DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Verbo et opere: brevi note sulla predicazione per il laico domenicano

I Laici Domenicani sono, in forza della professione di vita evangelica, parte integrante dell’Ordine dei Predicatori (Regola, 14) e partecipano alla vita apostolica dei frati (cfr. CIC 303) dalle quali Costituzioni i loro Statuti sono tratti. In quanto parte integrante ed effettiva, quindi, i Laici Domenicani condividono con tutto l’Ordine lo zelo per la predicazione per la salvezza delle anime (Regola, 4) sul modello indicato dal S.P. Domenico che predicava verbo et opere.

Ma cosa significa, esattamente, verbo et opere? E che valore ha per il laico domenicano? Non è forse in contrasto con il modello evangelico secondo cui Gesù Cristo predicava opere et verbo? Apparentemente può sembrare così ed apparentemente può sembrare poco coerente con il carattere laicale che prediligerebbe un impegno strutturato e fattivo nel mondo ad uno eminentemente teorico. Allora si potrebbe concludere che vivere da laici nell’Ordine di san Domenico snaturerebbe la natura stessa del laicato rendendo i laici parziali religiosi contemplativi, soggetti che partecipano di un carisma religioso, senza, tuttavia, coglierne pienamente l’essenza. Ma è veramente così? Qualche breve riflessione sul valore di verbo ed opere potrebbe essere di aiuto.

Verbo. Di primo acchito verbo rimanda senz’altro all’uso della parola nell’attività di predicazione attraverso un discorso ampio, esaustivo, circostanziato, retoricamente efficace. La parola come strumento di predicazione (ablativo di strumento). Ma non è una interpretazione del tutto esaustiva. Santa Caterina da Siena, per ispirazione divina, mostrò che i Predicatori avevano assunto “l’ufficio del Verbo”. La predicazione verbo rimanda quindi alla predicazione Verbo e de Verbo. In altri termini, con un solo sostantivo all’ablativo, si è voluto indicare il modo e l’oggetto della predicazione del domenicano. Il domenicano può senz’altro predicare a parole ma deve innanzitutto predicare al modo del Verbo e sul Verbo. L’ablativo quindi strumentale si arricchisce del per ipsum che rimanda a quel munus sacerdotale che per grazia qualsiasi battezzato possiede, e si carica, sulla scorta di quanto detto dalla santa senese, di una coloritura modale (al modo del Verbo) ed ellitticamente di argomento (l’oggetto deve essere necessariamente il Verbo incarnato, morto e risorto per la nostra salvezza). Predicare al modo del Verbo presuppone, poi, una progressiva assimilazione del predicatore al modello predicato. Ma, perché questo avvenga, è necessaria una soave, ma rigorosa, riflessione meditata sui caratteri umani e divini del Verbo. Predicare verbo, allora, è predicazione ma anche preparazione della predicazione pubblica attraverso il momento di studio. Ma siccome il domenicano predica sempre (così come ricordato dal Maestro dell’Ordine), anche la preparazione diventa predicazione. Tale predicazione, quindi, non è un semplice esercizio speculativo ma speculazione che ha in sé tutti i germi dell’azione che ne scaturisce conseguentemente.

Opere. L’articolo 7 della Regola del Laicato Domenicano recita nella versione typica: (Laici Sancti Dominici) Charismate Ordinis inspirati, memores sunt apostolicam actionem ex abundantia contemplationis procedere. Dalla qualità quindi della predicazione verbo scaturisce la predicazione opere. Ed in questo speciale sinolo si manifesta il carattere proprio dell’Ordine di san Domenico che è contemplativo ed attivo allo stesso tempo. O, adottando la nota osservazione dell’Aquinate, l’azione diventa un esercizio della contemplazione.

Si può concludere questa brevissima riflessione sulla predicazione verbo et opere ritornando alle due domande di partenza: è in contrasto con una modalità evangelica di predicazione? È in contrasto con una modalità laicale di predicazione? Come si deduce agevolmente, la risposta è no ad entrambe le domande, almeno per due ordini di ragioni:

Primo. La relazione verbo et opere non indica semplicemente lo strumento della predicazione ma, soprattutto verbo, il modo e l’oggetto. E’ un approccio più ampio che si nutre di Buona Novella, basti ricordare l’ammonizione di Paolo «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5: che nell’economia della presente riflessione si traduce con il “predicare al modo del Verbo”) e «E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre” (Col 3,17) e «Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso» (1Cor 2,2), solo per fare alcune citazioni che nelle presenti note si traducono con il predicare de Verbo (Corinzi) e per ipsum (Colossesi).

Secondo. Tra verbo ed opere c’è tutto un dinamismo creativo che rimanda a Genesi 1, laddove Dio disse e creò. E questo dinamismo creativo si avverte nell’uomo vivente, che è gloria di Dio (cfr. Ireneo di Lione, Contro le Eresie, 4,20, 5-7). Ed è lo stesso dinamismo che intesse la quotidianità del laico, che con il suo lavoro, la sua semplice e naturale testimonianza, fa fermentare la massa, il tessuto sociale di cui è parte.

In conclusione, per coloro che tra i laici sono chiamati a vivere il carisma domenicano (Regola 2), predicare verbo et opere significa crescere nella fede del Dio trino ed unico in accordo con quel dinamismo creativo proprio all’uomo vivente e che la vita laicale declina nella multiforme quotidianità.

 

Graziano Curri

Fraternita laica di S.M. sopra Minerva

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