Predica come gli Apostoli!
Questo imperativo di Cristo a Vincenzo Ferreri, quando si trovava in una grave malattia, esprime ciò che fu tutta la sua vita. Questa chiamata provocò una specie di “conversione” che segnò la sua vita come fratello (di frate) predicatore, e rappresentò un punto di svolta nella sua predicazione, aprendo il suo cammino di frate predicatore con Cristo.
Ora che, dopo la celebrazione del Giubileo di conferma dell’Ordine, si celebra il ricordo del “Dies natalis” di San Vincenzo Ferreri, questo imperativo è rivolto oggi a tutto l’Ordine. Predica come gli apostoli!
Il cammino di santità di Vincenzo Ferreri è impressionante. Entrato nell’Ordine in tenera età, attirò l’attenzione dei frati al punto di essere incaricato del ministero di cappellano del re d’Aragona. Questa posizione gli darà l’opportunità di far fronte al malcontento ecclesiastico-politico che segnerà questo periodo turbolento del doppio pontificato di Roma e Avignone. Un’opportunità per affermare una posizione credente, teologica e spirituale nei confronti della Chiesa di Cristo, la cui unità vuole servire soprattutto come la sua contemporanea Caterina da Siena (sebbene abbiano posizioni diverse). Discepolo fedele ed esigente di Domenico, Vincenzo sa che l’evangelizzazione del nome di Gesù Cristo affonda le sue radici nella preghiera di Colui che chiede al Padre che tutti siano uno, come il Padre e Lui sono uno. Le sue riflessioni teologiche, la sua predicazione, affermano senza cessare questa dimensione fondamentale della predicazione cristiana: vivere, amare, pregare, proclamare la Parola, mettersi nelle mani di Colui che è venuto, ha predicato, ha dato la vita, ed è risuscitato per compiere questa promessa di unità di tutti in Dio. Non fu questo a ispirare la determinazione di San Domenico ad orientare la sua vita in un modo nuovo, dalle terre del Lauragais, per seguire e imitare il predicatore galileo e itinerante proclamando attraverso le città e i villaggi la buona notizia del Regno di Dio? Va’ e predica come gli apostoli!
E vediamo Vincenzo, che, a sua volta, abbandona gli intrighi del potere per percorrere le vie dell’Europa. Spagna, Svizzera, Francia ... Instancabile predicatore del Vangelo, che si definirebbe “il galeotto di Dio”, cominciò a predicare, accompagnato da un gruppo di penitenti, e passò tra i suoi i contemporanei facendo del bene, guidando la loro vita spirituale, insistendo sul valore della povertà e semplicità della vita, esortandoli alla conversione e a condurre una vita secondo la dolce misericordia di Dio. Ci sono molti modi diversi di parlare di San Vincenzo. Dal miracoloso predicatore a colui che accoglie i malati e i disabili che gli presentavano e che invita alla conversione evocando spesso l’orizzonte dell’escatologia: “Timete Deum et date illi honorem”. Dall’austero religioso che conduce una vita di grande frugalità, di preghiera e di penitenza, che porta nella sua vita e nel suo corpo l’impronta di questa “preoccupazione” per la salvezza del mondo. L’uomo spirituale che incoraggia a riconoscere il potere della misericordia di Dio che raggiunge tutti, senza eccezione di persone, per consolare, guarire, rafforzare, perdonare. L’amico di Dio che non risparmia le sue forze, ma che osa, esaurendo le sue energie umane, per accogliere nella sua umanità una forza e un fuoco che riceve da un altro molto più grande di lui. Fu la radicalità dell’impegno di questo amico di Dio, probabilmente tanto quanto la figura impressionante di operatore di miracoli, ciò che fu immediatamente riconosciuto dai suoi contemporanei, accolto da grandi folle e molto spesso scelto nell’Ordine come modello di predicatore, al di là delle divergenze che si possono avere su certi contenuti della sua predicazione.
