Un frate domenicano intervista Franco Battiato
"In occasione della morte di Franco Battiato, vogliamo ricordare il grande maestro, oltre che nella preghiera, anche attraverso un'intervista fattagli dal nostro fr. Alfredo Scarciglia nel 1989, che volentieri pubblichiamo"
Sono andato a trovarlo alle pendici dell’Etna, a Milo, in provincia di Catania. Qui Franco Battiato vive con la mamma, la gentile signora Graziella, in una splendida casa baciata dal caldo sole del sud circondata da castagneti e vigneti. È stata proprio la sua mamma a ricevermi e a farmi accomodare in casa e lì, insieme agli amici che mi hanno accompagnato, ho atteso il noto cantautore.
È nato in Sicilia quarantaquattro anni fa e fin da piccolo manifestò una forte passione per la musica che ha sempre coltivato e studiato a fondo passando attraverso varie esperienze musicali, dal melodico, al pop sperimentale e trasgressivo fino ai grandi ultimi successi di Bandiera Bianca, Fisiognomica e Giubbe Rosse in cui riesce a fondere le varie esperienze passate in una sintesi quanto mai interessante e felice che permette alla sua poliedrica personalità di occupare un posto di primo piano all’interno della musica italia, con lusinghieri successi anche all’estero. Con alcune canzoni dell’album Fisiognomica ha cantato per il papa Giovanni Paolo II nel marzo del 1989, nell’aula “Paolo VI”, in Vaticano per aprire l’ormai tradizionale incontro tra il Papa e i giovani della Chiesa di Roma. Ma ora lascio parlare proprio lui della sua vita, e soprattutto della sua vita interiore e della ricerca del divino.
Franco, come armonizzi la tua fede cristiana e l’amore per la mistica islamica?
Non mi sono mai posto questo problema. Sono una di quelle persone che credono, ma che, allo stesso tempo, non sanno che cosa sia la fede, non so che cosa sia la fede intesa nella chiarezza di una conoscenza immediata.
Mi piace parlare di concretezza delle realtà spirituali per non rimanere nell’astratto e nel vago, questo avviene nella tua vita?
Vivo quasi da vent’anni nella pratica quotidiana della ricerca del divino intorno a me e in me.
Come mai ti sei appassionato più alla spiritualità orientale che a quella occidentale?
Io sono di più per l’Oriente. L’Occidente si è allontanato troppo dalla realtà religiosa. Se mi trovo per esempio in un monastero del Medio Oriente e partecipo alla loro liturgia sento una partecipazione totale del mio corpo, in Occidente c’è meno senso religioso.
Ma, hai mai partecipato alla Liturgia in qualche Monastero d’Occidente?
Questa domanda è giusta, prima mi riferivo al poco senso religioso che hanno i laici. Per quanto riguarda gli Ordini religiosi, ho partecipato alle vostre liturgie e posso dire che ho trovato lo stesso livello del Medio Oriente.
Il Rosario è una bellissima forma di preghiera. Può sembrare monotono e meccanico ripetere le Ave Maria. Etimologicamente «ripetere» vuol chiedere «chiedere desiderando», chieder di diventare ciò che dobbiamo essere veramente. Cosa ne pensi?
Sicuramente è così anche per me, ma in un modo leggermente diverso. Io medito, ed è una strada per avvicinarmi al silenzio. È chiaro che all’interno di vari metodi si possono usare tecniche diverse. Uno sceglie ciò che gli è più congeniale. A me piace molto la preghiera del Padre Nostro che, se pronunciata bene e capita bene, è una delle massime preghiere.
Pochissima, perché in realtà sono tutti dei colossi e al vertice tutto converge. No, non trovo sostanziale differenza.
Conosci le opere di S. teresa d’Avila, S. Caterina da Siena, S. Giovanni della Croce?
Si, tutte.
Perché parli spesso di mistica islamica? Non sei cristiano?
Io sono fortemente legato alle nostre tradizioni, ho avuto un’educazione cattolica, non a caso, come hai potuto vedere tu stesso, sto facendo costruire una piccola chiesa nel mio giardino e non una moschea. Mi piace però avere uno sguardo ampio, ecumenico.
Giorgio La Pira profeticamente diceva che le tre grandi religioni del Mediterraneo (cristiani, ebrei, musulmani) hanno un progetto in comune da portare avanti, quello della pace nel mondo. Sei d’accordo?
Giustissimo, soprattutto adesso che ci stiamo avviando verso una società multirazziale.
Maria, come è presente nella tua vita?
Ho dipinto un’immagine di Maria, come hai potuto vedere, la sento sofferente, accomunata alle sofferenze del Figlio.
La preghiera elimina le distanze e mette in comunione con la realtà al di là dello spazio e del tempo. Tutto questo avviene nella tua vita?
Sì, solo vorrei distrarmi sempre meno.
Quali sono i tuoi prossimi programmi di lavoro?
Uno spettacolo teatrale sul misticismo. L’idea è nata dal ritrovamento di un manoscritto di un mistico siciliano del X secolo dal titolo “Luci sulla scienza dei segreti e sugli stati mistici dei puri”. È veramente disarmante per la sua semplicità e immediatezza. Gilgamesh è a lunga scadenza e dovrei debuttare nell’ottobre del 1992.
Cosa ti piacerebbe dire ai lettori?
Vorrei parlare della morte: abbiamo quasi esorcizzato la morte, questo si fa quando ci si dimentica di una cosa. Lo shoc può essere poi tanto e tale che ci porta lontano da questa realtà. Dovremmo avere come gli antichi egizi il culto dei morti, loro esageravano un po’, non deve diventare necrofilia, ma consapevolezza dell’appuntamento con la vera vita che ci aspetta.
Ringrazio Franco Battiato che gentilmente ha condiviso con me parte del suo tempo perché si potesse realizzare questa intervista e lo faccio con una frase di Silvano dal Monte Athos che il cantautore ama moltissimo: «desidero soltanto pregare per gli altri come lo faccio per me stesso. Pregare per gli altri vuol dire dare il sangue del proprio cuore»
fr. Alfredo Scarciglia O.P.
Convento S. Domenico, Siena