Segnasti il corso ed il limite
La prima strofa di un inno piuttosto noto della Liturgia delle ore recita :
O immenso creatore,
che all'impeto dei flutti
segnasti il corso e il limite
nell'armonia del cosmo […]
È utile meditare su questi quattro versi nel tempo inquieto che viviamo, scosso dall’impeto dei flutti della malattia, di una incombente, speriamo scongiurabile, nuova crisi economica, del sospetto che l’altro minacci la nostra integrità fisica, del pericolo di un cedimento psicologico davanti al travolgente scorrere degli eventi che non si riescono a controllare e che rivelano molteplici lati nascosti.
Davanti a questi flutti, a questi segni di un reo tempo, la meditazione orante rappresenta un formidabile strumento di interpretazione di ciò che accade intorno a noi, come suggerisce anche l’articolo 13 della Regola del Laicato Domenicano, laddove elenca le fonti utili al perfezionamento della formazione domenicana (tra gli altri, ufficio divino e la meditazione sui segni dei tempi).
Dalla strofa citata in incipit, si possono enucleare tre concetti: corso, limite ed armonia.
Il corso. Il creato, e l’uomo come suo vertice, sono inseriti in un corso intelligente di eventi. Alcuni positivi, altri minacciosi, tutti in continuo divenire. Tutto scorre sul dorso degli uomini, scavato dagli eventi. In questa fase dinamica sembrano sfuggire i più basilari punti di riferimento con un duplice rischio, antitetico: o di vedersi soggetti passivi di una corsa verso un punto di cui si ignorano le caratteristiche o di vedersi soggetti capaci di trasformazione e quindi unici ed indiscussi padroni del corso. Entrambi questi atteggiamenti rivelano tratti destabilizzanti.
Il limite. Questo corso magmatico di eventi, potenzialmente destabilizzante perché capace di porre l’uomo in un rapporto disordinato con sé stesso e gli altri, comincia ad assumere valore solo in relazione ad un limite. Si possono riscoprire le radici positive della trasformazione in atto solo se viene posto un limite (al corso e all’agire umano) e se questo limite viene riconosciuto come una risorsa. Si consideri a titolo d’esempio la malattia: essa è espressione del corso degli eventi, è la tesi. Verso di essa si può avere un atteggiamento esaltante (riesco a controllarla a debellarla con le mie sole capacità tecniche) o disperante (mi soverchia, sarò una delle tante vittime). La malattia, oscillante tra questi due poli, diviene una categoria priva di senso. Ma se si amplia lo sguardo, si noterà che essa rivela un limite, quello connaturato in un fatto nuovo capace di rivelare la nostra fragilità a cui cerchiamo di reagire. La nostra tesi viene perciò limitata da un’antitesi portatrice di re-azione.
Armonia. Questa la sintesi, il significato profondo della relazione dialettica abbozzata sopra. L’armonia presuppone un essere capace di ricostruire il rapporto tra l’azione magmatica del corso degli eventi e la reazione del limite posto al soggetto. Diviene perciò un’apertura a quell’Altro presente nel soggetto del primo verso dell’attacco dell’inno in incipit: o immenso Creatore. L’unico soggetto capace di riportare le contraddizioni umane, lo sforzo tra azione del corso e reazione del limite, alla sintesi armoniosa del piano sovrannaturale. L’armonia messa in atto dal Creatore, vedendo come conditio sine qua non la realtà magmatica che rivela i limiti della creatura, conduce l’uomo ad aprirsi, ad incontrare sé stesso e prima ancora ad incontrare il suo Creatore che, sublime verità, dà senso a tutto il suo mondo. E questo nuovo senso è, in estrema analisi, la ragione di quell’impeto dei flutti che trova così la sua profonda composizione.
Graziano Curri
Novizio della fraternita laica di S. Maria sopra Minerva