DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

“Amerai il prossimo tuo come te stesso"

La relazione con se stessi è un tema centrale per Gesù. Ne parla in varie circostanze cruciali della sua predicazione. Di quale “sé” si tratta?

Parlando della sequela, Gesù distingue fortemente tra due tipi di “se stessi”: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9,23-25) Gesù parla di due “se stessi” diversi: uno da rinnegare, l’altro da trovare e da salvare. In che cosa si distinguono questi due “se stessi”? Gesù pronuncia la parola dei “due se stessi” nel Vangelo di Luca tra il primo annuncio della sua passione, morte e risurrezione e della sua trasfigurazione sul monte. Perciò questi due “se stessi” del discepolo si possono intendere nella luce pasquale. 

Capita che non sempre si nutra una percezione di se stessi che corrisponde alla propria dignità, al proprio vero essere che si riceve costantemente da Dio. Paolo definisce questo “sé erroneo” con l'espressione “l’uomo vecchio” che perciò ha il diritto e il dovere di morire, di essere rinnegato. In questa luce Gesù invita a rinnegare il falso se stesso, un se immaginario, che in realtà mi pone a distanza da me stesso e da lui. E’ il sé di ogni essere umano del quale Gesù si occupa in croce e in ogni istante nel suo corpo glorioso crocifisso.

Allo stesso momento invita a trovare e a salvare se stesso. Il “sé da trovare e da salvare” sarebbe nel contesto citato il “sé trasfigurabile” che Pietro, Giacomo e Giovanni avrebbero visto poco dopo in Gesù trasfigurato. Il nostro corpo, la nostra anima, la nostra psiche, le nostre inclinazioni, i nostri interessi e la nostra indole genuina sono chiamati ad essere trasfigurati in Cristo. Di questo “sé trasfigurabile” Gesù ha iniziato la promozione nella sua risurrezione e ne cura la realizzazione nella sua Chiesa e con il progresso delle civiltà.

christian steinerfr. Christian-M. Steiner, O.P.Nei vangeli troviamo altri passi che mettono in risalto la centralità della relazione con il vero “se stesso/a”. Sono passi di grandissima centralità nella predicazione di Gesù. Il primo riguarda l’accoglienza della parola di Gesù, vale a dire il modo con il quale la persona umana si apre alla rivelazione e soprattutto come possa impostare la propria vita alla luce della rivelazione: “Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono.” (Mc 4, 16-17. Passi paralleli: Mt 13,18-23; Lc 8, 11-15). Le persone che non hanno radici in se stesse dipendono troppo dal giudizio degli altri, non hanno né una propria visione del mondo né un proprio progetto di vita. Perciò sono troppo esposte a quanto altri dicono loro, o di loro, e cambiano facilmente modo di pensare, di volere, di parlare e di comportarsi secondo le emozioni che gli suscitano le circostanze della vita.

Invece Gesù ha al cuore, intensamente e costantemente, la nostra libertà relazionale e di giudizio: “perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” (Lc 12, 51-57). Questa libertà di pensiero e di giudizio – frutto di una ricca relazione con se stessi - è premessa e principio indispensabili per l’adesione amorosa al suo rivelarsi nella storia.

Quanto vale per il radicare se stesso nella rivelazione di Gesù è altrettanto fondamentale per la realizzazione della propria vita secondo la rivelazione che il brano del Vangelo di oggi ci mette davanti ai nostri occhi: “«Qual è il primo di tutti i comandamenti?» Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi»” (Mc 12, 28b-31). Di nuovo si tratta di un aspetto centralissimo dell’adesione alla rivelazione, alla sua adesione piena e definitiva: la vita eterna. Secondo Gesù non si può né accogliere bene la sua parola, né entrare nella vita eterna senza essere radicati in se stessi, senza amarsi, “senza giudicare da se stessi ciò che è giusto”.

Il doppio comandamento dona luce ulteriore alla relazione con noi stessi: solo chi ama Dio con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutte le forze può amare se stesso! Oppure: solo se comincio ad amare me stesso inizio a credere veramente che Dio mi ama con tutto il suo cuore, con tutta la sua mente e con tutta la sua forza.

fr. Christian-M. Steiner, O.P.

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