Fu proprio questo apostolo che i suoi contemporanei riconobbero durante la sua vita e con grande fervore dopo la sua morte. Un apostolo che desiderava farsi discepolo di questo Ordine di Predicatori, che il papa Onorio confermò scrivendo a Domenico e ai suoi fratelli: «Colui che feconda la sua Chiesa con prole sempre nuova, volendo conformare i tempi moderni ai più antichi e propagare la fede cattolica, vi ha ispirato un devoto desiderio per cui, abbracciata la povertà e professata la vita regolare, vi dedicate all’esortazione della Parola di Dio, recando al mondo intero il buon annuncio del nome di nostro Signore Gesù Cristo» (LCO 1, § I). È impressionante vedere quanto velocemente la sua reputazione di santità si diffuse ovunque si trovasse. È inoltre impressionante sapere fino a che punto i fratelli e le sorelle dell’Ordine hanno scelto San Vincenzo Ferreri come patrono della loro provincia o delle loro fraternità laicali in alcuni casi, di tante loro chiese, dei loro progetti, di molteplici gruppi di pastorale e evangelizzazione. Fondamentalmente, è impressionante vedere come nell’Ordine San Vincenzo diventò rapidamente, in un certo modo, il “santo patrono” della predicazione. Il suo trattato di Vita Spirituale, in questo senso, è riconosciuto da molti come un’esposizione di ciò che può e dovrebbe essere la vita spirituale di un frate predicatore.
È precisamente questo, che fa sì che San Vincenzo Ferreri continui ad avere oggi attualità per l’Ordine e per la Chiesa. Dare tutta la vita per la predicazione è l’orizzonte verso cui Vincenzo invita a guardare, attraverso la sua testimonianza di santità, tutti i membri dell’Ordine dei Predicatori. Dare tutta la vita per la predicazione del Vangelo, come fecero gli apostoli seguendo Gesù predicatore e, così facendo, lasciarsi condurre alla fonte della vita secondo lo Spirito.
Questa determinazione e “stanchezza” della predicazione è ciò che stabilisce la sua vicinanza a Colui la cui misericordia vuole predicare: «Io sono solo un povero anziano abbattuto che non ce la fa più, che non sa nulla, o meglio, che conosce solo la sua ignoranza e la sua codardia. Dammi la grazia di essere sempre più consapevole del fatto che non sono niente e che tu sei tutto» (Preghiera ricostituita nel 1954 da Thomas Lacroix). L’avventura della predicazione è un’avventura spirituale. La vita del predicatore è chiamata a lasciarsi trasportare dalla grazia che può fare di lui una “vita mistica”. Mistica di una compassione profonda, a immagine della compassione di Cristo, soffrendo perché la Chiesa non si divida e sia veramente, nel cuore del mondo, la comunione che da testimonianza della comunione trinitaria. Mistica del desiderio di costruire ponti di fraternità tra tante culture diverse. Mistica di compassione per i poveri, i malati e i peccatori, perché nessuno di loro può essere escluso dal sogno di comunione che Cristo ha fatto splendere nel cuore dell’umanità. Mistica di una vita donata, per portare al suo apice incandescente il fuoco del desiderio che “Egli cresca e io diminuisca”. Attualità di un mistica che vuole donare la Parola rischiando tutta la vita, senza restrizioni e senza riserve.In che modo oggi la santità di questa bella ed elevata figura del nostro Ordine ha una grande importanza per tutti noi, sorelle e frati, predicatori, laici e religiosi? Ci viene presentata la figura del frate predicatore, itinerante e compassionevole.
Predicatore. Vincenzo ci ricorda che siamo, soprattutto, predicatori e predicatori alla maniera degli apostoli, cioè, seguendo e imitando Gesù quando proclamava la buona novella del Regno attraverso le città e i villaggi. Non era questione che Vincenzo uscisse per le strade perché aveva molte cose da “dire”, da “insegnare” ai suoi contemporanei. Voleva parlare con loro, perché ciò che lui desiderava era rivelare ai suoi contemporanei che, con le sue umili parole, era Dio stesso che si avvicinava a loro e voleva parlare con loro. La predicazione non consiste nel parlare alle persone “in nome di Dio”, ma nel parlate alle persone del Dio che viene e vorrebbe parlare con loro. In definitiva, non è questo movimento ciò che fonda la Chiesa? Entrare in città e, come Domenico disse un giorno ai suoi compagni, soprattutto pregare per coloro che incontreremo, per comprenderli e perché si possa stabilire con essi una vera e fraterna conversazione.
