E Dio che fa... dorme?
La barca sta per affondare e Gesù dorme. Il mondo geme con le vene aperte, lotta contro la malattia e la disperazione e Dio dorme. L’angoscia lo contesta: Non ti importa niente di noi? Perché dormi? Svegliati! I Salmi traboccano di questo grido, lo urla Giobbe, lo ripetono gli apostoli nella paura. Poche cose sono bibliche come questa lite con Dio, che nasce dalla passione per la vita, dall’arroganza di un amore che non accetta di finire. Perché avete così tanta paura? C’è tanto da attraversare, tanta paura motivata. Ma troppo spesso la religione si è ridotta a una gestione della paura. Dio non vuole entrare in questo gioco.
Egli non è estraneo e non dorme, sta nel riflesso più profondo delle tue lacrime. Sta nelle braccia dei marinai forti sui remi, sta nella presa sicura del timoniere, nelle mani che svuotano l’acqua, che sono le chiacchiere e le verità più assurde; sta negli occhi che scrutano la riva, che forzano il venire dell’aurora. Dio è presente, ma non come vorrei io, bensì come vuole lui: è sulla mia barca e vuole salvarmi, ma insieme a tutta la mia libertà.
Non interviene al posto mio ma insieme a me; non mi esenta dalla tempesta ma mi precede, come il pastore nella valle oscura. È la nostra fede bambina che ha bisogno più di miracoli che non di presenza. Vorrei che non sorgessero mai tempeste e invece la morte è allevata dentro di noi con il nostro stesso respiro il nostro stesso sangue. Vorrei che il Signore gridasse subito all’uragano: Taci, che rimproverasse subito le onde: Calmatevi, e che alla mia angoscia ripetesse: È finita. Vorrei essere esentato dalla lotta, e invece Dio risponde dandomi forza, tanta forza quanta ne basta per il primo colpo di remo, tanta luce quanta ne serve al primo passo. Come granello di senape nel buio della terra, così Dio è nel cuore oscuro della tempesta in un apparente sonno. Come chicco di grano nel buio della terra, come un granello di fiducia, di forza, di luce, così Dio germoglia e cresce nel cuore dell’ombra.
Non ti importa che moriamo? È la domanda disperata dei discepoli. È la mia, la nostra domanda di credenti in viaggio. La risposta è senza parole, ma ha la voce forte dei: “Mi importa di te, mi importa la tua vita, tu sei importante”. Mi importano i passeri del cielo e tu vali più di molti passeri; mi importano i gigli del campo e tu sei più bello di loro. Tu mi importi al punto che ti ho contato i capelli in capo e tutta la paura che porti nel cuore. E sono qui a farmi argine e confine alla tua paura. Mi troverai dentro di essa, nel riflesso più profondo delle tue lacrime.
Signore, è dura per me navigare il mare della mia storia... sognavo acque tranquille, giornate assolate, il fluire di eventi abbordabili alle mie forze... e invece mi trovo a lottare contro la furia del vento e le urla di acque irruenti. Una sorta di disperazione mi spinge a cercarti e la tua pacatezza m’infastidisce, la tua apparente indifferenza m’innervosisce. Non ti importa nulla di me? Di quello che mi accade? Io ho bisogno e tu dormi... Cosa fai per me? Ma tu sei già qui. Sono io che non me ne accorgo. Finché non ti sveglio, tu mi lasci libero di fare... La mia vita cambia se la vivo con te. Oppure voglio continuare a navigare tra le urla di tempesta e onde burrascose? Che io non smetta di cercarti, Gesù, nel fondo della mia esperienza umana, anche là dove mi è sembrato tu non ci fossi, forse dormivi, e io non ti ho svegliato...
fr. Alberto Viganò, O.P.