Maria, Eva e il frutto
Maria, Eva e il frutto
Il parallelismo e l’opposizione fra Maria Vergine e Eva è un tema sviluppato fin dal ii secolo con san Giustino e soprattutto sant’Ireneo, incentrato sulla proposizione seguente: « come il genere umano è stato consegnato alla morte mediante una vergine disobbediente, così è salvato mediante una vergine obbediente » (Adv. Haer., l. 5, c. 19) e lungo i secoli questo tema è stato abbondantemente sfruttato.
Vi è tuttavia un aspetto del parallelismo/opposizione fra Maria e Eva che, per il poco che io sappia, risulta proprio a san Tommaso. Ne troviamo l’esposizione nell’ultima parte del suo sermone sull’Ave Maria, probabilmente predicato a Parigi, durante il suo secondo soggiorno.
Mentre sant’Ireneo e la sua numerosa posterità sviluppano il parallelismo dal punto di vista della causalità efficiente, Eva essendo la causa della morte e Maria la causa della salvezza, san Tommaso, nella sua predica, da buon discepolo di Aristotele, considera la causalità finale e costruisce il suo ragionamento a partire della parola « frutto ». Ecco, quindi, in una nostra traduzione-parafrasi, questa meditazione dell’Aquinate (testo in Marietti, Opuscula theologica, vol. 2, p. 241).
Commentando le parole Benedetto il frutto del tuo seno, egli comincia con l’affermare che, a volte, il peccatore ricerca qualche cosa che non può ottenere, mentre il giusto l’ottiene, e così, dice, Eva ha ricercato un frutto, ma in esso non ha trovato ciò che aveva desiderato; invece la beata Vergine ha trovato nel suo frutto (cioè in Gesù) tutto ciò che aveva desiderato Eva.
Infatti, nel suo frutto Eva desiderava tre cose.
In primo luogo, ciò che, falsamente le aveva promesso il diavolo e, cioè, che sarebbero stati come degli dèi, conoscendo il bene e il male. Ma il suo frutto non rese Eva simile a Dio, ma dissimile, poiché, peccando, essa si separò da Dio, sua salvezza, e fu espulsa dal paradiso. Invece, ciò che voleva Eva, Maria e tutti i cristiani lo trovano nel suo frutto, poiché per Cristo siamo uniti a Dio e a lui conformati, secondo quanto dice Giovanni: Quando apparirà, saremo simili a lui, poiché lo vedremo così come egli è (I Gv 3,2).
In secondo luogo, Eva aveva desiderato, nel suo frutto, il piacere, perché era buono a mangiare, ma non lo trovò, perché subito si vide nuda e ne soffrì. Invece, nel frutto della Vergine troviamo la soavità e la salvezza; dice Gesù: Chi mangia la mia carne ha la vita eterna (Gv 6,55).
In terzo luogo, il frutto di Eva aveva un bel aspetto, ma era più bello quello della Vergine, che gli angeli desiderano contemplare. Il salmo dice il più bello fra i figli dell’uomo (Ps 44,3) e lo è perché è splendore della gloria del Padre.
Eva dunque non poté trovare nel suo frutto ciò che cercava, così come nessun peccatore può trovare ciò che cerca nei suoi peccati. E pertanto cerchiamo quel che desideriamo nel frutto della Vergine!
Questo frutto è benedetto da Dio, che lo ha colmato di ogni grazia, in modo che a lui dobbiamo ogni rispetto: Benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ci ha benedetto in ogni benedizione spirituale in Cristo (Ef 1,3); è benedetto dagli angeli: Benedizione e gloria e sapienza e azione di grazia, onore e virtù e forza al nostro Dio (Ap 7,12); è benedetto dagli uomini: Ogni lingua confessi che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre (Fil 2,11); Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Ps 118,26).
Così, dunque, la Vergine è benedetta, ma maggiormente benedetto è il suo frutto. In questi giorni vicini alla solennità dell’Assunzione di Maria, questa riflessione di san Tommaso ci aiuti a rinnovare il nostro desiderio di Dio, rifiutando i frutti fasuli che ci propone il demonio e cercando di aderire sempre più ardentemente al frutto che ci diede Maria, Gesù Cristo nostro Signore.
fr. Daniel Ols, O.P.
Convento S. Maria sopra Minerva, Roma