Restaurare la Fede
Fra le istanze che sono nel più profondo del cuore dell’uomo ve ne è una a cui ancora l’uomo non è riuscito a dare pieno compimento: il desiderio di immortalità. Ognuno di noi nel profondo del suo io ha questo bisogno impellente e a volte ossessivo di cercare in tutti i modi di allontanare da sé lo spauracchio dell’oblio, dell’essere dimenticato.
Alcuni, non riuscendo a convivere con questa dura realtà, vivono una vita disperata, altri invece comprendono che attraverso la trasmissione di una piccola parte di loro è come se in una qualche misura si trovassero in una condizione di immortalità. In ambito umano un uomo trasmette la propria vita affinché vi sia un pezzetto di lui che vive per sempre, e anche nel discorso della fede la trasmissione di questo grande tesoro trasmette una vita che è eterna.
Da sempre la Chiesa ha prestato attenzione affinché questo tesoro di immortalità venisse trasmesso alle generazioni future in modo integro, senza alterazioni, senza trucchi. Innumerevoli sono stati quei cristiani che hanno accolto il martirio proprio per non svilire nessuna parte di questo tesoro, di questa scintilla di immortalità. In modo analogo possiamo dire che le generazioni del passato ci hanno tramandato un grande tesoro di opere d’arte affinché coloro che le hanno realizzate non restassero nell’oblio ma soprattutto affinché potessimo entrare nel mistero infinito di Dio.
È bello notare l’attenzione che nelle nostre belle chiese domenicane viene prestata per il restauro, per la trasmissione di queste opere di estrema bellezza e parlando con i restauratori uno sente vibrare le corde del loro cuore e l’amore con il quale compiono il loro lavoro di salvataggio di opere per lungo tempo abbandonate all’incuria ed al tempo.
Queste persone giorno dopo giorno si spendono con passione per far rifulgere tutta l’originale bellezza dell’opera, cercando di rimuovere tutte le manomissioni e i brutali restauri fatti in altri tempi.Il loro lavoro è molto simile a quello del frate predicatore, del vero discepolo di San Domenico, di colui che si preoccupa di far rifulgere la bellezza e la purezza della Fede, di questa Fede che ci è stata tramandata ma che nel corso degli anni ha subito gravi danni a causa dei vari agenti atmosferici che hanno colpito la dolce sposa di Cristo, la Chiesa. La Fede come queste opere d’arte è portatrice di un contenuto ben specifico, un contenuto che ha bisogno di essere esposto con chiarezza, un contenuto che non può essere addolcito in base alle mode del momento.
Santa Maria Novella, la Minerva, Bibbiena e così via hanno sempre schiere di restauratori che cercano di salvare, di curare, di riportare alla gloria dei tesori costruiti dalle mani dell’uomo. Ma questi nostri conventi non dovrebbero essere solo dei centri di restauro di opere d’arte ma dovrebbero essere dei centri di restauro della Fede, di quella Fede che salva, che cura i cuori degli uomini e che non ha bisogno di alleggerimenti, sennò sarebbe come cancellare con una mano di vernice il volto di uno dei Crocifissi del beato Angelico.
Ciò però che più conforta è che con la Fede non succede come per le opere d’arte che a volte vengono danneggiate in modo irreparabile: l’opera d’arte della Fede non può essere mai danneggiata in modo irreparabile perché è stata “realizzata” con un tipo di pittura che non è soggetta alla morte, con una pittura di eternità.
fr. Manuel Russo, O.P.
Convento S. Maria sopra Minerva, Roma