colpito tutti gli Ordini religiosi: mancanza di vocazioni femminili e maschili, mancanza di discernimento vocazionale, mancanza di un'adeguata formazione e di fedeltà al progetto del fondatore, sono alcuni fattori che per troppo tempo hanno logorato il reciproco rapporto di cura e di apostolato. Tuttavia, da parte nostra dobbiamo, per un rinnovamento, puntare sull’identità carismatica trovando anche nuovi modi per adempiere il reciproco affidamento voluto dal nostro comune Padre e Fondatore e che durante la Storia i Pontefici hanno sempre confermato, soprattutto per poter compiere meglio la missione dell’Ordine nella Chiesa, la salvezza delle anime.
Cosa fare?
Volendo riportare nell’oggi quanto detto sul inizio della fondazione del monastero di S. Sisto, vorrei proporre alcune considerazioni che potrebbero suscitare un reciproco e rinnovato impegno effettivo e che, a mio parere, stanno alla base della fioritura e l’importanza del Ordine dei Predicatori:
1) Le monache dell’Ordine, per volontà di san Domenico, sono le “nutrici“ della vita apostolica dei frati e degli altri membri della famiglia domenicana (cfr. LCO).
2) Poiché parte dell’Ordine, san Domenico le ha affidate alla cura dei frati ( Cfr. LCM ).
Il legame di interdipendenza, tra Frati e Monache, è di vitale importanza. Siamo richiamati al dovere per usufruire dei diritti. Finche resteremo indifferenti a tale legame saremo dei “sedentari” che non usano le gambe o delle “aquile” che non spiegano le loro ali e smettono di puntare in alto. Come segno dei tempi e volontà divina, anche oggi siamo aiutati a scoprire la bellezza della nostra identità grazie alla nuova Costituzione Apostolica di Papa Francesco sui monasteri. Il Papa, con illuminante intuizione, percorre le orme dei suoi predecessori e chiede l’assistenza spirituale ai monasteri di vita integralmente contemplativa secondo il carisma proprio (cappellani, confessori, ritiro spirituale, etc.).
A noi frati non viene chiesto di fare da semplici cappellani di monache, ma il nostro servizio dovrebbe tradursi principalmente in un sostegno nella responsabilità della loro vita contemplativa, espresso con sincerità e trasparenza, oltre che con sapiente e paterna cura.
fr. Antonio Cocolicchio, O.P.