Da Wittgenstein a Tommaso d'Aquino?
1. Recentemente mi si è offerta l'occasione di leggere un testo di Roger Pouivet, edito nel 2014 per i tipi di Vrin, opportunamente intitolato: Après Wittgenstein, Saint Thomas? Vi si espone un'intrigante indagine epistemologica, inseribile nell'ambito del cosiddetto Tomismo Analitico, ormai certificato come la frontiera della ricerca sul pensiero gnoseologico di san Tommaso d'Aquino.
Alimentati da filosofi anglosassoni (cattolici e protestanti), questa nuova via del tomismo sta contribuendo ad approfondire anche alcuni temi dell'etica tomista, il tutto attraverso un confronto con la filosofia analitica di Wittgenstein, e in specifico con le Philosophische Unterschuchungen (Ricerche filosofiche).
Il libro focalizza la sua attenzione sul percorso iniziatosi nell'Università di Oxford per merito di tre allievi di Wittgenstein, divenuti a loro volta professori. Dell'allora sacerdote cattolico Anthony Kerry, che si separerà dal cattolicesimo a seguito del Concilio Vaticano II e di due convertiti dal protestantesimo anglicano al cattolicesimo. Si parla di Peter Geach (prematuramente scomparso) e di sua moglie Elizabeth Anscombe, una delle depositarie del Nachlass wittgensteiniano. Al loro primaziale impegno di rilettura di San Tommaso d'Aquino attraverso Wittgenstein, si sono aggiunti i nomi di David Brain, con cui ho avuto l'onore di discutere alcuni anni fa ad Oxford, e Alsdare MacIntyre, per non citare che i più noti. Un percorso il loro di aperta opposizione alla corrente neotomista italiana. L'occasione dell'uscita in seconda edizione di questo scritto, mi sembra utile per riflettere su una nuova e sfiziosa metodologia di indagine utile per un ponderato studio degli scritti di San Tommaso, e in specifico della Summa theologiae. È innegabile, ad esempio, che nell'ambito dell'etica (e della morale), della mistica (intesa sia nel suo oggetto formale che nel suo oggetto materiale) e della dottrina delle neuroscienze (o del mind-body problem), la dottrina dell'Aquinate abbia ancora molte cartucce da sparare.
Il titolo che abbiamo preso a prestito, non è da intendere al pari di un emblematico percorso del gambero nella storia della filosofia, ma un modo per attualizzare lo studio di san Tommaso d'Aquino. Studio a cui si trova impegnato (dalle Costituzioni dell'Ordine e dagli Atti dei Capitoli Generali, anche recenti) chi si trova oggi a celebrare la sua vocazione domenicana riflettendo in chiave filosofica e teologica su quanto il suo esercizio pastorale gli presenta come novità nell'ambito delle domande di senso rivolte dal "mondo" adulto e giovanile. Si noti altre sì che il titolo in oggetto si chiude con un ben posto punto interrogativo. Non si tratta infatti di trovare una verità che comunque è sempre data, ma dell'umile faticosa ricerca di quella che oggi potrebbe essere una verità. A tal proposito san Paolo ci avverte che la verità tutta intesa, ci attende in speranza non essendosi è ancora attuata in tutta la sua pienezza.
2. Senza scendere a un livello di analisi troppo impegnativo, che non si ad dice ad un tipo di articolo come questo, vorrei piuttosto suggerire tre percorsi che mi sembra abbiano guidato dal Novecento ad oggi l'approfondimento del pensiero di Tommaso d'Aquino. Uno è quello della citata corrente neo-tomista, che, in evidente opposizione al sorgente positivismo, il quale negava ogni forma di metafisica e di spiritualità, ripresentava il pensiero dell'Aquinate, sia, per così dire, secondo il senso letterale come fu il percorso di J. Maritain e del card. Ch. Journet, sia gravandolo di caricature spinte fino alla presentazione di un Tommaso costruito quasi ex-novo. Un secondo itinerario, ben degno di nota a giudizio di chi scrive, fu quello dell'esatta collocazione e definizione, secondo categorie storiche e scientifiche, dell'originale contenuto del pensiero filosofico e teologico di san Tommaso, letto finalmente come figlio del suo tempo. Nomi noti di questo encomiabile e mai abbastanza lodato percorso furono quelli del domenicano M.-D. Chenù, reggente della Scuola domenicana di La Saulchoir in Belgio e del francese É. Gilson. In ultimo annovero una serie di processi recenti, con particolare riferimento alla citata Filosofia Analitica Tomista, che cercano di far dialogare là dove possibile e fin dove è possibile, il san Tommaso che gli studi storici ci hanno riconsegnato nella sua purezza, con le grandi tematiche filosofiche, teologiche e scientifiche che la pastorale contemporanea fa emergere dal contesto frantumato e nichilista dell'oggi.
