DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Caterina, il gregge e...

caterinasiena1Sono rimasto molto colpito dall’espressione di papa Francesco durante la messa crismale di un anno fa quando, parlando al clero di Roma, li ha invitati ad essere pastori che hanno l’odore delle pecore! Quella che a prima vista può sembrare un’espressione poetica o romantica, in ogni caso eloquente nell’invitare i sacerdoti ad essere vicini alle persone alle quali sono mandati, a pensarci bene tanto poetica o romantica non è!

Riflettendoci bene, pensando all’odore delle pecore, delle pecore vere, e ve lo dice chi viene da una regione dove le pecore non mancano, ce ne sono sei volte tanto rispetto agli abitanti, è tutt’altro che qualcosa di gradevole. L’odore del pastore che ha trascorso la giornata con le sue pecore non ha nulla di romantico. Anzi, spesso è nauseabondo.

Il pastore, soprattutto il pastore delle pecore da latte, non ha mai vacanze ! Non può dire alle sue pecore : dai, per favore, non producete latte per una settimana perché devo riposare. No, il gregge è dipendente dal suo pastore. Le pecore possono ammalarsi e morire se non vengono munte, e ci sono dei momenti durante l’anno in cui questo va fatto 2 volte al giorno. La relazione tra il pastore e le sue pecore è forte, costante e necessaria.

Il pastore deve fare attenzione alle sue pecore non solo a causa dei pericoli, del lupo per esempio, o di qualche altra minaccia, ma deve essergli vicino costantemente. Quando il papa diceva: il pastore deve essere impregnato dell’odore delle pecore non significa solo che deve passare un po’ più di tempo col suo gregge, ma che deve donare la sua vita per il gregge, impregnandosi della loro vita. Attraverso la sua vita il pastore deve far trasparire che è interamente immerso nell’esistenza delle sue pecore. Certo il papa, quando il giovedì santo parlava dei pastori si riferiva in modo particolare ai sacerdoti che sono chiamati da Dio in modo speciale ad essere dei buoni pastori come Cristo è stato buon pastore. Il Vangelo di oggi ci descrive questo buon pastore, Il brano evangelico ci parla dell’immagine del buon pastore Gesù come di colui che cura il suo gregge, conosce la voce delle sue pecore, e le pecore conoscono e l’ascoltano. Gesù buon pastore non permette mai che nessuna delle sue pecorelle si perda e muore. E il buon pastore si è fatto crocifiggere, ha donato totalmente la sua vita perché le sue pecorelle non muoiano. Per dirla con santa Caterina, si è fatto agnello svenato! Si è fatto agnello, come le sue pecorelle e si è lasciato svenare su una croce.

Ma se è vero che quando si pensa al pastore immediatamente ci si riferisce a chi ha una guida d’anime, sarebbe troppo stretto che il buon pastore sia un esempio solo per i sacerdoti.

Il pastore che vuole essere immagine del buon pastore è questo esempio che deve seguire. Sempre Caterina, nelle sue tante lettere che scrive a pastori, siano essi papi, vescovi o sacerdoti, lo affermava continuamente. Scrivendo all’abate di sant’Antimo dirà: la vostra figliuola indegna, Catarina […] si raccomanda; con desiderio di vedervi bagnato, e affogato nel sangue del Figliolo di Dio, il quale sangue ci farà parere ogni amaritudine dolce, e ogni grande peso leggiero, e faravvi seguitare le vestigie di Cristo. Il quale disse che era pastore buono, il quale poneva la vita per le pecorelle sue. E così desidera l’anima mia di vedere voi, padre; cioè che voi siate vero pastore, perduto ad ogni amor proprio di voi medesimo; e con desiderio virile abbiate e teniate l’occhio fisso, che non si serri mai a ragguardare l’onore di Dio e la salute dell’anime. Fate, fate buona guardia, sicchè il dimonio non involi le pecorelle vostre.

Ma se è vero che quando si pensa al pastore immediatamente ci si riferisce a chi ha una guida d’anime, sarebbe troppo stretto che il buon pastore sia un esempio solo per i sacerdoti. Il pastore, per vocazione, deve conformarsi alla docilità e al coraggio del buon pastore che è Gesù, ma in un senso più largo ognuno di noi, come battezzato, ha ricevuto la vocazione ad essere il pastore di suo fratello ! Quando Caino dice a Dio  a proposito del fratello Abele : « sono forse il custode di mio fratello » la nostra risposta, con la nostra vita, deve essere si ! Si, noi siamo i custodi di nostro fratello ! E l’esempio di cosa significhi essere guardiani e di come farlo, ce lo da il buon pastore : il buon pastore ci invita a prenderci cura della vita terrena e della vita eterna del nostro fratello. Dobbiamo creare per noi e per i nostri fratelli delle condizioni buone sulla vita terrena perché si desideri, con dignità la vita eterna. D’altronde il nostro modo di amare Dio può riconoscersi solo dal nostro modo di amare il prossimo e di saperlo accogliere … anche quando il nostro prossimo viene disperato dal mare, come accade in questi giorni.

caterinasienaDobbiamo essere i buoni pastori dei nostri fratelli, dell’umanità che incontriamo nella vita ed è messa nelle nostre mani ! Il mare li dona alle nostre mani. E dobbiamo essere per loro, ancora una volta con le parole di santa Caterina ad una donna senese, come fa il buono pastore, il quale pone la vita per le pecorelle sue. Così dovete fare voi, carissima madre; cioè, attendere all'onore di Dio e alla salute delle pecorelle che egli v'ha messe nelle mani: e non con negligenzia, perocchè ne sareste ripresa da Dio; ma con buona sollecitudine, perdendo ogni amore proprio e parere delle creature. E’ importante questo passaggio sul parere delle creature !

Quanti pareri gratuiti, razzisti e inumani si leggono in questi giorni sul dramma dell’immigrazione di massa. Il nostro parere deve essere formato dall’esempio del buon pastore, che non ha mai bombardato barconi, né tanto meno lasciato affogare persone. Pensiamo a san Pietro ! Cercare di essere dei buoni pastori dell’umanità ci aiuta inoltre a ricordarci ogni tanto che non siamo solo pecore che hanno bisogno di essere accudite, protette e difese, ma anche gente che deve difendere, proteggere e accudire. Ogni dono che noi riceviamo dal Signore è perché esso porti frutto.

Se il buon pastore, il Cristo, ha donato a me povera pecorella, un po’ di coraggio, è perché io possa dare coraggio, se mi ha donato la pace è perché io possa dare pace, se mi ha donato perdono è perché possa essere uomo o donna di perdono, se mi ha donato un po’ di cibo in più è perché non abbia paura di darlo con generosità. Se il Signore buon pastore mi ha donato un po’ di fede è perché io possa donarmi interamente. Avere l’odore delle pecore credo allora possa significare questo: sapere che il buon pastore si prende cura di me perché io possa a mia volta accogliere l’altro, entrare nella sua vita o permetter che lui entri nella mia, rimanendo con lui nelle sue disperazioni.

Questo dobbiamo imparare a farlo totalmente e senza paura, perché non c’è nulla di troppo miserabile che non possa essere accolto. Non c’è nulla di miserabile che possa sporcare o soffocare la solo grande ricchezza che abbiamo da donare : l’amore di Cristo buon pastore che ci ama e che ci chiede di amare. Essere impregnati dell’odore delle pecore allora farà di noi non tanto persone che puzzano, ma persone che iniziano a profumare di santità.

fr. Gian Matteo Serra, O.P.

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