DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

“Mi affaticherò volentieri perché tu abbia un’ottima pace”

Omelia in occasione del primo giorno del triduo che si svolge a S. Maria sopra Minerva in preparazione alla festa di S. Caterina da Siena

La celebrazione di questa sera ci introduce al triduo di preparazione per la Solennità di S. Caterina, una festa in cui si incrociano numerosi motivi di gioia e di ringraziamento:, festa della nostra città, del nostro Paese e della nostra Europa, di cui Caterina è compatrona e protettrice, festa della nostra comunità e della nostra basilica, che ne conserva il corpo, festa della nostra Provincia domenicana posta sotto la protezione e la guida della santa senese. La pista di riflessione di questa sera, tra le diverse che potrebbero offrirsi alla nostra considerazione di fronte a una figura così ricca e complessa come quella di Caterina, ce la offre lo stesso Vangelo che abbiamo ascoltato, il Vangelo del giorno.

Ci avviciniamo alla Solennità dell’Ascensione, che chiude il ciclo delle manifestazioni e apparizioni del Risorto dopo la Pasqua, e la Liturgia ci presenta alcuni brani dei “discorsi di addio” di Gesù ai suoi discepoli. Gesù preannuncia che se ne andrà e farà ritorno a quel seno del Padre da cui è venuto, ma non smetterà di rendersi presente e di camminare con la sua comunità attraverso il dono e il pegno dello Spirito. È il tempo della Chiesa, tempo di testimonianza e di missione, di dilatazione dell’opera storica del Gesù terreno, sotto l’impulso e la guida del Paraclito. Con il suo stile metaforico e denso di immagini, ma sempre efficace e incisivo, Caterina ha un bel commento per esprimere tutto ciò. In quell’opera sistematica che è il Dialogo, da lei chiamato semplicemente “Il libro”, Caterina descrive tutto il piano salvifico di Dio attraverso l’immagine e la metafora del Ponte. Siamo nella Prima delle quattro grandi Parti in cui è suddiviso il dialogo e il Padre spiega a Caterina come, interrottasi la strada che conduce al cielo con la disobbedienza di Adamo, Egli abbia inviato un ponte che collega nuovamente cielo e terra: il Verbo fatto carne, appunto, che con la sua duplice condizione (umane e divina) riannoda quel cammino di comunicazione tra Dio e l’uomo, che il peccato aveva interrotto. Con l’Ascensione il Verbo si sottrae visibilmente agli uomini, ma si rende presente con la sua azione e con la sua “virtù” mediante il soffio e il dono dello Spirito. Tutto il cammino della vita cristiana non è altro che un salire i tre gradoni di questo ponte mistico, simboleggiati per Caterina da tre parti del corpo fisico di Gesù (i piedi, il costato e la bocca) e che corrispondono ad altrettanti livelli di avanzamento o tappe di crescita nel cammino della vita cristiana (“gradi di perfezione”).

daniele aucone    fr. Daniele Aucone, O.P.Da buona domenicana, l’ultima tappa nel cammino di vita cristiana è data dalla bocca, che indica per Caterina l’assumere “l’ufficio del Verbo”, la missione di Paolo e degli apostoli (e di Domenico stesso), che consiste nel non tenere solo per sé i frutti della propria contemplazione, ma nel condividerli e comunicarli agli altri. Per Caterina è la tappa in cui l’anima esce da sé e dal proprio nascondimento, e senza perdere nulla della esperienza interiore che ha vissuto, si “mette in movimento” per annunciare anche agli altri l’esperienza del Risorto, un atteggiamento che trova la sua icona biblica nella scena degli apostoli che escono dal nascondimento e dalla paura del cenacolo, per testimoniare (sotto l’azione dello Spirito) la gioia del Risorto. Per Caterina l’immagine della bocca non vuole essere allusione a un’azione di evangelizzazione svolta solo con la parola o la comunicazione verbale, ma rimanda a un’esperienza integrale che coincide con la testimonianza stessa della qualità di vita cristiana di colui che è chiamato ad annunciare. La bocca indica anche la preghiera di intercessione e di domanda che porta continuamente dinanzi a Dio le persone e le situazioni con cui il ministro entra in contatto (“dolci e amorosi desideri per la salute delle anime”, dice Caterina al n. 76 del Dialogo, con un’espressione piena di risonanze e cariche emotive dell’esperienza e della preghiera stessa di Domenico). Infine la bocca indica la pace, perché “è sulla bocca che si riceve la pace”, dice Caterina, forse alludendo a quel bacio della pace o “bacio santo”, che nell’antichità si scambiava sulla bocca. La pace è quella profonda unità o armonia interiore che sperimenta la persona che ha raggiunto questo stadio; è quella pace profonda e non semplicemente esteriore che il Risorto dona a chi vive in comunione con Lui nello Spirito, quella pace “non come la dà il mondo” di cui ci ha parlato il Vangelo di oggi (Gv 14,27).

E c’è un episodio nella vita di Caterina (tra i tanti che si potrebbero citare) che suona come un bel commento “esistenziale” a questo brano del Vangelo che abbiamo ascoltato. È quello del suo primo incontro con Stefano di Corrado Maconi, che diventerà suo grande amico (la accompagnerà nella duplice spedizione avignonese) e discepolo prediletto (si farà religioso nell’Ordine dei Certosini), e che ricorderà poi personalmente questo fatto durante il Processo Castellano. Siamo nel 1376 e la Siena di quel tempo vede un conflitto aspro tra le due famiglie dei Tolomei e Rinaldini da una parte, e quella dei Maconi, dall’altra. Il giovane Stefano, a quel tempo nient’affatto mite e remissivo, ma di temperamento piuttosto bellicoso e pronto a gettarsi personalmente nella contesa, si rivolge a Caterina per ottenere una mediazione e un tentativo di riconciliazione tra le parti in conflitto. E Caterina accetta di prendere su di sé il “peso” di questa situazione, ma allo stesso tempo guardando anche più integralmente alla condizione stessa del suo giovane richiedente, augura al giovane amico “un’ottima pace”, che allude a una pacificazione interiore, del cuore, e che sembrano quasi il commento più pieno e appropriato per quelle parole di Gesù che abbiamo ascoltato. E da quel momento in poi non solo le due famiglie in lotta saranno riconciliate, ma il giovane Maconi inizierà a frequentare assiduamente la cella di Caterina, trovando grande giovamento e sollievo personale da quella frequentazione, e arrivando addirittura a esprimere come più grande desiderio quello di non essere mai più separato dalla sua amatissima mamma. È quell’azione di evangelizzazione che si rivolge non solo a gruppi o a collettività indifferenziate, ma che va “da persona a persona” come ha ricordato papa Francesco (Evangelii Gaudium n.127) quell’evangelizzare con Spirito (cioè quasi per attrazione e per contagio), a cui tutta la Chiesa è chiamata.

Ed è questo ciò che vogliamo chiedere anche noi a Caterina in questa celebrazione, noi che condividiamo con lei la comune vocazione battesimale, e (come frati) quella più specificamente domenicana, che interceda perché possiamo assumere anche noi l’ufficio della bocca in questo triplice senso in cui ce o ha indicato: vivere di questa pace profonda che è la presenza dello Spirito nella nostra vita; ascoltare le domande e le aspirazioni di coloro che incontriamo, al di là della loro capacità di esprimerle o formularle consapevolmente; accompagnare fraternamente il loro cammino di crescita della vita in Cristo. Amen.

fr. Daniele Aucone, O.P.

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