“Perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”
Fraternità e sinodalità nell’Ecclesiologia di s. Tommaso
Il tema della fraternità sta suscitando da alcuni anni un rinnovato interesse, sia in ambito antropologico-politico, come principio capace di indicare uno stile di reciprocità e collaborazione tra gli attori della vita politico-sociale, che superi la classica dicotomia tra individualismo e comunismo; sia a livello teologico-ecclesiale, quale categoria ermeneutica in grado di esprimere la natura della Chiesa come comunione e popolo di Dio, e di
«esplicitare il riconoscimento dell’esperienza dell’origine nel rapporto, non di rado conflittuale, che lega nella Chiesa i fratelli e le sorelle tra di loro, ma anche, a raggio più largo, i membri della Chiesa con tutti gli uomini»1.
Non è un caso che lo stesso papa Francesco abbia voluto fare un riferimento forte a tale principio fin dal suo primo saluto dalla loggia centrale della Basilica di s. Pietro la sera stessa dell’elezione a vescovo di Roma (13 marzo 2013), evocandone, appunto, la duplice rilevanza ecclesiale e sociale:
«E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza»2.
Radicato già nel Nuovo Testamento, dove il termine ̒fratello/sorella̕ è utilizzato come sinonimo stesso di ̒cristiano/a̕ (philadelphòs), e divenuto poi in maniera quasi naturale categoria ermeneutica privilegiata per esprimere l’autocomprensione della comunità ecclesiale in età apostolica e patristica (specie in Tertulliano), il tema della fraternità viene investito di rinnovata attenzione alla luce del Concilio Vaticano II, come idoneo ad esprimere il mistero della Chiesa quale ̒comunione̕, ̒Popolo di Dio̕ o quella ̒Sinodalità̕, che, come ha ricordato papa Francesco, «è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio»3. In quest’opera di ricentramento attualizzante sulle fonti bibliche e patristiche e sulla Tradizione dottrinale, liturgica e canonica della Chiesa, non sembra superfluo provare a rimettersi in ascolto anche di Tommaso d’Aquino, in cui il tema della fraternitas non solo non è assente, ma svolge un ruolo privilegiato nella sua riflessione teologica sulla Chiesa.
Com’è noto Tommaso, al pari degli altri grandi Maestri del suo tempo (Alberto, Bonaventura, Alessandro di Hales), non ha composto un trattato specifico di Ecclesiologia (il primo in ordine cronologico potendosi considerare il De regimine christiano di Giacomo da Viterbo, agli inizi del XIV sec.), ma nella sua opera si ritrovano nondimeno «i princìpi di una teologia della Chiesa orientata in senso diverso rispetto a quella che si svilupperà in seguito»4, cioè in una direzione trinitaria, mistica e etico-antropologica, piuttosto che in senso organizzativo e giuridico-istituzionale.
Se infatti la contrapposizione polemica con il potere temporale prima (lotta delle investiture) e con i Riformatori poi, porterà a un’accentuazione alquanto unilaterale sugli aspetti istituzionali e visibili nella trattazione del tema ecclesiologico, la grande stagione della prima Scolastica rimane al di qua di questo clima e può quindi offrire una riflessione sul mistero della Chiesa incentrata sulla sua origine trinitaria e sulla vita teologale che fa da vincolo tra i suoi membri.
Proprio in tale quadro la dimensione della fraternità tra cristiani, intesa come legame di reciprocità e uguaglianza generato dalla fede nel Risorto, acquista il ruolo di una chiave ermeneutica privilegiata per accostarsi alle considerazioni tommasiane sulla comunità ecclesiale. Lo si nota in quella che sembra essere l’espressione preferita da Tommaso per indicare la Chiesa: l’«assemblea dei fedeli»5 (congregatio fidelium), cioè la comunità di coloro che hanno ricevuto e accolto il dono della fede e che da questa generazione alla vita nuova sono legati da un vincolo di fraternità non più biologico, ma spirituale. O nella stessa categoria di popolo, che racchiude l’idea di una moltitudine organizzata e differenziata al suo interno sotto la direzione di una legge e di una guida visibile, ma a partire da una fondamentale uguaglianza di dignità dei suoi membri: «ipse populus Ecclesia dicitur»6, o altre espressioni come populus fidelis o populus christianus utilizzate per indicare la comunità ecclesiale.
Questa prima prospettiva «antropologica o morale, e pneumatologica o teocentrica»7 viene poi integrata da quella sulla Chiesa come Corpo mistico di Cristo, i cui membri sono affratellati dalla condizione di figli adottivi di Dio mediante la fratellanza con e in Gesù.
La riflessione tommasiana su Cristo quale ̒Capo̕ della Chiesa di ogni tempo e luogo, conduce infatti a sottolineare in special modo l’unità ecclesiale scaturente «dalla connessione reciproca dei suoi membri e dall’ordine di tutti i membri della Chiesa rispetto a un unico Capo»8, cioè dal vincolo di comunione fraterna tra i battezzati a partire dalla fede in Cristo. Ancora più esplicito un passaggio del Commento alla Lettera ai Romani, in cui, commentando il brano di Rm 8, 29 («perché egli sia il primogenito tra molti fratelli»), l’Aquinate scrive:«Cristo dunque ci ha come fratelli, sia perché ci ha comunicato la somiglianza della filiazione, come è qui detto, sia perché egli ha assunto la somiglianza della nostra natura, secondo quanto si dice in Eb 2, 17: “Doveva rendersi in tutto simile ai fratelli»9.
