Premura pastorale per la famiglia nella Chiesa odierna e in Santa Caterina
Oggi si assiste nella società, globalmente indicata occidentale, ad un cambiamento esistenziale etico-morale profondo della famiglia, che presenta un’ampia varietà di complicate situazioni sia per l’assetto civile e sia per la Chiesa.
Si riscontrano infatti, convivenze di vario tipo e un diffuso guasto del matrimonio religioso e civile, fino alle modalità tecniche della fecondazione artificiale ecc., che implicano un difficoltoso argomento esistenziale, giuridico e religioso. Di questa problematica e differenziata condizione della convivenza familiare, Papa Francesco ha ritenuto doveroso per la Chiesa attuale doversene occupare sul piano pastorale. Per questo motivo ha indetto un Sinodo Speciale riunitosi a Roma dal cinque al diciannove ottobre 2014 per preparare delle ipotesi da valutare e poi discuterle al prossimo Sinodo Ordinario che si terrà a Roma nell’ottobre 2015, al fine di individuare le eventuali norme pastorali riguardo alla famiglia “ferita” da deviazioni diverse e dolorose.
Papa Francesco nell’omelia mattutina in Santa Marta, ci ha invitati a considerare la nostra vicinanza verso tutti, “perché – ha detto – la bontà di Dio non ha confini e non discrimina nessuno. Il regno di Dio non può essere racchiuso nei confini della nostra Chiesetta piccoletta, ma deve dilatarsi nella Chiesa spalancandole le sue frontiere a tutti gli uomini. Unica condizione per entrarvi è quella di indossare l’abito nunziale, cioè testimoniare la carità verso Dio e verso il prossimo” (L’Osservatore Romano, 13-14 ottobre 2014, p.1). Riguardo allo stato in cui versano numerose famiglie, è stato proposto che bisogna “curare le famiglie ferite, separati, divorziati, non risposati, divorziati risposati. È necessaria infatti, una dimensione nuova della pastorale familiare che sappia nutrire anche le situazioni imperfette per portarle a scelte di stabilità e responsabilità… coniugando verità e misericordia” (Cardinale Peter Erdò, Relazione Sinodale sulla famiglia, post disceptationem, in L’Osservatore Romano, ut supra, p. 4).
Al riguardo, l’Arcivescovo Bruno Forte (Segretario speciale del Sinodo), aveva già affermato, per fugare ogni arbitraria interpretazione, che “non è in discussione la dottrina, ma oggi l’urgenza è soprattutto pastorale” (Avvenire, 30 settembre 2014, p. 15). Santa Caterina, nonostante che i comportamenti e i guasti della famiglia di allora non fossero afflitti dai casi etici e religiosi di oggi, tuttavia si occupò appassionatamente per la buona conduzione della famiglia in tutti i suoi aspetti, dall’approccio (fidanzamento) per impiantare un sicuro sposalizio, all’accortezza di saper tutelare lo stato del matrimonio cristiano, all’impegno di saper mantenere l’amore reciproco, alla sana educazione dei figli. Purtroppo, dovette occuparsi anche delle ferite inflitte all’unione coniugale per via dei tradimenti e infine raccomandò alle vedove di vivere la loro condizione con vigile prudenza. Cominciando dal desiderio di sposarsi, Caterina a Monna Niera Gambacorta di Pisa che le chiedeva dei consigli riguardo al matrimonio del figlio, le risponde che il giovane e lei stessa, non ricerchino una donna ben fornita di averi e non guardino al prestigio della famiglia, badino invece che sia una ragazza di buona formazione e guardino ai suoi pregi.
Quando vostro figlio entrerà in rapporto con una tal ragazza s’impegni per giungere liberamente al matrimonio escludendo ogni altra pretesa. (cfr. Lettera, 224). Quindi Caterina indica non un matrimonio di convenienza ma un’unione fondata sui valori spirituali e sulla maturità umana. Passando a trattare della vita matrimoniale, la Santa afferma che “Dio non ci vieta di amare, anzi ci comanda di amare e lo sposo deve amarsi con la sua sposa e con i suoi figlioli, con un amore sincero, secondo Dio” (Lettera, 299), infatti, “il matrimonio esige un reciproco amore ordinato perché è un sacramento” (cfr. Lettera, 244). Raccomanda alla famiglia di evitare l’eccessivo attaccamento di un coniuge all’altro, si da farne un dio, o verso i figli o i parenti e i piaceri mondani, perché questi attaccamenti, perdendoli, procurerebbero intollerabili sofferenze (cfr. Lettera, 264). Santa Caterina si rivela particolarmente interessata alla formazione che i genitori devono ai loro figli. A Ristoro Canigiani da Firenze, scrive in modo imperativo: “voglio che educhiate la vostra famiglia nel timore di Dio” (Lettera, 301).
E così richiama Monna Pantasilea di Ranuccio Farnese: “Curate i vostri figli nelle virtù perché non basta ai genitori che li nutrino soltanto nel corpo ma anche nello spirito, anche riprendendoli e se è necessario, castigandoli per i difetti ripetuti” (cfr. Lettera, 116). Inoltre, aggiunge che i figli e non i genitori devono scegliere il proprio stato, compresa la chiamata di Dio (cfr. Lettera, 247). Anche per la situazione familiare delle vedove, Caterina indica sani consigli come evitare di imbellettarsi, di non frequentare persone che non godono di buona reputazione, piuttosto curino la riservatezza (cfr. Lettera, 166). Alla vedova Monna Tora Gambacorti, le chiede di fuggire dalle inutili chiacchiere con gente mondana, piuttosto “impegnati in azioni buone e utili: preghiera, lettura e lavori manuali” (cfr. Lettera, 262). Affronta infine, il triste argomento del guasto familiare, così a Monna Lariella Caracciolo di Napoli, rimprovera di trascurare la famiglia per adornarsi e apparire piacevole, più bella all’esterno (cfr. Lettera, 357).
Riprende duramente Messer Trincio da Foligno per la sua vita lussuriosa (cfr. Lettera, 253). A Matteo di Tommaso da Orvieto scaglia l’accusa di comportarsi come fa il porco che si rotola nel fango, guastando così il suo matrimonio (cfr. Lettera, 197). In conclusione, si riscontra che la vita familiare ha sempre incontrato delle difficoltà. Certo è che al tempo di Santa Caterina la famiglia non viveva le circostanze sociali, culturali e religiose come quelle alle quali si è giunti attualmente. Resta il fatto incoraggiante che anche oggi si è invitati, come ripete Papa Francesco, a percorrere la via che è Cristo, a rimeditare il suo misericordioso invito evangelico: “Venite dietro di me voi tutti che siete affaticati e oppressi… Io sono il Buon Pastore” (Mt. 11,28; Gv.10,11).
Fr. Lorenzo Fatichi, O.P.
Articolo tratto da "La Patrona d'Italia", n. 1 anno 2015