S. Caterina c'invita a lottare contro le forze del male
Blaise Pascal (1623 – 1662) coniò la bella espressione secondo la quale Cristo è in agonia fino alla fine del mondo; ma ciò è vero solo perché Cristo vive nella Chiesa e si indentifica con essa.
E’ quindi evidente che sia la Chiesa a sperimentare questa agonia finché dura il mondo. Bisogna però intendere il verbo “agonizzare” nel senso in cui lo intendevano e lo usavano i greci, non già nel senso moderno. Per noi “agonizzare” significa praticamente trovarsi in fin di vita, attendere la morte; ma per gli antichi greci , invece, “agonizzare” significava combattere con tutte le forze lottare per affermare la vita.
Col Cristianesimo l’agone, la lotta appunto, diventa lotta contro le potenze del male, battaglia aperta dentro e fuori l’uomo. D’altra parte, il peccato è il nemico numero uno della nostra santificazione e la lotta pertanto è aperta anche nei confronti del mondo, del demonio e della carne. Quindi bisogna lottare per raggiungere la santificazione. Del resto anche per Dante Alighieri che con la poesia ha fatto teologia dice che la santità è sempre battaglia anche per gli Apostoli, i quali si erano fatti “ scudo e lance “ del Vangelo. Così infatti nella Divina Commedia : “ Sì ch’a pugnar per accender la fede de l’Evangelio fero scudo e lance “ (Paradiso XXIX vv. 114)
Scudo e lance, indicano le due armi essenziali, di difesa e di offesa nel combattimento intrapreso per accendere nel mondo il fuoco della fede (Ef. 6, 16 – 17). San Paolo esorta i discepoli di Cristo a combattere contro il mondo con le armi dello Spirito. I due versetti, con le forti metafore del combattimento e del fuoco acceso, presentano l’azione degli Apostoli nel mondo come una dura conquista e quasi il propagarsi di un incendio. Nell’esaltazione che ne fa dei due santi Francesco e Domenico non fa altro che configurarli essenzialmente come indomiti combattenti a favore della Chiesa. In questo contesto è quanto mai interessante visionare i canti XI e XII del Paradiso là dove l’Alighieri presenta con le due vite di San Francesco e di San Domenico, un quadro storico-profetico della Chiesa del suo tempo, quella Chiesa alla quale Dio aveva mandato in soccorso i due grandi campioni dell’amore e della fede. L’idea profetica che accomunava i due grandi santi sorti nello stesso secolo, quasi “ due ruote della biga “ con la quale la Chiesa potesse combattere la sua battaglia nel mondo, era diffusa nella tradizione dei due Ordini, e nella stessa gerarchia ecclesiastica, tanto che si ritrova anche nella Bolla di canonizzazione di San Domenico e che Dante riporta nel canto XII ai versetti 106: “ Se tal fu l’una rota de la biga in che la Santa Chiesa si difese e vinse in campo la sua civil briga“. “Briga” , sta per combattimento, battaglia. “Civil” , perché gli eretici erano cristiani, e quindi appartenevano allo stesso popolo, alla stessa città. I due Santi in questo caso sono come le due ruote del carro di guerra ( tale era la biga romana ) col quale la Chiesa poté difendersi dagli attacchi di Satana e vincere la sua guerra civile. La biga rappresenta i due Ordini Religiosi Francescani e Domenicani , non la Chiesa, che con tale biga vince appunto la sua battaglia. Nella Bolla di canonizzazione di San Domenico (3 luglio 1234) i due Ordini sono paragonati all’ultima delle quattro quadrighe profetizzate da Zaccaria (Cap. 6, 1 – 3 ), interpretate come le forze inviate da Dio lungo la storia a difendere la sua Chiesa, inoltre Papa Gregorio IX sempre nella medesima Bolla, evidenzia la vita ascetica e di preghiera di San Domenico. Ecco perché Francesco e Domenico risplendono di una stessa luce, perché hanno combattuto insieme la battaglia della fede : “Degno è che, dov’è l’un, l’altro s’induca: sì che, com’elli ad una militaro, così la gloria loro insieme luca” . (Canto XII vv. 28 – 36 )
Santa Caterina (1347 – 1380 ) a 16 anni entrò a far parte del Terz’Ordine Domenicano, diventando così la più illustre Figlia di San Domenico. Giovanissima, già si distingueva per la carità verso i poveri e gli ammalati, la pazienza nel sopportare le maldicenze degli uomini e le battaglie interiori col demonio. Fin da piccola nella sua cameretta intraprese “l’arme dell’orazione“: digiuni, veglie, penitenze insieme allo scontro durissimo con le forze del male, che suscitavano ogni genere di ostacolo contro Caterina, ma lì, ebbe anche la consolazione del Salvatore e la familiarità con la Vergine Maria.
