S. Caterina nella Presentazione di Gesù Bambino al Tempio di Pier Dandini
Se c’è una persona esterna alla Santa Famiglia , che ha avuto il privilegio di prendere tra le braccia Gesù Bambino, quaranta giorni dopo la sua nascita, questi è certamente il vecchio profeta Simeone. Tanti Santi, ovviamente in visione, hanno avuto via via questo singolare privilegio. Mi viene in mente per esempio Santa Angela da Foligno (1248 – 1309) mentre era in estasi godeva di avere tra le sue braccia il Bambin Gesù e disse per noi queste parole: “Chi non mi avrà conosciuto da piccolo, non mi conoscerà da grande”. Santa Caterina ebbe questo celeste privilegio la notte di Natale del 1370. Le apparve la Beata Vergine Maria nella sua cella e le consegnò tra le sue braccia Gesù Bambino. Questo episodio è visibile nella cella della Santa, grazie al ciclo di affreschi del Franchi (1898). Caterina è innamoratissima del Divino Infante e lo contempla secondo i Vangeli dell’infanzia di Luca, nei suoi vari passaggi. Nel Dialogo della Divina Provvidenza al cap. 151 la Santa fa espressamente riferimento al presepe. “E se tu il vuogli vedere umiliato e in grande povertà, raguarda Dio essere fatto uomo, vestito della viltà de l’umanità vostra”.
E’ l’Eterno Padre che parla con la Santa. “tu vedi questo dolce e amoroso Verbo nascere in una stalla, essendo Maria in cammino, per mostrare a voi viandanti che voi dovete sempre rinascere nella stalla del cognoscimento di voi, dove troverete nato me, per grazia. Dentro nell’anima vostra. Tu il vedi stare in mezzo degli animali, in tanta povertà che Maria non à con che ricoprirlo. Ma essendo tempo di freddo, col fiato de l’animale, e col fieno ricoprendolo, sì riscaldava. Essendo Fuoco di carità vuole sostenere freddo nell’umanità sua”.
Santa Caterina considera altresì la circoncisione di Gesù, otto giorni dopo la nascita, ma non parla espressamente dell’episodio di cui stiamo trattando. Nelle Orazioni, c’è n’è una, precisamente la XIV, che s’ispira proprio a tale festività. La nostra, usa un immagine, quella dell’anello di carne, che sembra esclusiva della senese. Scrivendo alla Regina di Napoli dice: “Sposa fu fatta la creatura razionale quando Dio prese la natura umana. O dolcissimo amore Gesù, in segno che tu l’avevi presa per sposa, in capo degli otto dì tu le donasti l’anello della dolcissima e santissima mano tua, nel tempo della santa Circoncisione. Così sapete voi, venerabile madre mia, che in capo degli otto dì, si levò tanta carne quanta è un cerchio d’anello; e cominciò a pagarci l’arra, per darci pienamente speranza del pagamento, il quale ricevemmo in sul legno della santissima Croce, quando questo Sposo, Agnello immacolato fu svenato, e da ogni parte versò abbondanzia di sangue, col quale lavò le immondizie e peccati della sposa sua, cioè l’umana generazione”. (L.143)
Qui possiamo notare, come nella Mistica senese si compie quanto disse Angela da Foligno! Ma per capire la presenza di Santa Caterina nella tela del Dandini, dobbiamo fare un passo in avanti. Uno dei Biografi più celebri del XIX secolo di S. Caterina fu il Cardinal Alfonso Capecelatro, il quale scriveva:
“La mistica teologia, che venne con tanta pietà e tanto frutto coltivata dalla Benincasa, fu in gran parte cagione del risorgimento delle arti belle e della luce che vennero diffondendo nel bel paese… Sullo scorcio di quel medesimo secolo in cui fiorì Caterina, il sodalizio Domenicano dette all’Italia il Beato Giovanni Angelico (1400 – 1455) di Fiesole. Certamente l’Angelico recepisce il messaggio cateriniano da giovane e si pone sulla scia della riforma dei Conventi di San Marco e di San Domenico di Fiesole, riforma ispirata proprio da Santa Caterina e messa poi in atto dal Beato Raimondo da Capua. Tra le tante immagini dipinte dal Beato Angelico, spicca anche l’episodio della Presentazione al Tempio e della purificazione di Maria e viene rappresentato dall’Angelico sia nella cella n.10 del convento fiorentino di San Marco, che nell’Armadio degli argenti. L’opera che prendiamo in considerazione adesso di Pier Dandini (1646–1712) è l’opera di un fiorentino, che certamente conosce le opere dell’Angelico e conosce la storia di San Marco.
La tela in questione vede raffigurata la scena della Presentazione al Tempio, con San Giuseppe meravigliato, colmo di stupore per quanto si diceva del neonato Gesù, la Madonna in ginocchio nell’atto di offrire due colombi, che come dice San Massimo Confessore: annunciano la santità che fiorisce dall’alto e l’amore al nascondimento. Il Sacerdote col Bambino Divino tra le braccia tutto trepidante è visibilmente trasfigurato per l’evento che sta vivendo. Il vecchio Simeone più vivo che mai, curvo come un arco, brandisce nella sua mano un cero acceso, chiara allusione al compimento delle profezie: “Cristo luce per illuminare le genti” ma anche manifesta allusione alla festa della Candelora, cara ai Domenicani. La Profetessa Anna di Aser a mani giunte riconosce nel Pargolo il Messia. Gli sguardi di tutti, convergono verso il Bambino che è al centro della scena. In disparte sulla destra, Santa Caterina anch’essa in ginocchio, assiste devotamente assorta, alla sacra rappresentazione, con gli occhi bassi, facilmente riconoscibile per la veste delle mantellate domenicane, le stigmate fiammeggianti, di fuoco , di luce. Finalmente in quel periodo, le stigmate potevano essere effigiate, giacché il Papa Urbano VIII (1623 – 1644) ebbe il merito di concludere la controversia delle stigmate, era il 16 febbraio del 1630.
Abbiamo poi la corona di spine, segno eloquente della conformità di Santa Caterina alla passione di Cristo e infine il giglio simbolo di purezza della Sposa di Cristo Sposo. La presentazione di Gesù Bambino al Tempio, chiude di fatto il tempo di Natale e apre al tempo della Pasqua. Santa Caterina, con la sua presenza “beata e dolorosa” sembra portare in sé, tutto ciò. Attualmente la bella “sacra rappresentazione” della Presentazione al Tempio di Gesù Bambino, si conserva nel Convento di San Domenico a Siena. La tela però, proviene dal Convento domenicano dei Santi Jacopo e Lucia in San Miniato (Pisa). Convento quello di San Miniato che fin dal 1508 passò, come anche altri Conventi, alla Congregazione riformata di San Marco. La Presentazione di Gesù Bambino al Tempio è sempre stato un tema particolarmente significativo per i Domenicani in generale e per i frati di San Marco in particolare.
La festa, che ricorre il 2 febbraio, era solennemente celebrata nei conventi domenicani, con processioni con le candele nel chiostro e in chiesa e con una Messa solenne. Questa particolare devozione sottolineava il desiderio dei Domenicani di imitare nella propria vocazione personale la donazione di Gesù stesso al Padre. San Marco era inoltre sede di un’associazione giovanile dedicata alla Presentazione al tempio. Pertanto, un’opera tanto importante quanto particolare, per ovvi motivi possiamo azzardare nel dire che fu commissionata dai Frati Domenicani.
fr. Alfredo Scarciglia, O.P.