Per sottolineare l'utilità di quest'ultimo aspetto, mi è grato riferirmi alla mia esperienza sacerdotale di domenicano impegnato da decenni nell'apostolato con i giovani e nell'incarico accademico di ricerca e insegnamento. Se guardo anche solo a dieci anni fa, le domande che i giovani allora mi rivolgevano erano del tutto differenti da quelle di adesso. Col passare del tempo i quesiti si sono fatti più approfonditi, passando dall'impegno politico-e sociale a un chiaro rimando a una religiosità privatistica, centrata su domande sia scientifiche (teologia della creazione) che etiche (il perché del male). La fatica apostolica è stata quella di trovare un linguaggio non banale, che partendo dalla loro esperienza li portasse alla valutazione di Cristo come possibile e centrata risposta. Ma questo mi sarebbe stato impossibile senza l'impegno di un aggiornamento di studio, riscontrato comunque difettoso per la mancanza di una riflessione teologica aggiornata nei contenuti e nel linguaggio. L'ancora di salvataggio offertami dalla teoresi tomista non mi è mancata, ma il suo linguaggio va rivisto e certi suoi contenuti aggiornati, ecco dunque la necessità dell'incontro con le riflessioni filosofiche contemporanee.
3. A giustificazione di quanto ora sommariamente annotato, riprendo brevemente i tre esempi del paragrafo 1 per meglio chiarificare cosa intendo per un un aggiornamento delle tesi di Tommaso d'Aquino, al fine di rivolgere la nostra azione pastorale agli uomini e alle donne del nostro tempo.
Personalmente giudico san Tommaso un filosofo proficuamente creativo e un coraggioso e profetico teologo. Non sempre invece ho saputo valorizzarne e appezzarne la componente spirituale di santità e di misticismo. Purtroppo a quest'ultimo aspetto si è dato poco corso nella ricerca, ad eccezione di validissimi ed eccelsi esempi. Come se il monito del teologo tedesco Karl Rahner, che il terzo millennio o sarà mistico o non sarà, fosse passato invano. Il Novecento, affermava il noto gesuita, ha posto l'uomo al posto di Dio. Un secolo drammatico che ha subito due guerre mondiali e vissuto la lacerazione dell'abisso di Auschwitz e che in conseguenza ha dissolto ogni possibile antropologia intesa come l'angosciosa domanda di senso che l'uomo da sempre rivolge a Dio. Il grido di Rahner è l' urlo di chi spera che l'uomo riprenda il suo dialogo con Dio. Ora, chi tra i pensatori contemporanei ha provato, indipendentemente da Rahner, a dare un senso a questa relazione è stato L. Wittgenstein col suo pensiero "sull'etico". Un sentiero che dalla conclusione del Tractatus logicho-philosophico, lo ha portato alle Ricerche filosofiche. Allora, perché non indagare meglio i contatti tra la mistica di Tommaso e il senso etico-religioso di Wittgenstein, al fine di trovare un modo di "parlare" del bisogno di Dio all'uomo contemporaneo, senza rischiare di buttare via acqua sporca e bambino?
Se invece consideriamo il problema attualissimo delle neuroscienze (mind-body problem) e della tecnologia dei computer, che sempre di più invaderanno la nostra vita trasformandola nel profondo, ci imbattiamo nel quesito se esista una relazione fra mente e corpo (come sosteneva Tommaso d'Aquino) oppure se essa sia da negare (come argomentava Descartes). Chi ha confidenza col pensiero odierno sa che tutto viene fatto partire da Cartesio e non dall'Aquinate, nonostante che i medici impegnati in varie specializzazioni di ricerca (compresa la teoria dell'immuno-soppressione), negano l'assunto di Descartes, riconosciuto erroneo, e invocano una "nuova alleanza" fra mente e corpo. Quanto sarebbe utile uno studio aggiornato dell'antropologia di Tommaso per il recupero della dignità umana secondo categorie biologiche e mediche attuali è in questo contesto evidente. La bioetica ne trarrebbe indubbio vantaggio per migliorare le sue prospettive di approccio.
Chiudo ricordando l'esempio della ricordata Filosofia Analitica Tomista, ora impegnata nella ricerca epistemologica ed etica. Vi si rincorre una interrogazione su quanto di Dio sia possibile conoscere e quanto invece è destinato a restare di lui misterioso (il Deus abscontitus di Pascal), ben accreditata dalla ricerca su quanto il linguaggio umano possa dire di Dio e quanto non possa di lui affermare. Due cruciali interrogativi ai quali questa nuova corrente filosofica, aggiunge il tema etico della vita virtuosa. Quesiti che, a ben pensarci, costringono a reinterpretare la base greca della teologia invitando in alternativa a un ritorno al Vangelo di Gesù Cristo sine glossa (come amava dire san Francesco d'Assisi). Quesiti la cui soluzione è necessaria per rispondere all'inquietudine del nichilismo nicciano, che ha semplicemente deciso di sospendere la riflessione teologica cristiana (la morte di Dio) e ripristinare il mondo spirituale dei greci.
fr. Alessandro Salucci, O.P.