Quel Dio... tremendo e affascinante!
Ho udito e fremette il mio cuore,
a tal voce tremò il mio labbro,
la carie entra nelle mie ossa
e sotto di me tremano i miei passi.
Sospiro al giorno dell'angoscia
che verrà contro il popolo che ci opprime
(Abacuc 3,16)
Avevo quattordici quando uscii al cinema un film che fece la storia degli horror movie: parlo di Scream di Wes Craven, in cui apparve per la prima volta sul grande schermo il celeberrimo assassino Ghostface che mieteva paura nelle sue vittime prima di ucciderle. E sebbene tutti noi quattordicenni sapevamo che un tale film ci avrebbe inquietato, tutti siamo corsi al botteghino per acquistare il biglietto a vederlo. Ma lasciando da parte il cinema horror degli anni 90’, vorrei riflettere sul fatto che dentro la paura c’è una specie di meccanismo che può sembrare strano: infatti abbiamo spesso paura di qualcosa che allo stesso tempo però ci affascina.
Se da un lato si può pensare ad un meccanismo di pazza incoscienza e di gusto del brivido, dall’altro credo si possa trovare nel pauroso e in particolare nel tremendo e nell’affascinante una esperienza tipica della fede. “Che cosa può farmi paura se la morte non mi sgomenta?” con questo interrogativo Friedrich Schiller sembra porsi sul nostro stesso livello di riflesso.
Se leggiamo per intero il piccolo libro di Abacuc da cui ho tratto solo il versetto 16, infatti, il profeta ha una profonda e intima conoscenza con Dio e per i primi due capitoli lo esalta descrivendone la potenza e l’imminente azione di liberazione dell’oppressione. Quando però comincia a sentirne la presenza, Abacuc ci racconta di cominciare a tremare per la presenza di Dio. Da questo punto di vista, già Rudolf Otto nel suo saggio Sul Sacro, aveva ben descritto l’esperienza religiosa come Fascinans - Tremendum. Tremendum perchè da un lato la presenza del Signore è una presenza del totalmente Altro rispetto all’uomo e questa alterità radicale può spaventare.
Fascinans, allo stesso tempo, perchè da questa alterità sorge tutta la nostra esistenza, tutta la nostra vita: insomma da questo Dio misterioso c’è la fonte dell’Amore più grande e del senso della nostra vita. Ecco dunque come spiegare un “sano sentimento” di paura che porta alla profonda conoscenza di sé stessi, del proprio io e di aprirsi totalmente ad una relazione d’amore definitiva con Dio. In fondo quel fascino deve essere stato anche il sentimento dei pastori, attirati dalla stella e dagli angeli, dinanzi al Gesù bambino, di nuovo così piccolo e così allo stesso tempo espressione del sacro.
Gesù dolce Gesù Amore,
fr. Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.