DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Natività di Maria

Il brano del vangelo di questa festa mariana è la genealogia e l’annunciazione a Giuseppe. Ciò che più sorprende in questa pagina del vangelo è la capacità di Matteo di leggere una storia tanto sconnessa e disordinata come una tavola dove tutto ha senso e valore. Matteo si rivela un teologo perché aiuta a leggere, sotto l'apparente freddezza dei numeri e dei nomi, il calore di una storia che genera il suo figlio più illustre.

Trovare nomi di donne in una genealogia desta non poca sorpresa perché la discendenza si trasmette per linea paterna. La sorpresa cresce ancora di più quando si leggono i nomi di Tamar, Racab, Rut, Betsabea, donne dal passato non sempre brillante. 

L'elemento che collega tutte le donne della genealogia, Maria compresa, è che non appartengono di diritto alla storia a cui prendono parte e vi arrivano di soppiatto. Esse mostrano che, nonostante situazioni anomale e non prive di difficoltà, sono state chiamate da Dio per preparare la venuta di Gesù. Dietro le loro persone si intravede Dio come "Signore della storia, che guida e determina gli avvenimenti”. È Lui che chiama con disposizioni provvidenziali Tamar Racab, Rut, e Betsabea a far parte del popolo ebraico e a preparare la nascita di Gesù Cristo; è sempre lui che chiama Maria a portare il suo contributo originale ed esclusivo perché l’atteso messia possa entrare nella famiglia umana.

La genealogia si presenta come una danza di nomi: le generazioni scandiscono gli anni e i secoli, si intrecciano eventi gloriosi e tristi, si alternano figure illustri e meschine, eppure tutto ha senso e valore. Gesù arriva nella famiglia umana preparato e atteso da tutti coloro che lo hanno preceduto perché tutti, ciascuno a proprio modo, nel bene o nel male, hanno contribuito a prepararne la venuta. La storia è il palcoscenico delle rappresentazioni e degli uomini ma, anche e più ancora, il luogo dove si dispiega l'amorevole provvidenza di Dio: la storia è il tempio laico di Dio. In questa pagina apparentemente fredda e noiosa c'è qualcosa di veramente grande e straordinario. Matteo esprime in questa pagina l'intenzione di Dio di inserirsi nella storia dell'uomo, di entrare nella storia individuale dei singoli uomini, di accettarli così come sono, di prendere le loro vicende, i loro caratteri, le loro imprese e, inserendo Gesù Cristo al termine di questa successione di uomini, mostrare che tutte queste persone hanno contribuito a camminare verso la salvezza.

Con l'incarnazione viene assunta, nel Dio che viene, tutta l'umanità. Questa pagina è piena di ottimismo, ci dice che dobbiamo essere animati dalla consapevolezza di lavorare a un progetto che, anche se passa attraverso le nostre mani, supera noi stessi. Le persone di cui parla questa pagina hanno preparato la venuta storica di Cristo in mezzo a noi secoli fa. Noi oggi siamo chiamati a far sì che questa genealogia continui. Gesù Cristo, anche se ci sentiamo impreparati, poveri e piccoli, vuol avere bisogno anche di noi!

vincenzo caprara2       fr. Vincenzo Caprara, O.P.Da questa pagina di Vangelo vorrei far emergere due spunti di riflessione. Anzitutto: una fede che diventa totale ubbidienza. Ecco il tema centrale del Vangelo illustrato da Maria e da Giuseppe suo sposo. Maria rinuncia a pensare in termini di possibilità umane, e si affida completamente all'opera dello Spirito Santo. La sua è la resa dell'amore a un Amore che supera la comprensione, oltre che i mezzi, degli uomini.

Giuseppe rinuncia a ragionare in termini di tradizioni e di diritti sanciti dalla legge, rinuncia a risolvere la situazione delicata in base a valutazioni umane, per entrare nel progetto misterioso di Dio, come ha già fatto la sua sposa. E così emerge l'immagine, dai lineamenti ben definiti, di Gesù. È soltanto attraverso Gesù che Dio diventa l’Emmanuele, il Dio-con-noi (una prospettiva che percorre l'intero Vangelo di Matteo, dalla prima pagina all'ultima).

Ma è stato necessario che Maria e Giuseppe rinunciassero al loro programma di vita familiare, per accogliere senza riserve il progetto e la promessa di Dio. Qui avviene un fenomeno significativo. L'uomo rinuncia al proprio futuro per aprirsi all'avvenire (avvento) di Dio. Il futuro che l'uomo desidera è interpretato e progettato come semplice prolungamento del presente. Il futuro umano è il domani ricalcato sull'immagine dell'oggi. Tutt’al più, l'uomo vi proietta i suoi desideri irrealizzati, le sue esigenze frustrate.

L'avvenire contemplato dalla fede non è una semplice proiezione del presente, ma si configura in una dimensione nuova, grazie all'irruzione di elementi sorprendenti, inattesi, che determinano un sostanziale mutamento qualitativo. L'avvenire, quindi, sta sotto il segno della pienezza, dell'impossibile divenuto possibile, e non semplicemente della quantità, della ripetitività, delle previsioni rispettate. Ciò è reso possibile unicamente attraverso l'intervento, all'insegna della imprevedibilità, dello Spirito Santo. Allora anche la Chiesa, e noi in essa, è ubbidiente quando manifesta la potenza sorprendente dello Spirito, ossia allorché, ispirandosi al modello di Maria e Giuseppe, vive di fede accettando il rischio dell'imprevedibile e delle non-possibilità umane.

Secondo spunto di riflessione. Il Vangelo di quest'oggi precisa il motivo essenziale della venuta di Gesù in mezzo a noi: “Salverà il suo popolo dai suoi peccati”.

Nel suo commento al racconto biblico della creazione, Sant'Ambrogio ha una pagina davvero stupefacente: “Ringraziamo Dio per aver portato a compimento un'opera dopo la quale potesse riposarsi. Ha fatto i cieli, e non leggo che abbia riposato. Ha fatto il sole, la luna e le stelle, e non leggo che si sia riposato. Ma leggo che fece l'uomo e allora riposò, avendo finalmente qualcuno cui poter perdonare i peccati”.

C'è un ma. Bisogna che questo qualcuno sia disposto a farsi perdonare i peccati. Riconosca di averne. Il padre domenicano Bernard Bro scrive: “… e se invece di automi Dio aspettasse dei peccatori?”. Dio non scusa il peccato. Non ci rassicura dicendoci che non siamo colpevoli. Ci cerca in quanto colpevoli, per perdonarci. E ammettere la nostra colpevolezza, significa riconoscere la nostra dignità, libertà, il nostro non essere automi. Un certificato di grandezza, in fondo. Non sarà male ribadire in questa festa mariana una verità elementare: Lui viene a cercare dei peccatori.

fr. Vincenzo Caprara, O.P.

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