«Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione»
Il tema del Sinodo che la Chiesa sta vivendo in questo momento storico, come sappiamo bene, è «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», dove l’accento è posto appunto su tre parole:
- Comunione
- Partecipazione
- Missione
Nel documento preparatorio troviamo questa descrizione che mi piace molto: “vivere la comunione, realizzare la partecipazione, aprirsi alla missione”: sono tre parole profondamente collegate tra di loro e, nel cammino che ci chiedono di compiere, sono anche molto “domenicane”. Del resto, san Domenico era ed è tutt’oggi, attraverso di noi suoi figli, “in medio Ecclesiae”.
Pensando a un’opera d’arte che mi richiamasse a tutto questo, non ho potuto non pensare alla bellissima tempera su tavola realizzata nel 1425 dal nostro confratello fr. Giovanni da Fiesole, il Beato Angelico. Si tratta del celebre Giudizio universale. Forse vi chiederete come mai ho scelto proprio questo per parlare di sinodalità, e i motivi sono molteplici. Cominciamo innanzitutto a osservare l’opera.Il pannello è di forma trilobata, caratteristica che deriva probabilmente dalla iniziale destinazione dell’opera, cioè come decorazione della parte superiore del coro del convento di Santa Maria degli Angeli a Firenze.
È un’opera che possiamo suddividere in tre, come fosse un trittico, anche se non ha vere e proprie suddivisioni. Al centro possiamo osservare la figura di Cristo giudice inserito in una mandorla, simbolo della vita ma, essendo infatti formata dall’intersecazione di due cerchi, simbolo anche di unione tra due parti, attorniato da una schiera di angeli, con a lato Maria e San Giovanni Battista. Con un codice gestuale ben consolidato, Cristo con la mano destra invita i beati ad entrare in Paradiso. Abbiamo poi come “due ali” di apostoli e santi, a destra e a sinistra, tra cui spiccano anche figure dell’Antico Testamento (ad esempio Abele, Abramo e Mosè a fianco del Cristo).
Al di sotto dei cori angelici e della mandorla di Cristo troviamo un angelo recante la croce e i due angeli dell’Apocalisse che stanno suonando le trombe. Sotto di essi si apre uno squarcio di cielo azzurro terso, che sovrasta una lastra di pietra dove vediamo le tombe, aperte al suono delle trombe. Qui si genera una divisione: a sinistra (vale a dire alla destra di Cristo), i beati; a destra (alla sinistra di Cristo) i dannati. Ed è qui che troviamo la celebre immagine della cosiddetta “Danza del Paradiso”, dove i beati risorti sono accolti dagli angeli che intessono con loro una danza, che si abbracciano. A destra invece abbiamo i dannati che entrano nell’inferno.
Così le due rappresentazioni di inferno e paradiso sono agli opposti, speculari uno all’altro. E qui è interessante vedere come l’Angelico li propone. Se ci facciamo caso, infatti, il Paradiso, oltre ad essere presentato come incontro, abbraccio, unità, concordia, è anche un cerchio aperto, segno di una comunione che non si chiude ma si apre all’accoglienza, segno di unità. L’inferno invece sono dei cerchi isolati, chiusi. Sono rappresentati 7 cerchi, simbolo dei 7 peccati capitali, e in ognuno di essi trovano posto i dannati, secondo il loro peccato, che subiscono la pena del contrappasso.
In alto gli accidiosi, immobilizzati da serpenti, i lussuriosi, morsi da serpenti e rospi, gli iracondi, che si mordono e feriscono da soli e a vicenda, i golosi, costretti ad astenersi dal cibo con la tavola imbandita davanti, gli avari, costretti ad ingoiare oro fuso, gli invidiosi, che sono sopra le fiamme, i superbi, tormentati dai diavoli con i loro tridenti. In basso la figura di Satana.
Sono cerchi chiusi, che non hanno spazi di apertura. A indicare come una vita trascorsa nel solo amore per sé stessi diventa chiusura e dannazione.
È questo quello che mi piace sottolineare: il cammino sinodale è comunione, apertura all’ascolto, integrazione, dialogo… potremmo definirlo come una danza che siamo chiamati a compiere insieme. Ecco il cerchio aperto del Paradiso. Ma se non ci crediamo, rischiamo di rinchiuderci in noi stessi, ognuno reputandosi migliore dell’altro, e questo è infernale. Tanti piccoli cerchi di persone isolate. La corruzione della Chiesa è la mia corruzione, il peccato della Chiesa è il peccato dell’uomo. Nessuno ne è esente perché siamo fragili. Ma la Chiesa gloriosa ci è accanto, i santi ci sono accanto, come coloro che hanno attraversato questa vita e si sono fidati della Fedeltà di Dio alle Sue promesse: promesse di pace, di fraternità vera! ripensiamo per un momento alla figura di Cristo inserito in una mandorla: è Lui la nostra unione, Lui che concilia, Lui che unisce le parti. Tutto è in Cristo e tutto è ricapitolato in Lui. È Cristo la nostra unione. Il nostro confratello Congar, come ci ha ricordato papa Francesco, diceva: «Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa». Diversa, abitata dalla potenza dello Spirito che ci unisce nella comunione, ci vivifica nella partecipazione e ci accompagna nella missione.
“Viviamo questo Sinodo nello spirito della preghiera che Gesù ha rivolto accoratamente al Padre per i suoi: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). A questo siamo chiamati: all’unità, alla comunione, alla fraternità che nasce dal sentirci abbracciati dall’unico amore di Dio”, che si aspetta proprio questo cammino di sinodalità dai suoi figli.
Vorrei concludere con le parole che il Santo Padre ci ha donato al termine del suo discorso per l’inizio del percorso sinodale, che sono anche una preghiera allo Spirito, perchè ci accompagni oggi e sempre.
Vieni, Spirito Santo.
Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita,
preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta,
con tanto passato e poco avvenire.
Vieni tra noi,
perché nell’esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto,
non annacquiamo la profezia,
non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili.
Vieni, Spirito Santo d’amore, apri i nostri cuori all’ascolto.
Vieni, Spirito di santità, rinnova il santo Popolo fedele di Dio.
Vieni, Spirito creatore, fai nuova la faccia della terra.
Amen.