La concretezza dei loro volti
Si fa un gran parlare in questi giorni, del problema dell’immigrazione. Si discute sul da farsi, se respingerli o accoglierli, e se accoglierli allora come e dove. Nei tanti titoli di testate giornalistiche, da quelle locali a quelle internazionali, si legge sempre questa parola: “immigrati”. Immigrato è uno di quei termini che nella nostra mente ormai ha subito un processo di “scollamento” tra significato e significante. Questo purtroppo ci conduce ad un rischio enorme. Quello del cattivo, o quanto meno parziale giudizio di una situazione, che in questo caso specifico vale la vita di tanti uomini e donne.
Infatti è sulla vita di uomini e donne concreti che si sta giocando a questo gioco di “scarica barile” e rimando di responsabilità. Si, in altri termini, il “significante” di cui tanto e con tanta superficialità abusiamo, immigrati, cela dietro di se il viso di uomini e donne, nostri fratelli e sorelle.
Sarebbe interessante approfondire il processo psicologico che conduce a questo “scollamento”, ma in questo contesto, voglio piuttosto gettare le fondamenta per una comune riflessione su l’altro termine chiave della questione, e tanto caro a Gesù: accogliere. Gesù parla di accoglienza? In che termini, quando e rivolgendosi a chi? Tutto questo per capire quale dovrebbe essere, probabilmente, il corretto atteggiamento di un cristiano di fronte alla triste situazione che stiamo vivendo.
Nel Vangelo di Matteo 10,40 Gesù dice: "Chi accoglie voi, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato". Marco 9,37 invece riporta:"Chi accoglie uno di tali bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato". In Luca 10,16 infine ne leggiamo il rovescio della medaglia:"Chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me; ma chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato".
Questi sono solo alcuni degli interventi di Gesù sulla tematica dell’accoglienza. Ciò che mi interessa è far notare, a partire da questi tralci attinti dai sinottici, quel movimento costante in tutti e tre i versetti: si accoglie o respinge “qualcuno” per accogliere o respingere Gesù e quindi, afferma lo stesso Cristo, accogliere o respingere Dio Padre. Aggiungo io, accogliere o respingere colui al quale l’essere umano tende e per il quale il cristiano cerca di impegnarsi in una vita virtuosa.
La seconda questione o provocazione è la seguente. Per una volta, leggendo i suddetti passi, non caliamoci, come verrebbe naturale fare durante una lettura primaria, nei panni del profeta, discepolo, bambino che rischia di essere respinto. Vestiamo piuttosto i panni di quelle persone che sono chiamate a decidere se accogliere o meno i profeti, discepoli e bambini! Quale posizione vogliamo prendere? Riflettiamo su un enorme rischio che questa volta mette in gioco la nostra di vita, quella eterna: è il rischio della incoerenza che potrebbe meritarci quell’"essere vomitati dalla Sua bocca”, come ci dice il libro dell’Apocalisse 3,16 perché non siamo né caldo né freddo, ma tiepidi! L’incoerenza di chi osa professarsi cristiano e magari migliore di altri, per qualche preghiera detta. Ma “guai a voi…sepolcri imbiancati” ci viene detto da Matteo 23,27, perché la vostra superbia e la vostra ipocrisia vi ha resi cechi, e non riconoscete il Messia che per noi oggi veste i panni dell’affamato, dell’assetato, del forestiero, dell’ignudo, malato e carcerato, come continua a narrarci Matteo 25,34.
fr. Domenico Sprecacenere, O.P.