Essere "contemporanei" come S. Domenico
Abbiamo appena celebrato la festa del nostro Fondatore San Domenico. In queste righe vorrei evidenziare alcuni elementi della sua personalità e del suo agire particolarmente importanti e possibilmente da ripensare in una nuova metodologia e da riattulizzare nella società e nella chiesa del nostro tempo. Domenico fu contemporaneo ai suoi contemporanei.
La stessa intenzione di formare una comunità religiosa consacrata alla predicazione non la maturò in una ricerca di carattere cerebrale o in una esperienza puramente emozionale ma lavorando faticosamente nel sud della Francia (Tolosa e vicinanze) a contatto concreto col popolo cristiano che stava vivendo una situazione di grande divisione. Potè sperimentare da un lato l’abbandono di questo popolo da parte di una chiesa (vescovi e sacerdoti) incapace per varie ragioni di spezzare il pane della Parola e di dispensare la ricchezza della vita sacramentale. D’altro lato la facile attrazione che gli eretici (catari) potevano esercitare sul popolo cristiano, pur desideroso di essere nutrito, attraverso il richiamo al vangelo e alla povertà da esso richiesta.
Domenico, aiutato dal suo Vescovo Diego sperimenta sul campo questa difficile situazione. In seguito gli viene a mancare anche il sostegno di Diego, legato a lui da stima e da amicizia fraterna, che rientra per l’ultima volta nella sua diocesi di Osma. “Per sei anni Domenico resta pressochè solo in questa regione dominata dall'eresia.Ma la sua forza spirituale è tanto grande , e tanto profonda la fede e ardente lo zelo, che non dà nessun segno di paura. Stupisce piuttosto i suoi nemici per il suo desiderio di martirio” (Domenico – la grazia della parola di Guy Bedouelle, O.P.).
Quando alcuni missionari si uniscono a lui matura l’idea di creare una comunità di apostoli che conoscano la Parola di Dio attraverso lo studio e se ne nutrano con la preghiera perché attraverso la predicazione possano rispondere alle attese del popolo di Dio. Nello stesso tempo con la formazione teologica necessaria e con la testimonianza di una vita povera possano riportare alla verità quanti hanno ceduto all’eresia. Mi domando se noi cerchiamo di essere contemporanei al nostro tempo come lo fu S. Domenico al suo tempo. Quale passione spinge noi singoli o le nostre comunità a comprendere quali sono le attese, le contraddizioni e le speranze della società in cui siamo chiamati a vivere? Le nostre comunità sono luoghi di ascolto e di accoglienza? Papa Francesco nella Lettera apostolica in occasione dell’Anno della Vita consacrata che stiamo vivendo invita i religiosi a “svegliare il mondo” dato che la caratteristica della vita è religiosa è la profezia. “Il profeta riceve da Dio la capacità di scrutare la storia nella quale vive e di interpretare gli avvenimenti: è come una sentinella che veglia durante la notte e sa quando arriva l’aurora... Conosce Dio e conosce gli uomini e le donne suoi fratelli e sorelle” (II parte, n.2).
Ad accompagnarci in questo discernimento ci deve essere la compassione che fu un distintivo che il nostro Fondatore manifestava verso le persone alle quali spezzava il pane della Parola e specialmente verso i peccatori. In questo modo saremo in sintonia con Cristo Gesù che come ci viene detto nei vangeli provava sentimenti di compassione verso una umanità sbandata e senza orizzonti di vita!
fr. Daniele Cara, O.P.