"Trattatelo come vicario di Cristo in terra"
Pubblichiamo l'ultima omelia tenuta in occasione del triduo di preparazione alla festa di S. Caterina da Siena
La questione sottoposta da Paolo e Barnaba al giudizio di Pietro e della Chiesa di Gerusalemme rappresenta uno dei tanti episodi che testimoniano delle discussioni, a volte anche veementi, che da sempre scuotono la Chiesa al suo interno. Possiamo dire che la discussione interna alla Chiesa sia una manifestazione della sua vitalità, e spingerci ad affermare che il progredire nella conoscenza e nell'amore della Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa si realizzi attraversando queste difficoltà, analogamente a quanto succede nella vita di ognuno di noi e delle nostre comunità.
In questo senso, ricordiamoci che le eresie nate nei primi secoli dell’era cristiana suscitarono la convocazione dei grandi concili ecumenici, che ci hanno legato con chiarezza la sostanza della nostra fede, come ad esempio, il credo di Nicea-Costantinopoli. Le discussioni, se vissute nel vincolo dell’amore, sono provvidenziali occasioni di crescita della Chiesa, e l’amore è la condizione necessaria perché le difficoltà e le diatribe non diventino causa di divisione e fratture.
“Rimanete nel mio amore” quasi ci implora oggi Gesù nel Vangelo! Se la grazia della comunione nel vincolo dell’amore tiene unita la Chiesa sin dal suo inizio, sappiamo bene quanti e quali sciagure siano stati gli scismi provocati dalla presunzione di capire meglio degli altri, e dal pretendere di riportare sul retto cammino la Chiesa separandosene, rompendo il vincolo della carità. Studiati sui banchi di scuola, i vari scismi che hanno ferito l’unità della Chiesa ci sembrano dei tragici ed inevitabili eventi umani, le cui conseguenze hanno portato morte e distruzione. Ma la tragedia dello scisma travalica l’orrore delle vittime che hanno potuto mietere, perché a queste si assomma lo scandalo della divisione dei cristiani, con conseguenze terribili sia per i fedeli, ma anche per il mondo intero, perché indebolisce il servizio di sacramento e di santificazione del mondo che la Chiesa è chiamata a rendere.
“Rimanete nel mio amore”
Ecco come dobbiamo reagire anche noi alle difficoltà della Chiesa: rimaniamo uniti nel vincolo dell’amore! Un fulgido esempio ci è dato dai nostri santi padri Francesco e Domenico che nel ‘200, di fronte alle eresie e gli scismi, scelsero di operare per il bene della Chiesa, rimanendo uniti ad essa nel vincolo dell’amore, perché questo è l’unico modo per portare buoni frutti! E sul loro esempio, la nostra amata Santa Caterina sentì profondamente il dolore della divisione nella Chiesa, e si adoperò con tutte le sue forze affinché il cosiddetto scisma d’occidente della seconda metà del ‘300 non infliggesse un’altra terribile ferita al Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Il suo ardente impegno non bastò a scongiurare il temuto scisma, ma Caterina continuò con la stessa determinazione, concentrando la sua azione a favorire il servizio che il Papa, il dolce Cristo in terra, svolge su mandato di Cristo: garantire l’unità della Chiesa nel vincolo dell’amore. Santa Caterina esortava tutti i fedeli, con l’esempio e con la sua predicazione, ad amare, rispettare, obbedire ed aiutare concretamente il Santo Padre, fino ad arrivare ad usare iperboli del tipo “che se fosse un demonio incarnato, io non devo alzare il capo contro di lui, ma sempre umiliarmi” (L. 313). E proprio in virtù del suo amore incondizionato per il Papa, Santa Caterina non mancò di correggere fraternamente Urbano VI, noto per la sua indole impossibile, invitandolo a temperare il suo carattere, e accompagnando la sua lettera di esortazione con cinque arance amare addolcite col miele, tanto per essere chiara.
“Trattatelo come vicario di Cristo in terra, trattatelo come caro vostro padre, sforzandovi senza indugio di fare per lui quanto potete” (L. 311), scriveva Santa Caterina.
Cari fratelli e sorelle, sull'esempio della nostra Caterina, adoperiamoci anche noi per il bene della Chiesa, amando, rispettando, obbedendo e aiutando concretamente il dolce Cristo in terra, che ci stia simpatico o meno. È lui il garante dell’unità della Chiesa; è lui che conosce la situazione della Chiesa e del mondo, ed è lui, e non qualche presunto illuminato fra noi, che riceve le grazie per svolgere al meglio il suo servizio per la Chiesa, e quindi per il mondo intero.
“Rimanete nel mio amore”
Seguiamo l’esempio di Santa Caterina e preghiamo con una sua preghiera per il nostro Papa Francesco: “Esaudisci noi che preghiamo per il guardiano di questa cattedra di Pietro, cioè per il tuo vicario: rendilo tale quale vuoi che sia il successore di questo tuo caro vecchio san Pietro, e dà ad esso i modi necessari per il bene della tua Chiesa, vera madre della fede nostra. O eterna, ineffabile e alta Deità.” (P. 1).
fr. Riccardo Lufrani, O.P.