Itinerante. È questo desiderio di seguire e imitare Gesù, il predicatore, che lo porta a percorre le strade, a unirsi ad altre culture, ad essere disposto ad incontrarsi con altre lingue. San Vincenzo viaggiò instancabilmente per l’Europa fino alla fine della sua vita, senza risparmiare le forze. Un desiderio guidato dalla convinzione che, al di là delle distinzioni di lingue, culture, razze e storia, esiste nel centro di questa diversità un’unità fondamentale, una comunione che costituisce la capacità essenziale dell’umanità. Ci sono così tante diversità al giorno d’oggi, tante divisioni e talvolta conflitti! Intraprendere il cammino e unirsi ai nostri contemporanei nel nome dello stesso “annuncio” di cui sono destinatari: “essi sono il mio popolo e io sono il loro Dio”. Seguendo Vincenzo, l’Ordine viene invitato ancora una volta all’itineranza apostolica, geografica, culturale e intellettuale. Il fuoco spirituale che può animare questa itineranza apostolica è la determinazione a sentirsi come un predicatore che accetta di lasciarsi espropriare di se stesso, della sicurezza, delle “zone di comfort”, delle mentalità ben consolidate. «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,30). Di Domenico si diceva che era costantemente preoccupato di andare ai Cumani. Quali sono le nostre preoccupazioni al giorno d’oggi?
Compassionevole. Questo desiderio deve prima di tutto essere impregnato di una potente compassione per chi soffre. Poiché sono un segno della verità dell’umano. Della sua sofferenza, certamente. Del suo peccato, a volte. Ma soprattutto, la capacità degli uomini di sostenersi a vicenda nella prova della sofferenza, per condividere l’un l’altro il peso della sofferenza al punto che scompaia e possa trasformarsi nella gioia della solidarietà vulnerabile. Come Domenico, Vincenzo sperimenta come la compassione lo spinga a predicare, nello stesso tempo in cui lo invita e lo porta ad avvicinarsi e a farsi fratello di coloro che attendono consolazione. Vincenzo, l’operatore di miracoli, certamente impressionò la folla e i suoi miracoli furono probabilmente una delle cause della sua grande fama. Ma, forse le folle non furono altrettanto impressionate da questa capacità di accogliere “nel fuoco della carità” coloro che, come malati, disabili, in lutto, esiliati dalla società per vari motivi, soffrirono l’esperienza di essere esiliati? Compassione che inserisce così la predicazione del Vangelo nella storia costitutiva della liberazione del popolo scelto da Dio. Forse, non c’è qui una luce che possa guidare i discernimenti che dobbiamo fare in molti luoghi per determinare le priorità, i luoghi e le modalità di servizio dell’Ordine all’evangelizzazione?
Se San Vincenzo Ferreri dovesse essere riconosciuto come dottore della Chiesa, sarebbe indubbiamente per questa passione per la predicazione radicata nella contemplazione della Parola e animata dal desiderio che irradi il mistero della Chiesa, Corpo di Cristo. In un certo senso, insegna alla Chiesa allo stesso modo che, sette secoli più tardi, dopo il Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI insegnò alla Chiesa: Evangelii nuntiandi. La Chiesa si specifica, cioè scopre allo stesso tempo il mistero che c’è nella sua origine e sviluppa gradualmente la sua grazia, affermandosi, ad immagine della prima comunità apostolica, come comunità di fratelli e sorelle, “discepoli missionari” (Evangelii gaudium, 120). La Chiesa esiste per evangelizzare (Evangelii nuntiandi, 14). Il mistero della comunione trinitaria che soggiace nella Chiesa si rivela attraverso la proclamazione dell’unica verità. La grazia del predicatore è cercare di svelare, con le sue povere parole umane, questo mistero, e convocare nel suo nome all’unità. Vincenzo è così. È un dottore perché insegna attraverso l’impegno di tutta l’energia della sua vita nella predicazione, che, per la Chiesa, la predicazione consiste nell’andare all’incontro dell’unità dell’amore di Dio per il suo popolo, dell’unità costituita dallo Spirito, una unità per la quale Gesù volle dare la sua vita. Insegna alla Chiesa come l’itineranza della predicazione sia la via in cui la Chiesa riceve la grazia di essere configurata come Corpo vivente di Cristo. E questa configurazione è il mistero che lo chiama a predicare, non in modo orgoglioso e severo come farebbe un giudice, ma dalle viscere della carità che corregge con pazienza e fiducia, che guida la compassione paterna quando accoglie senza riserva il figliol prodigo, che consola i suoi figli con la dolce tenerezza di una madre. Vincenzo Ferreri è un dottore nella predicazione nella misura in cui insegna alla Chiesa come può predicare, se è umilmente disposta a lasciare che Cristo proclami il Regno al suo interno.
fr. Bruno Cadoré, O.P.
Maestro dell’Ordine dei Predicatori
(traduzione dallo spagnolo di fr. Domenico Vendemmiati O.P.)
Originale: https://www.dominicos.org/estudio/...