La compassione in San Domenico
“In Compassione praecipuus” scrive il beato Giordano. San Domenico era insigne nella compassione. La compassione è l’espressione più pura ed elevata della Carità Cristiana che ci conforma al Signore: è misericordia. Questa virtù che mostra di avere in maniera eminente e singolare è coltivata nella preghiera e diventa la fonte, nel suo zelo Apostolico.
Il beato Giordano mostra che la compassione in san Domenico aveva radici profonde nella sua famiglia: la beata Giovanna viene descritta come una donna piena di compassione verso gli infelici e gli afflitti. San Domenico era misericordioso quanto lei. Sant’Agostino, insegna che la compassione “non è altro che la partecipazione del nostro sentimento alla infelicità degli altri perché con essa, se ci è possibile, siamo spinti ad andare loro incontro” (De Civitate Dei, Libro nono, cap.5)”; essa spinge ad agire e questo è l’atteggiamento che più contraddistingue san Domenico ed è la base dove scaturisce la preghiera e il suo zelo per le anime: con il suo cuore buono amava tutti e come scrive il beato Giordano “poiché amava tutti da tutti era amato”.
In questo san Domenico impegnava tutto se stesso, il suo amore non era solo affettivo ma effettivo, era un’oblazione; egli si donava completamente, come nostro Signore Gesù Cristo. È noto l’episodio di Palencia dove giovane studente universitario, l’Apostolico Padre, intensamente commosso dalla gente che moriva di fame, bruciante di compassione, vende i suoi libri, non il superfluo, ma tutto ciò che più gli serviva e il guadagnato lo dona ai poveri. Il suo fulgido esempio, contagiò studenti e professori ad essere più generosi nell’elargire elemosine. Nel commentare tale episodio, il padre Quillici, paragona il giovane san Domenico, con i debiti distinguo, al giovane ricco del Vangelo che “va incontro al Signore, vuole ottenere la vita eterna, già mette in pratica i comandamenti e quando sente interiormente l’ordine di vendere tutti i suoi beni, lui lo fa. Lo fa spontaneamente poiché c’è reale urgenza. San Domenico fa ciò che un uomo può fare ma che pochi fanno: dona ciò che ha. Non cerca di risolvere tutti i problemi della fame nel mondo, fa ciò che può”. San Domenico, continua il padre Quillici: “non è un sentimentale, ma un uomo di cuore”, e mi viene da aggiungere, un uomo che nella sua vita ha cercato di assomigliare a Dio, come insegna san Basilio Magno: «Con la misericordia verso il prossimo tu assomigli a Dio».
Vengono raccontati due episodi, dove san Domenico, spinto dalla compassione non disdegna di dare la propria vita come schiavo per liberare il prossimo. La prima volta avvenne nel 1195 per liberare un prigioniero dei saraceni; la seconda volta durante l’apostolato a Tolosa, per rendere possibile a un povero di ritornare alla fede cattolica. In entrambe i casi questo non avvenne. San Domenico: «non doveva vendersi per riscattare la vita mortale del prossimo, bensì consacrare tutte le sue energie perché la redenzione compiuta da Gesù raggiungesse tutti gli uomini» (Pietro Calò, la “Legenda” di san Domenico).
Lo zelo apostolico per le anime è in san Domenico il punto sul quale confluiscono sia il suo carattere sincero, fermo e compassionevole, che la sua preghiera intensa. Dinanzi alla gente ingannata dall’errore sente compassione per il misero stato in cui si trovavano. Ciò che suscita questo sentimento è quella carenza spirituale di fede che vede in questa povera gente. Dinanzi all’oste eretico la cui eresia aveva privato della retta fede, la sua grande compassione frutto della carità, lo porta non solo a digiunare dopo un lungo e faticoso viaggio, ma anche a rinunciare al riposo notturno pur di conquistare quell’anima a Dio. E così avverrà: la porterà alla fede.
Si potrebbero citare tanti episodi… Da come si può vedere, san Domenico aveva una compassione vera, umile e sincera che si mette al servizio, come Gesù. Meditando la sua vita virtuosa, appare evidente come la Parola (il Verbo) di Dio da lui ascoltata, accolta nel suo docile cuore e contemplata, si è incarnata in lui al punto tale da conformarlo sempre di più a essa: «Egli prese l’ufficio del Verbo unigenito mio figliolo. Nel mondo pareva un apostolo, con tanta verità e lume seminava la parola mia, levando le tenebre e donando la luce. Egli fu un lume, che io porsi al mondo per mezzo di Maria» (Santa Caterina da Siena, Il Dialogo, cap. CLVIII).
Questa forte compassione, come scrive il beato Giordano, frutto di una singolare grazia concessagli da Dio, la nutriva per tutti: poveri, afflitti, coloro che la miseria aveva portato al peccato, fratelli in errore; in particolare gli eretici ecc... nessuno escluso. Nel suo immenso amore per tutti, non serbava né risentimento e né rancore per nessuno. Con il suo cuore pietoso, acceso d’amore, da quell’amore che è Dio (cfr. Gv 4, 16) amava tutti e come scrive il beato Giordano “poiché amava tutti da tutti era amato”.
“Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (Gv 4,16)
fr. Domenico M. Vendemmiati, O.P.