Semplicità
“Il beato padre Francesco, ricolmo ogni giorno più della grazia dello Spirito Santo, si adoperava a formare con grande diligenza e amore i suoi nuovi figli, insegnando loro con principi nuovi, a camminare rettamente e con passo fermo sulla via della santa povertà e della beata semplicità”. (Tommaso da Celano, Vita prima di san Francecso, XI 26). Così Tommaso da Celano, nel suo ritrarre Francesco d’Assisi, parla di lui sottolineando la capacità di essere educatore di altri con uno stile di semplicità. Semplicità del cuore indica una attitudine che non ha nulla a che fare con l’impreparazione, la superficialità o la spontaneità senza riflessione.
Per Francesco semplicità è impegnativo cammino di ricerca di ciò che è essenziale nell’esistenza. E’ tensione a non farsi distrarre nell’ascolto di una presenza di Dio che si fa vicina nella natura e nelle persone. Com’è racchiuso nella sua etimologia – ‘sine plica’ – semplicità è essere senza pieghe, liberati da quegli ostacoli che impediscono di custodire e ricercare ciò che è realmente più importante e rischia di essere perso di vista o soffocato.
La via della semplicità è quella dei poeti che non si lasciano sommergere dalle troppe parole, ma cercano di liberarsi dall’appesantimento di parole inutili, e da quelle superflua per cercare parole vere. Il loro lavoro consiste nella faticosa concentrazione sull’essenziale, nel liberarsi da pesi inutili e dalla complicazione che impedisce di orientarsi. “Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto dobbiamo essere semplici, umili e puri” (Epistola ad Fideles II, 45)
Il modo di pregare e di contemplare di Francesco, e il suo modo di agire possono essere riassunti nell’attitudine di semplicità. Essa comporta un decentramento, la disponibilità ad uno sguardo non centrato su di sé, ma aperto all’altro. Semplicità si incontra con umiltà, con la scelta di stare legati alla terra della propria vita. Partecipi di una vita più grande di cui respirare l’ampiezza, e sensibili ad accontentarsi di poco. La semplicità è attitudine di chi non ha bisogno di troppe cose, e non ne diventa schiavo, ma di chi sa godere di tutte le cose belle e utili vivendo la leggerezza di liberarsi dal superfluo, di ciò che appesantisce e impedisce di muoversi.
E’ la semplicità scoperta con gioia da Francesco. Un brano della ‘Leggenda dei tre compagni’ ne è testimonianza: “Ma un giorno, mentre ascoltava la Messa, udì le istruzioni date da Cristo quando inviò i suoi discepoli a predicare: che cioè per strada non dovevano portare né oro, né argento, né pane, né bastone, né calzature, né veste di ricambio.
Comprese meglio queste consegne dopo, facendosi spiegare il brano dal sacerdote. Allora, raggiante di gioia esclamò: E’ proprio quello che bramo realizzare con tutte le mie forze! E fissando nella memoria quelle direttive, s’impegnò ad eseguirle lietamente … Mise tutto il suo entusiasmo a bene intendere e realizzare i suggerimenti della nuova grazia. Ispirato da Dio, cominciò ad annunziare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità”. (Leggenda dei tre Compagni, 25)Si può trovare traccia nelle parole della regola non bollata sul modo concreto in cui Francesco intendeva la semplicità. Si delinea lo stile chiesto ai suoi frati, ma che può essere stile di ognuno che si scopre nella vita servo semplice (e non inutile) in relazione con altri: “Tutti i frati cerchino di seguire l’umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si ricordino che nient’altro ci è consentito di avere, di tutto il mondo, come dice l’apostolo, se non il cibo e le vesti e di questi ci dobbiamo accontentare. E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada”. (Regola non bollata, IX, 1-3)
C’è una semplicità da coltivare e riscoprire in un contesto culturale in cui prevalgono attitudini di conquista e di dominio, in cui la vita si trova appesantita di tante cose superflue che separano e conducono ad escludere. Semplicità è orizzonte per non perdere di vista la dimensione dell’agire umano come servizio e aperto alla relazione.
fr. Alessandro Cortesi, O.P.