E' un po' come i nonni che ci raccontano una storia
Penso che ognuno di noi, fin da bambino, abbia spesso spronato i propri nonni o i propri genitori affinché gli raccontassero un qualche curioso episodio o qualche avvenimento di rilievo, accaduto nel corso della loro vita; e noi, attenti, li ascoltavamo come se fossero dei veri e propri storici! Un qualcosa di simile dovette accadere anche al primo successore di San Domenico, il Beato Giordano di Sassonia, il quale, accogliendo le richieste dei frati che domandavano qualche ‘notizia in più’ sul loro Santo Fondatore e sulla storia dell’Ordine, li raggiunse tutti attraverso un breve scritto, inviato sotto forma di epistola, cui più tardi sarà dato il titolo di ‘Libellus de initio Ordinis Fratrum Prædicatorum’.
Ma fra Giordano non scrive una cronistoria della vita del Santo e dei primi passi dell’Ordine: forse sarebbe stato poco producente; quanto individua i momenti salienti dell’uno e dell’altro, e difatti leggendo il ‘libellus’, se ne percepisce l’impianto storico, ma anche didascalico-morale.
Dietro ogni fatterello narrato si cela un mònito, un invito a ripensare sé stessi: pochissimo, ad esempio, si sofferma sulla biografia dei personaggi, molto, invece, sul loro stile di vita, e non manca di farne notare le virtù.
È chiaro che il cuore della narrazione è San Domenico: un uomo, la cui statura morale e la santità non attese a coltivarla – magari – subito dopo la ‘fondazione’ dell’Ordine come pretesto per effimere glorie, semmai la coltivò da sempre, fin da giovane, da quando fu studente di teologia e poi canonico di Osma, prima di diventare “apostolo del Cristo”. Di quell’uomo “tutto evangelico”, dunque, sostanzialmente non resta che esercitare le sue stesse virtù; primi fra tutte il dono delle lacrime e la compassione: le lacrime del Santo profuse per la sua compassione per gli uomini, e le lacrime degli uomini del nostro tempo (ateismo, relativismo, i mali dell’attuale società…) raccolte dalla compassione di San Domenico! Perché questo legame lacrime-compassione? Per l’amore, la dedizione, la sollecitudine del Santo verso i peccatori, e che sempre raccomandava a Dio: «Che ne sarà dei peccatori?», meditando sicuramente le parole della preghiera di Gesù al Padre prima della sua passione: «…voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io» (Gv 17,24). Ecco l’apostolicità del Santo, che, mosso dal suo zelo per la salvezza delle anime, ha portato Dio agli uomini e gli uomini li ha ricondotti a Dio, che ha avuto come programma di vita il ‘comando’ divino: «Andate e annunciate… affinché nessuno si perda di quelli che mi hai dato».
Ma fra Giordano ci offre anche un ritratto ‘umano’ di San Domenico: non tanto come circonfuso di glorie terrene o come distaccato da tutti; d’altronde, chi sono i Santi se non uomini come noi con pregi e difetti, che hanno trascorso una vita terrena, durante la quale – come tutti – hanno praticato ciò che offre la vita quotidiana? E se il beato Giordano annota che San Domenico «usava vestiti di poco valore… s’accontentava volentieri di un semplice e unico piatto… beveva vino ma annacquato» o riporta la curiosa ‘confessione’ del Santo, in punto di morte, di aver preferito in vita «parlare con delle donne giovani che non nel conversare con delle vecchie» (minuzie all’apparenza poco sostanziali per il discorso), lo fa perché vuol far intendere tra le righe che per essere Santi, non occorre fare grandi prodigi o chissà quali grandi opere; basta vivere la vita nell’oggi che il Signore ci offre, affidandoci completamente a Dio e mettendo tutte le nostre intenzioni nelle Sue mani. Non si può non parlare di San Domenico senza ricordare la Madonna, che occupa un posto di riguardo nel cuore del Santo e di tutto l’Ordine, mostrandosi – come recitiamo nel prefazio – ‘segno di consolazione e di sicura speranza’: interviene, infatti, per guarire fra Reginaldo e per mostrargli «l’abito intero» di cui lo scapolare, convertito da semplice accessorio a parte integrante dell’abito stesso, ne rappresenta il segno di appartenenza al suo cuore di Madre, la quale accoglie e protegge l’intera famiglia domenicana sotto il suo Manto.
Colui il quale una falsa storiografia l’ha additato come “il Santo dell’Inquisizione” alludendo a fuoco, brace, streghe e terrore, ebbene, questo Santo (che tra le altre non vide mai l’Inquisizione) fu ed è tutt’altro: un vero “padre” per i suoi figli e un fulgido esempio di santità. In una nota di commento al ‘libellus’, ho letto il fatto tanto curioso quanto amorevole che San Domenico la notte, senza far rumore, visitava i frati, ricoprendo quelli che avesse trovati scoperti, e poi tornava in chiesa riprendendo a pregare. Ecco! Mi piace immaginarlo proprio così: che, senza far rumore, visita anche noi, nelle nostre tribolazioni e nella nostra indigenza, ricoprendoci nuovamente con la consolazione di Dio e della Madonna a cui era tanto devoto e tutto a Lei consacrato, infondendoci coraggio a riprendere la strada verso la santità, sicuri delle sue incessanti preghiere presso Dio.
Giovanni Ferro
Postulante Domenicano