Giordano di Sassonia: santità e amicizia
Il 13 febbraio 1237 moriva in un naufragio sulle coste della Siria, Giordano di Sassonia, primo successore di S. Domenico. Qui non vogliamo ripercorrere tutta la sua vita ma sottolineare un tratto peculiare della sua personalità e della sua santità: la capacità di vera amicizia.
E questo aspetto non lo apprendiamo da racconti di seconda mano ma dalla penna dello stesso Giordano che in due diverse opere (il Libellus de initio Ordinis Fratrum Praedicatorum, e l’Epistolario) ci manifesta qualche spiraglio di questa realtà dell’amicizia spirituale, che diversi santi hanno coltivato nella loro vita.
Nel raccontare, nel Libellus, il suo ingresso nell’Ordine, Giordano narra come con lui entra anche il suo amico Enrico: “A Parigi fra Reginaldo non ricevette alla professione nell’Ordine che due persone. Il primo fui io; l’altro fu fra Enrico, il futuro priore di Colonia, l’amico più caro, credo, legato a me da un singolare affetto nel Cristo, vero vaso di onore e di grazia, più pieno di grazia di qualunque altra creatura ch’io ricordi d’aver visto in questa vita".
Giordano ed Enrico erano, diremmo oggi, coinquilini studenti a Parigi e Giordano dopo aver conosciuto il nuovo Ordine dei Predicatori coinvolge nel suo entusiasmo il suo amico: “Quando questo proposito si fu consolidato nel mio cuore, cominciai subito a fare ogni sforzo perché quel mio compagno e amico dell’anima mia si impegnasse con pari voto a venire con me.” E fu così che, non senza un intervento soprannaturale, anche Enrico entrò nell’Ordine, ma dopo non molti anni Enrico morirà prematuramente a Colonia, Giordano invece diventerà Maestro dell’Ordine dopo la morte di S. Domenico.
Il secondo esempio di amicizia spirituale lo troviamo nell’epistolario tra il B. Giordano e la B. Diana degli Andalò, una delle prime monache del monastero di Bologna. Specifichiamo che qui si parla di amicizia “spirituale” cioè quell’amicizia che “ha origine in Cristo, si conferma nell’uniformità a lui e in Cristo ha il suo fine e frutto (…) in questa vita mortale non c’è nulla di più santo da desiderare, di più utile da cercare, di più difficile da trovarsi, di più dolce da sperimentare, di più vantaggioso da mantenere dell’amicizia” (così scrive l’abate Aelredo di Rievaulx nel suo trattato "L'amicizia spirituale"). Ovviamente “spirituale” non è un adesivo che si attacca semplicemente a qualsiasi amicizia, questo peculiare rapporto richiede che entrambi gli amici vogliano mettere Cristo e la loro santificazione al centro del loro rapporto.
Ad una lettura superficiale potremmo stupirci di leggere queste frasi da parte di un beato, ma solo se abbiamo l’idea errata del santo come persona “disincarnata”, il che sarebbe davvero paradossale nella religione dell’Incarnazione!
Tutto ciò non rende meno “umana” l’amicizia, anzi la purifica progressivamente da tutto ciò che potrebbe distruggerla. L’epistolario del B. Giordano è pieno di espressioni profondamente umane e ricche di affetto per la B. Diana come queste: “mia cara, poiché tutte le volte che vorremmo vederci di persona non ci è concesso, e così io non posso consolarmi con la tua presenza, il desiderio del mio cuore si placa soltanto quando ti posso visitare per lettera e scriverti qualcosa di me. Anch’io desidererei ricevere più frequentemente tue notizie, vorrei tanto sapere ciò che mi può dare tanta gioia: come stai tu, quali progressi nel Signore stai compiendo insieme con le altre suore” (lettera XXXIX). “Sono sicuro che io non contraccambio il tuo affetto; infatti tu mi ami più di quel che io amo te. Non voglio però che per questo tu affligga troppo il tuo corpo e che ti affatichi nello spirito, perché mi sei ugualmente molto cara” (lettera XXXIII).
Ad una lettura superficiale potremmo stupirci di leggere queste frasi da parte di un beato, ma solo se abbiamo l’idea errata del santo come persona “disincarnata”, il che sarebbe davvero paradossale nella religione dell’Incarnazione! Come dicevo l’amicizia spirituale non è un’amicizia “astratta” ma coinvolge pienamente l’umanità della persona con la sua capacità di amare, solo che lo sguardo non si ferma mai solo alla persona amata ma comprende sempre la sua vocazione in Cristo e il suo cammino verso la Patria del Cielo (è interessante notare come in quasi tutte le lettere c’è un richiamo alla gioia del paradiso come meta alla quale siamo incamminati in questa vita).
Concludo queste riflessioni con la constatazione che i rapporti di amicizia del B. Giordano sono stati veri anche perché durevoli nel tempo. Noi oggi siamo immersi nella società dell’usa e getta e rischiamo di riprodurre anche nei rapporti umani questa logica. La vera amicizia spirituale cresce con la crescita umana e cristiana degli amici e supera tutti gli ostacoli perché fondata sulla roccia che è Cristo. Concludo con le parole di Aelredo: “Che c’è di più amabile che potersi unire così cuore a cuore e fare di due una cosa sola, senza timore della vanagloria, senza diffidenza? (…) avere un amico con cui poter parlare come con te stesso; al quale non temi di confessare i tuoi eventuali errori; a cui non hai vergogna di svelare i possibili progressi nella vita spirituale; a cui puoi confidare tutti i segreti del tuo cuore e affidare i tuoi progetti! (…) Soprattutto l’amicizia è come un gradino che ci avvicina alla perfezione, la quale consiste nell’amore e nella conoscenza di Dio: così l’uomo, da amico dell’uomo, diventa amico di Dio, secondo quanto dice il Salvatore nel Vangelo: non vi chiamo più servi, ma amici (Gv 15,15)”.
fra Simone Tommaso M. Bellomo, O.P.