Un vescovo, un domenicano e un Santo... a Bologna
Nella serata di martedì 16 dicembre si sono incontrati nella Sala Bolognini del Convento di S. Domenico in Bologna un vescovo, un frate domenicano e un santo. Eh sì, un santo.
Si sono in un certo qual modo dati appuntamento a Bologna per potersi incontrare, ma questa volta il Santo in questione non ha né insegnato né parlato, ma ha solo fatto in modo che Dio, datore di ogni sapienza ed intelligenza, venisse glorificato per mezzo suo. Ma di chi stiamo parlando? Cominciamo col dare qualche indizio.
Iniziamo con una parola: cattedrale. Sì, perché sebbene ci si trovasse in un salone per conferenze, si è man mano venuta a “proiettare” davanti a noi una cattedrale fatta di luce, di pensieri e di immagini. Per coloro che sono già addentro al mondo dell'Ordine domenicano la risposta su chi sia il nostro santo è probabilmente già nata. Per coloro che invece ancora non hanno compreso chi egli sia, continuiamo col dare qualche altro indizio. La seconda parola è la seguente: ragione. Sì, perché il santo di cui stiamo parlando non potrebbe mai esser affatto tacciato di “bigottismo”, né tantomeno di fideismo. Era un uomo di profonda fede, di grande vita interiore, ma al tempo stesso ha saputo utilizzare a pieno i talenti che Dio gli ha donato, e tra questi spicca l'intelligenza.
In quel di Bologna si sono dunque incontrati tre uomini, due appartenenti ancora alla Chiesa pellegrinante (o militante, che dir si voglia) ed uno già membro della Chiesa trionfante
Avete capito di chi stiamo parlando? La risposta è una sola: Tommaso d'Aquino. Maestro Tommaso (egli fu infatti docente in molte università europee) era dunque il santo “presente” alla conferenza tenuta nel patriarcale convento di S. Domenico in Bologna. Se però l'Aquinate era presente in quanto “oggetto” degli interventi, occorre ora presentare i conferenzieri: il vescovo di cui stiamo parlando è S.E. Carlo Caffarra, Cardinale Arcivescovo di Bologna, mentre il frate domenicano (escludendo S. Tommaso, s'intende!) era il prof. Giuseppe Barzaghi O.P., docente di filosofia e teologia presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna.
Con i loro interventi, i due relatori hanno presentato, ognuno sottolineando aspetti diversi, la più grande opera (forse di tutti i tempi) del pensiero teologico e filosofico scritta dal maestro domenicano: la Summa Theologiae. Entrambi sono convenuti su di un fatto: la Summa Theologiae può essere definita a ragione come una “cattedrale del pensiero”. Di una cattedrale si guarda sì la bellezza, sì le meraviglie in essa contenute, ma soprattutto la si osserva nella sua maestosa ed umile bellezza, cercando al suo interno quello che il prof. Barzaghi ha definito il “punto centrale”, ciò da cui tutto sembra provenire e ciò verso cui tutto tende. E per trovarlo nell'opera di Tommaso occorre fare una sola cosa: mettersi dal suo punto di vista. È un semplice sguardo, il suo, ma proprio perché semplice è un “sguardo di santità”. E la santità non è un vago sentimento religioso, o un insipido devozionismo: è invece un attaccamento alle cose divine, a quell'unità che è Dio. La vera sfida, dunque, è trovare, pur nella molteplicità degli aspetti proposti dal Maestro d'Aquino nella sua opera, l'elemento che unifica il tutto. E questo lo si troverà in una sola cosa: nell'intima amicizia vissuta da Tommaso con quell'Uno da cui egli ha tanto ricevuto: Dio stesso.
In quel di Bologna si sono dunque incontrati tre uomini, due appartenenti ancora alla Chiesa pellegrinante (o militante, che dir si voglia) ed uno già membro della Chiesa trionfante. Si sono dati appuntamento non per fare una vuota “conversazione da salotto”, così tanto ricercata oggi nei talk show televisivi, ma per magnificare quel Dio che ha donato a noi tutti, ancora in cammino verso di Lui, un grande esempio e maestro di vita cristiana, che è Tommaso d'Aquino. Esempio, perché Tommaso ci ha insegnato con la propria vita che si ama veramente solo ciò che si conosce e si desidera conoscere sempre più; maestro, perché da buon pedagogo ci aiuta a camminare verso Dio, non però facendo i passi al posto nostro, bensì sostenendo le nostre deboli gambe con il suo insegnamento, affinché non ci accada di cadere nelle fosse e negli errori che il mondo e il nemico dell'anima a volte ci vogliono nascondere per benino.
fr. Fabrizio P.M. Cambi, O.P.