S. Caterina e una "discesa precipitevolissima"
Robert Cmpin (1378/1379 – 1444), pittore fiammingo, è l’autore dell’annunciazione di Mérode. E’ un olio su tavola, conservato nel Metropolitan Museum di New York nella sezione the Cloisters è databile al 1427. La scena dominante che si svolge all’interno di una stanza, è la classica annunciazione.
Ma ciò che più colpisce non è la genuflessione dell’Angelo bellissimo di fronte alla Vergine, né l’attenzione con cui Maria si nutre della Parola, che pure sono fondamentali. Bensì una piccola figura di bimbo, che scende dal cielo su un raggio luminoso, correndo alla velocità della luce, passando attraverso una finestra chiusa. La finestra chiusa dal vetro, è figura e rimando al concepimento verginale di Maria S.S.
La luce infatti, attraversa il vetro senza romperlo. I Santi Padri della Chiesa adoperavano un vocabolo particolare, parlavano della synkatabasi di Dio, che letteralmente vuol dire: discesa precipitevolissima. Dio che viene sulla terra vertiginosamente per liberare, precipitevolissimevolmente per incarnarsi. Se si osserva bene, infatti, poco distante dall’angelo, vi si scorge un piccolo bimbo, che regge tra le mani la croce. Ecco il vero particolare che ci interessa! L’artista col pennello, mette in modo davvero singolare sotto i nostri occhi col colore, ciò che il teologo metterebbe per iscritto con la penna; l’evento fondamentale della nostra salvezza. Quasi ferma la corsa del bambino crucifero, affinché attraverso il tempo l’uomo di tutti i tempi possa meditare su quell’istante eterno! Vediamo pertanto cosa direbbe la Santa Teodidatta di fronte a questo “ luogo teologico “ . Il 25 marzo 1379, Caterina da Siena, pronunciava questa altissima orazione, tanto alta quanto profonda per la dottrina che ne promana.
Nella preghiera nel dì dell’annunciazione così si esprimeva mentre era in estasi :” Picchiava, o Maria, alla porta tua la Deità eterna, ma se tu non avessi aperto l’uscio della volontà tua non sarebbe Dio incarnato in te. Vergognati, anima mia, vedendo che Dio oggi ha fatto parentado con te in Maria. Oggi t’è mostrato che benché tu sia fatta senza te non sarai salvata senza te; quindi, come detto è, oggi bussa Dio alla porta della volontà di Maria e aspetta che ella gli apra. O Maria, dolcissimo amore mio, in te è scritto il Verbo dal quale noi abbiamo la dottrina della vita; tu sei la tavola che ci porgi quella dottrina .Io vedo questo Verbo, non appena egli è scritto in te, non essere senza la croce del santo desiderio, ma appena egli fu concepito in te gli fu innestato ed annesso il desiderio di morire per la salute dell’uomo, per la quale egli si era incarnato; e perciò grande croce gli fu portare tanto tempo quel desiderio che egli avrebbe voluto subito si fosse adempito.” ( Orazione XI ). E’ la nostra Santa che nella sua esperienza mistica s’eleva e prega, con la ferma volontà di trascinare tutti con sé per immergere l’intera umanità nel sangue intriso di fuoco.
Nelle Orazioni che sono 26, esprime così una dottrina teocentrica. Poi ancora nel prezioso sangue del Redentore, scriveva: ” Vedendo Dio che la sua volontà non poteva compiersi a causa del peccato, costretto dall’amore pazzo che aveva per noi, mandò l’unigenito suo Figliolo a portare sul suo corpo le nostre iniquità. Onde, non appena questo Verbo fu innestato nella carne nostra nel ventre di Maria, subito lo condannò all’obbrobriosa morte della croce, ponendolo nel campo di questa vita a combattere per la sposa sua per trarla dalle mani del demonio che la possedeva come adultera.” ( L. 97 )
Io vedo questo Verbo, non appena egli è scritto in te, non essere senza la croce del santo desiderio, ma appena egli fu concepito in te gli fu innestato ed annesso il desiderio di morire per la salute dell’uomo, per la quale egli si era incarnato - S. Caterina da Siena
E’ nella Lettera 138 che Santa Caterina canta in modo mirabile il fruttuoso innesto: O innesto piacevole, Verbo incarnato –figliuolo di Dio, che traesti el vermine del vecchio peccato d’Adam, traestine el frutto salvatico, però che lo peccato commesso era l’orto nostro sì inselvatichito che veruno frutto di virtù poteva produrre che gli desse vita. O dolce fuoco d’amore, ài innestato e legato Dio ne l’uomo e l’uomo in Dio, sì e per sì fatto modo che lo infruttuoso frutto che ci dava morte è fatto buono e fruttifero, in tanto che sempre ci dà vita, se noi vorremo usare sempre la forza della ragione. Raguardate raguardate l’amore ineffabile che Dio vi porta, e la dolcezza del soave frutto dell’Agnello immacolato, el quale seme seminato nel campo dolce di Maria!
In una lettera diretta a un gran prelato, così scriveva in proposito e approfondendo maggiormente questo grande mistero : “ Signore mio dolce, quale ti fu maggiore pena, o la pena del corpo, o la pena del desiderio?” . Egli rispondeva dolce e benignamente, e diceva: “ Figliola mia, non dubitare; ché io ti fo sicura di questo: che veruna comparazione si può fare dalla cosa finita alla cosa infinita. Così ti pensa che la pena del corpo mi fu finita; ma il santo desiderio non finisce mai. Però io portai la croce del santo desiderio. E non ti ricorda, figliola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia natività, tu mi vedevi fanciullo parvolo, nato con la croce al collo? Perch’io ti fo sapere, che come io, Parola incarnata, fui seminata nel ventre di Maria, mi si cominciò la croce del desiderio ch’io avevo di fare l’obbedienzia del Padre mio e d’adempire la sua volontà nell’uomo; cioè, che l’uomo fusse restituito a Grazia, e ricevesse il fine pel quale egli fu creato .Questa croce m’era maggiore pena che veruna altra pena ch’io portassi mai corporalmente. E però lo spirito mio esultò con grandissima letizia, quando mi vidi condotto all’ultimo; e specialmente nella cena del Giovedì santo. E però dissi: con desiderio ho desiderato di fare questa Pasqua; cioè di fare sacrificio del corpo mio al Padre. ( L. 16 )
Per concludere, l’Artista ha saputo mettere magistralmente in evidenza, l’inizio del mistero della nostra salvezza, attraverso l’incarnazione del Figlio di Dio e nello stesso tempo, ha saputo eliminare le distanze facendo così già pregustare visivamente la Pasqua della nostra redenzione.
fr. Alfredo Scarciglia, O.P.