Una “somiglianza” che non è condizione statica, ma cammino di sequela e conformazione (termine che ricorre più di 400x nella riflessione tommasiana), mediante la vita liturgica e la preghiera personale, la testimonianza cristiana nell’esercizio delle virtù, e la frequenza ai sacramenti, in particolare alla celebrazione eucaristica. Quest’ultimo infatti è la fonte in cui si rigenera e si alimenta costantemente il vincolo di fraternità tra i fedeli, che è il vero effetto (la res tantum) del sacramento: «l’unità del corpo mistico»10realizzata mediante la comunione con Gesù, che rende partecipi della sua condizione filiale.
Infine per quanto riguarda lo stile fraterno e sinodale nel governo della Chiesa, in particolare mediante il coinvolgimento di tutti i membri della comunità ecclesiale nelle scelte che li riguardano, Tommaso conosce senz’altro (anche per la sua esperienza personale di religioso dell’Ordine dei Predicatori) il principio quod omnes tangit ab omnibus tractari et approbari debet11, sottolinea l’importanza del coinvolgimento e della partecipazione di tutti per il buon funzionamento della cosa pubblica12, e nella sua riflessione sulla prudenza dà ampio spazio all’ascolto e al consiglio di altri (docilità) allo scopo di raccogliere informazioni ed elementi utili per una decisione saggia13.
Si può quindi, proprio a partire da questi elementi, provare a riconsiderare il giudizio (per quanto autorevole), secondo cui dopo l’età patristica, sarebbero solo le comunità religiose «quelle in cui il termine fratello o sorella continua (…) a vivere, dopo essersi inaridito nella grande Chiesa divenuta troppo vasta»14, perché la visione della Chiesa come fraternità non solo non è assente dalla riflessione ecclesiologica tommasiana, ma ne costituisce in fondo la cifra più autentica. Il cammino quindi in direzione di un «ethos sociale fraterno, solidale e inclusivo»15, che attinga la sua ispirazione alle grandi fonti bibliche, liturgiche e patristiche della Tradizione, non solo non ha motivo di fare economia della riflessione dell’Aquinate su questi temi, ma facendolo rischia piuttosto di privarsi di un ulteriore e valido riferimento in questo slancio riformista; un appoggio significativo proprio per la constatazione, come già notava Congar, che i tratti fondamentali (trinitari, antropologici ed etico-sacramentali) della riflessione patristica sulla Chiesa a cui attinge anche l’attuale prospettiva di rinnovamento, «sono anche quelli dell’Ecclesiologia di s. Tommaso»16.
fr. Daniele Aucone, O.P.
Convento S. Maria sopra Minerva, Roma
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1 s. dianich-c. torcivia, Forme del popolo di Dio tra comunità e fraternità, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2012, p. 209
2 francesco, Primo saluto del Santo padre Francesco (13-03-2013),
https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/march/documents/papa-francesco_20130313_benedizione-urbi-et-orbi.html
3 francesco, Discorso per il 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, http://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/october/documents/papa-francesco_20151017_50-anniversario-sinodo.html
4 y. congar, L’idée thomiste del l’Église, in id., Esquisses du Mystère de l’Église, Cerf, Paris, 1953, p. 60 (trad. nostra)
5 tommaso d’aquino, Credo. Commento al Simbolo degli apostoli, ESD, Bologna, 2012, p. 93
6 id., Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo (vol. 8), d. 20, q. 1, a. 4, ESD, Bologna, 1999, p. 814; cfr. anche il bell’articolo di y. congar, «Ecclesia» et «populus (fidelis)» dans l’Écclesiologie de Saint Thomas, in id., Église et Papauté, Cerf, Paris, pp. 211-227
7 y. congar, L’idée thomiste del l’Église, cit., p. 69
8 tommaso d’aquino, S. th., II-II, q. 39, a. 1
9 id., Commento al Corpus Paulinum, vol. 1 (Lettera ai Romani), Cap. 8 (vv. 28-32), ESD, Bologna, 2005, p. 571 (corsivo nostro)
10 id., S. th.,III, q. 73, a. 3
11 j.-p.torrell, S. Tommaso d’Aquino maestro spirituale, Città Nuova, Roma, 1998, p. 345; dal canto suo Chenu sottolinea il contributo dell’Ordine dei Predicatori nella stesura delle varie Carte di Libertà dei Comuni, specie in Lombardia: m.-d. chenu, S. Tommaso d’Aquino e la teologia, Piero Gribaudi, Torino, 1989, p. 15
12 tommaso d’aquino, S. th.,I-II, q. 105, a. 1
13 id., S. th., II-II, q. 49, a. 3
14 j. ratzinger, La fraternità cristiana, Queriniana, Brescia, 2005, p. 55
15 commissione teologica internzazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2 marzo 2018), n. 103, http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20180302_sinodalita_it.html
16 y. congar, L’idée thomiste del l’Église, cit., p. 91 (trad. nostra)