San Domenico: poliglotta all'occorrenza
«Mentre (san Domenico) andava a Parigi e dopo aver trascorso la notte nella Chiesa di santa Maria di Rocamadour, si associarono a lui come compagni di cammino alcuni pellegrini tedeschi, i quali, ascoltandolo recitare con il suo compagno i salmi e la litania, si unirono ad essi con devozione. Per quattro giorni li mantennero a loro carico.
Più tardi l'uomo di Dio lamentandosi, disse al suo compagno, fra Bertrando: “Sono ben consapevole che raccogliamo questi beni materiali, ma non stiamo seminando in loro i beni spirituali; chiediamo a Dio in ginocchio che ci ottenga di poterli comprendere e di poter parlare con loro in modo che possiamo annunciare loro la Parola di Dio”. Dopo aver fatto così, parlarono tedesco per quattro giorni tra lo stupore di quelli; camminando insieme predicavano a loro» - Rodrigo di Cerrato, Vita di san Domenico, 30.
Ci sono episodi della vita di san Domenico che possono essere spiragli dai quali cogliere uno stile. Vivere sulle tracce dei testimoni non significa guardare ai loro gesti come esempi pietrificati, ma implica saperne cogliere il movimento profondo, quel respiro di vita che soffia dentro e spinge a traduzioni sempre nuove.
Questo simpatico quadro di un incontro inatteso, di una accoglienza vissuta, di una incomprensione superata, ma soprattutto di una scoperta di dialogo possibile nella diversità è per noi oggi provocazione ad alcune riflessioni, nel tempo in cui popoli migrano e l’incontro con la diversità dell’altro è esperienza quotidiana. Ne indico rapidamente alcune: gli sconosciuti che nel cammino si incontrano sono innanzitutto volti concreti dei quali siamo chiamati a prenderci carico.
L’ospitalità semplice, il camminare insieme, il sostenere gli altri sconosciuti nelle loro necessità di pane, di compagnia, di riconoscimento, sono le vie prime ed essenziali per un’ospitalità che sappia allargare i tiranti della propria tenda. Ci sono linguaggi poi che non comprendiamo: forse l’attitudine più giusta è quella di chiedere a Dio abbassandosi di poter comprendere, senza la fretta di avere risposte e senza pretese di esaurire l’incontro in un conoscere che non si confronta con il tempo, con la fatica e l’incomprensione.
Forse il medesimo mettersi in ginocchio, davanti a Dio e davanti all’altro, è una via per entrare in un rapporto diverso. Parlare altre lingue: è la sfida oggi per una comunità che nella diversità dei cammini umani cerca di farsi carico della lingua dell’altro, e cerca di parlare la lingua dell’altro. Annunciare la parola di Dio oggi passa attraverso gesti di ospitalità concreta e nella condivisione di parole umane comprensibili. Il vangelo oggi come bella notizia attende traghettatori che lo sappiano scorgere già all’opera nei linguaggi diversi, e che ne sappiano dare spazio in parole comprensibili nella vita dell’altro. In un tempo segnato da attitudini di esclusione, da pretese di egemonia, da indisponibilità a comunicare, c’è da chiedersi: come possiamo rimanere aperti al “predicare camminando insieme” e allo stupore dell’impossibile?
fr. Alessandro Cortesi, O.P.