Caritas Veritatis: il cuore della spiritualità Domenicana
Oggi il termine “carità” è spesso usato solo in senso materiale, ad esempio come sinonimo di elemosina; non miglior trattamento sembra ricevere la parola “verità” che, se presa in senso forte, viene spesso negata per lasciar posto solo a una più soggettivistica “opinione”.
L’Ordine dei Predicatori parla invece di “caritas veritatis” cioè “carità della verità”, cerchiamo di capire cosa significa. Leggiamo nel “Dialogo della Divina Provvidenza” queste parole che l’eterno Padre rivolge a S. Caterina da Siena:
“Ciascun ordine splende per qualche particolare virtù… benché tutte le virtù hanno vita dalla carità… tuo padre Domenico ha voluto che i suoi frati non avessero altro pensiero che l’onor mio e la salvezza delle anime, mediante la luce della sapienza. Ed è in questa luce che egli ha fatto lo scopo precipuo dell’Ordine suo, onde estirpare gli errori che nei suoi tempi erano diffusi. Egli prese l’ufficio del Verbo unigenito mio figliolo. Nel mondo pareva un apostolo; con tanta verità e lume seminava la parola mia, levando le tenebre e donando la luce”.
Anche Dante esprime poeticamente questo stesso carisma di Domenico con le parole : “ …per sapienza in terra fue di cherubica luce uno splendore”.
“La caritas veritatis esprime la sostanza del progetto di S. Domenico: è il modo domenicano di amare Dio (e il prossimo); costituisce perciò la nota specifica della spiritualità dei figli di S. Domenico ed è il principio informatore di tutta la loro vita, una vita consacrata al culto della verità: amata, studiata, contemplata, vissuta, predicata e difesa” (A. D’Amato OP). Ma cos’è questa verità di cui stiamo parlando? Essa non è un’idea astratta e lontana dalla nostra vita, ma in definitiva è Colui che ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,5). Così all’uomo contemporaneo che si chiede con scetticismo come Pilato: “che cos’è la verità?” (Gv 18,38) noi rispondiamo che la verità non è un’ideologia, una dottrina umana o l’opinione della maggioranza ma il Verbo di Dio che è venuto a rivelarci il Padre e che ci invia lo Spirito di verità, che ci guida alla verità tutta intera; “perche la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv. 1,17).
Tutto ciò non nega le verità razionali anzi le fonda, perché tutto il mondo è stato fatto per mezzo del Logos, del Verbo di Dio e quindi: “la fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso” (Giovanni Paolo II , Enciclica “Fides et ratio”).
Ovviamente conoscere la verità non è un possesso orgoglioso da sfoggiare con arroganza ma un dono di Dio da accogliere con umiltà, coraggio e responsabilità. Ma cosa vuol dire concretamente “carità della verità”? Vuol dire semplicemente che la verità conosciuta e accolta non può essere tenuta nascosta ma va comunicata agli altri (secondo l’ espressione di S. Tommaso: “contemplare e trasmettere agli altri ciò che si è contemplato”), con l’entusiasmo che ci viene dalla consapevolezza che solo “la verità ci farà liberi”.
La catechesi della Chiesa ci insegna che oltre alle opere di misericordia corporale esistono anche opere di misericordia spirituale, esse sono: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese ricevute, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.In particolare le prime tre sono esempi concreti di carità della verità. Ognuno di noi si rende conto dell’importanza di questa misericordia spirituale ma spesso ce ne dimentichiamo e per rispetto umano o una falsa idea di tolleranza rinunciamo a dare la nostra testimonianza di cristiani anche con una parola di verità detta al momento opportuno, oltre che con il fondamentale esempio della vita. Ovviamente tutto ciò suppone un dovere da parte di tutti i cristiani di formarsi e informarsi sulla dottrina cattolica (soprattutto in un tempo come il nostro di profonda ignoranza religiosa), in piena fedeltà al Magistero della Chiesa, espresso dal Papa e dai vescovi in comunione con lui. Il domenicano non è un “cane sciolto” che parla a nome proprio, ma un predicatore della verità che parla sempre a nome della Chiesa, Corpo mistico di Cristo e “colonna e sostegno della verità”. La Sacra Scrittura ci spiega come coniugare carità e verità anche in situazioni difficili e di confusione dottrinale. Nella Lettera agli Efesini S. Paolo scrive:
“ affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo” (Ef 4,14-15).
E S. Pietro nella sua prima lettera ci spiega anche come comportarci concretamente di fronte a un mondo a volte ostile e incredulo:
“Se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. E’ meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male” (1 Pt 3,14-16).
In conclusione, l’Ordine di S. Domenico è stato istituito in modo specifico per la predicazione e la salvezza delle anime, perciò i frati, le suore, i laici domenicani, secondo l’esempio del fondatore, ovunque come persone che desiderano procurare la propria e l’altrui salvezza, devono parlare con Dio nella preghiera, o di Dio nella predicazione della Verità.
fr. Simone Tommaso M. Bellomo, O.P.