La difficoltà di essere fratelli e sorelle
Fin dal suo annuncio, l'enciclica Fratelli tutti ha suscitato discussioni e dibattiti, talvolta persino polemiche. Ognuno si è sentito nel diritto di avanzare teorie sull'essere fratelli e sorelle, su chi siano i fratelli e le sorelle, se lo siano tutti o solo una parte, il tipo di relazione esistente tra fratelli e sorelle e così via.
Ancora oggi, Fratelli tutti è fonte di riflessione e di dibattiti a tutto campo (vedi G. C. Pagazzi, Il legame della fraternità in Osservatore Romano del 10 aprile 2021) dove l'essere fratelli e sorelle diventa la cifra della discussione senza, però, essere mai definita chiaramente. Come capita spesso per i concetti iconici ed immaginifici (amore, pace, felicità…), ignoriamo, o facciamo finta di non sapere, che ognuno li declina in modo personale.
Una definizione fluida
La fluidità del concetto di "fratello / sorella" è fonte di molti equivoci ed incomprensioni; è necessario, dunque, una definizione affinché si utilizzi un linguaggio condiviso. È il tentativo di questo contributo.
Primariamente, si definisce "fratello / sorella" il legame parentale, l'essere figli degli stessi genitori. Questo è il calco con cui si possono definire le relazioni amicali e alcuni luoghi comuni sono testimoni di questa traslazione: «si vogliono bene come fratelli», «sembrano fratelli». Oltre a questa definizione, di per sé problematica perché incapace di cogliere tutte le attuali possibilità parentali di essere fratelli e sorelle, ci sono due ulteriori definizioni.
Un concetto immanente
Il primo è legato ad un concetto immanente. Il legame non viene definito da elementi naturali, ma, utilizzando un termine mainstream, su meta-dati, attributi od informazioni aggiuntive che specificano meglio l'oggetto di nostro interesse. Sono meta-dati ad esempio l'etnia, l'orientamento politico, la fede religiosa, il tifo sportivo e la professione svolta. È la fraternité laicista che riunisce in una comunità di (presunti) uguali tutti quelli che condividono uno o più meta-dati. Diventano fratelli e sorelle tutti quelli che condividono spazi (nazionalismi e interessi di parte), memorie (identità culturali), visioni del futuro (partiti e movimenti). La condivisione diventa "fratellanza", il collante di una relazione stretta, indissolubile, cameratesca: si è fratelli e si mantengono i rapporti di "fratellanza" solo con i membri della comunità; tutti gli altri sono visti come potenziali nemici ed aggressori.
È una complicità di vita, un farsi compagnia scoprendo una ragione comune di vita. Nella dimensione collettiva del gruppo, nelle relazioni che la costituiscono, il singolo ritrova una risposta di senso. Maffesoli chiamava “tribù ” questo tipo di gruppo. Nelle grandi narrazioni del passato (illuminismo, razionalismo, marxismo ed anche cristianesimo) il singolo doveva ricercare individualmente, nel silenzio, un senso trascendente o immanente, mentre nella tribù il senso si disvela nella relazione con l'altro.
Quando la tribù entra nel digitale si estende con i contatti in un luogo indefinito dove agisce di continuo. Il senso di soddisfazione cresce enormemente e l'appagamento trova il suo culmine. Nella community si ritrovano quella socialità, quella densità di rapporti e di senso che la realtà sembra non offrire più.
Molte dinamiche attuali, sia nel digitale sia nella realtà fisica, trovano spiegazione in questo processo identitario di fratellanza.
Un concetto trascendentale
L'altro concetto è quello trascendentale e trova fondamento nella preghiera di Gesù: Padre Nostro.
Non si prega il Padre di Gesù o degli Apostoli, non è un privilegio di qualcuno che si è guadagnato il merito di chiamare Dio "Padre". Si afferma una figliolanza universale in cui ciascuno può chiamare Dio "Padre", "Abbà" come dice S. Paolo, e riconoscere il suo prossimo come fratello o sorella.I meta-dati della fratellanza non sono più discriminanti dei legami personali. Siamo costituiti fratelli e sorelle al di là ed oltre ogni ulteriore differenziazione. Scoprire Dio come Padre apre alla scoperta implicita dell'Altro come fratello e sorella.
La Chiesa di Gerusalemme descritta in Atti 2, 42-47 non è la realizzazione di un progetto politico o sociale cui aderiscono tutti i membri. Al contrario, tutti coloro che erano diventati credenti danno vita ad un modo nuovo di vivere nella fraternità e sororità. Essere diventati credenti è la ragione della condivisione materiale e spirituale descritta da Luca. Fuori dalla Chiesa non esistono "non fratelli / sorelle" o, peggio, dei nemici, ma fratelli e sorelle che non hanno ancora scoperto la figliolanza divina.
Uno sguardo alle nostre comunità
Si apre un orizzonte più chiaro di interpretazione. Papa Francesco scrive: «Come sarebbe bello se, mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, riscoprissimo i bisogni del fratello e della sorella che mi orbitano attorno!» (FT, 31). Evidentemente siamo ciechi sui bisogni del prossimo. Quando mi occupo e preoccupo di chi ho accanto? Questa domanda è una cartina al tornasole per comprendere se abbiamo confuso l'immanenza con la trascendenza, cioè se abbiamo fatto della Chiesa un nostro circolo privato di amicizie.
Avere più o meno empatia con qualcuno è normale, però dobbiamo chiederci quante volte usiamo questa scusa per nascondere l'isolamento cui condanniamo le persone fastidiose o problematiche. Quando la fratellanza irrompe nella fraternità iniziano le divisioni. Infatti, la fratellanza frammenta la comunione con i meta-dati e fa nascere le fazioni dei buoni contro i cattivi, dei fedeli contro i peccatori, dei chiusi contro gli aperti, quelli in entrata contro quelli in uscita, i mistici contro i sociali, chi corregge contro chi deve essere corretto.
Fraternità e vita comune
Oggi esistono infinite occasioni per ricomporre questa frattura, dentro e fuori dalla Chiesa, anche nella nostra Famiglia Domenicana. Come insegnano le Costituzioni «il motivo per cui anzitutto ci siamo riuniti è quello di vivere insieme in piena concordia e di avere un'anima sola e un cuor solo in Dio» (LCO, 2, §1) e come ricorda la Regola del Laicato «le Fratemite vivano, con tutte le proprie forze, in autentica comunione fraterna, secondo lo spirito delle Beatitudini» (Regola, art. 8), c'è una vocazione fondamentale a vivere la fraternità in modo radicale.
Il richiama del Papa è giusto: diamo talmente per scontata la fraternità da dimenticare che scaturisce dal personale cammino di conversione, della relazione con Dio Padre che ci apre al Figlio ed alla fraternità.
Passare dalla fratellanza alla fraternità è possibile solo con la conversione personale e questo è quello che Francesco ci ricorda continuamente.
Edoardo Mattei
Laico Domenicano
Fraternita Roma - Angelicum