Così col passar del tempo Caterina, viveva la sua personale lotta contro il male e fortificata da questa esperienza, con l’aiuto della divina grazia, emergono dalle sue lettere grandi consigli per i destinatari, infondendo in essi forza e coraggio a non avere paura e a perseverare, perché questa è lotta che non risparmia nessuno. Probabilmente noi abbiamo perso questa capacità di lottare contro il mondo il demonio la carne, anche perché se ne parla poco o addirittura non ne parla più nessuno. Caterina diventa così un faro luminoso per quanti conducono silenziosamente la battaglia della propria santificazione.Lasciamoci ammaestrare da alcuni brani significativi tratti dalle sue lettere :
“ Voi siete posti nel campo della battaglia di questa tenebrosa vita, che continuamente siamo alle mani con i nostri nemici. Il mondo ci perseguita con le ricchezze, stati e onori, mostrandoci che siano fermi e stabili; ed essi vengono meno, e passano come il vento. Il demonio ci assale con le molte tentazioni, facendoci fare ingiuria, e spesse volte torre il nostro, solo per rivocarci dalla carità del prossimo nostro; ché, avendo noi perduto l’amore, abbiamo perduto la vita. La carne ci molesta con molta fragilità e movimenti, per toglierci la purità: ché, essendo privati della purità, essofatto siamo privati di Dio; però che egli è somma ed eterna purità. I nostri nemici non dormono mai, ma sempre stanno attenti a perseguitarci: e questo permette Dio per darci sempre materia per la quale noi meritiamo, e per levarci dal sonno della negligenzia. Sapete che quando l’uomo si sente assalire dai nemici suoi, egli è sollecito a pigliare il rimedio per difendersi da loro; perch’egli vede che, se dormisse, starebbe in pericolo di morte. E però Dio ce le fa sentire, perché noi ci destiamo, pigliando l’arme dell’odio e dell’amore. L’odio serra la porta ai vizi, cioè la porta del consentimento, perché fa a loro resistenza con ogni dispiacimento che può; e apre la porta alle virtù, distendendo le braccia dell’amore a riceverle dentro nell’anima sua con grandissimo affetto e desiderio. Sicché vedete ch’egli è buono e ottimo che li nemici nostri si levino contra di noi. Non dobbiamo temere, né possiamo temere, se noi vogliamo; ma confortarci dicendo: “ Per Cristo crocifisso ogni cosa potremo”. E di che debbe l’anima temere se si confida nel suo Creatore? Noi vediamo che di questo campo della battaglia il nostro capitano n’è Cristo Gesù: ed egli ha sconfitto i nemici nostri col sangue suo. Le delizie e ricchezze del mondo ha sconfitte con la viltà e povertà volontaria; sostenendo fame, sete e persecuzioni. Il demonio ha sconfitto, e la sua malizia, con la sua sapienzia, pigliandolo con l’esca e amo della nostra umanità, per l’unione della natura divina con la natura umana. La carne nostra è sconfitta per la carne flagellata, macerata, satollata di obbrobri in sul legno della santissima Croce; nell’ultimo levata sopra tutti i cori degli Angeli nella resurrezione del Figliuolo di Dio. ( … ) Questa è la battaglia comune; ché ogni uomo che nasce e giunge a età perfetta, conviene che stia in su questo campo della battaglia. ( L. 257 )
Noi siamo posti in questa vita come in un campo di battaglia, e dobbiamo combattere virilmente ( L. 159 ) e chi non ha battaglia, non ha vittoria, e chi non ha vittoria, rimane confuso. ( L. 169 )
L’anima ch’è serva fedele, cioè con il lume della santissima fede, fa i grandi guadagni del tempo delle battaglie e fa il vero fondamento, partendosi dall’amor proprio mercenario: e diventa il cuore schietto, e l’affetto liberale . ( … ) E sempre si diletta di stare in battaglia per Cristo crocifisso. ( L. 62 )
Vi conforto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vero cavaliere, forte a combattere contro ogni illusione di dimonia, mentre che stiamo in questo campo della battaglia, attorniati dai nemici nostri, i quali sempre impugnano contra di noi. ( L.142 )
Scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti con tanto lume e cognoscimento, che tu vegga che tu hai bisogno di tagliare, e non di sciogliere. Perché chi non taglia, sempre sta legato; e chi no fugge, sempre rimane preso. ( … ) Ma sia uomo virile, che virilmente esca al campo della battaglia; ponendoti dinanzi all’occhio dell’intelletto il sangue sparto con tanto fuoco d’amore; acciocché, fatto libero, sia inanimato alla battaglia. ( L. 205 )
Nelle tenebre e nelle battaglie ( l’uomo ) trae fuori il lume della fede, esercitandosi virilmente con vera e profonda umiltà. ( L. 213 )
Attendete, carissimo fratello, che questo bene non potreste fare, d’esser virile e sovvenire alla necessità della Chiesa santa, se prima non combatteste e faceste guerra con i i principali tre nostri nemici, cioè il mondo, col demonio, e con la fragile carne nostra. ( L. 372 )
Date, date del sangue di Cristo all’anima vostra, acciocché, come innamorata, corra alla battaglia, a combattere virilmente. ( L. 293 )
Sapete quanto bene ne viene per la battaglia? L’uomo ha materia, nel tempo delle grandi battaglie, di levarsi dalla negligenza e d’essere più sollecito ad esercitare il tempo suo, e di non stare ozioso; e singolarmente all’esercizio dell’orazione santa, nella quale orazione umilmente ricorre a Dio, il quale vede che è sua fortezza, e dimandagli l’audiutorio suo. Ed anco ha materia di conoscere la debolezza e fragilità della passione sua sensitiva; onde per questo concepisce uno odio santo verso il proprio amore, e con vera umiltà dispregia sé medesimo, e si fa degno delle pene e indegno del frutto che seguita dopo le pene. E anco cognosce la bontà di Dio in sé, vedendo che la buona volontà, la quale egli ha che non consente, l’ha da Dio; e però concepisce amore nella bontà sua con santo ringraziamento perché da lui si cognosce e sente conservato nella buona volontà. Nelle battaglie veramente s’acquistano le grandi virtù; perocchè ogni virtù riceve vita dalla carità e la carità è nutrita dall’umiltà: e come già abbiamo detto, che nel tempo delle battaglie l’anima ha materia di cognoscere più sé medesima e la bontà di Dio in sé, dico che in sé cognosce la sua fragilità, e però s’umilia; e nella buona volontà, la quale si trova conservata, cognosce in sé la bontà di Dio, onde viene ad amore e carità. Dunque bene è da godere nel tempo delle battaglie, e non venire mai a confusione. ( L. 169 )
E se tu mi dicessi, carissimo figliuolo: “ In che modo posso avere questa costanza e perseveranza, conciosiacosa che io abbia molti contrari e molti nemici attorno, cioè il mondo e le creature, con molte persecuzioni, ingiurie, e mormorazioni, e la propria mia sensualità, che spesse volte mi ripugna, e ribella contro la ragione? Ti rispondo, che in nessun modo si può sconfiggere i nemici se non con l’arme e senza timore; e che volontariamente entri nella battaglia, e dispongasi alla morte, e che ami la gloria che séguita dopo la battaglia. In questo modo noi, che siamo posti nel campo a combattere contro i nostri nemici, cioè contro il mondo, la carne e il demonio, senza l’arme non potremmo combattere, né ricevere i colpi che non ci offendessero. Che arme dunque è quella che ci conviene avere? Di coltello, ti conviene avere la corazza della vera carità, la quale ripara i colpi, che ci dà il mondo in diversi modi, e a molte tentazioni del demonio e ai colpi della nostra fragilità, che impugna contro lo spirito, come detto è. E conviensi che la corazza abbia la sopravveste vermiglia, cioè il sangue di Cristo crocifisso, unito, intriso e impastato col fuoco della divina carità. ( L. 128 )
Ora dico: grazia, grazia sia all’altissimo Dio eterno, che ci ha posti nel campo della battaglia, come cavalieri, a combattere per la Sposa sua con lo scudo della santissima fede. ( L. 371 )
Certamente il tema non è esaurito, ma in questi brani cateriniani, ci sono consigli preziosi anche per noi del terzo millennio chiamati alla santificazione, perciò ho pensato di concludere con un’antica preghiera a Santa Caterina affinché ci aiuti in questa lotta contro le potenze del male:
“Tu , o Dio, alla beata Caterina adorna di un raro privilegio di verginità e di pazienza, desti la grazia di riuscire vittoriosa nei combattimenti contro le potenze del male e di rimanere incrollabile nell’amore del tuo nome; a noi concedi di calpestare sul suo esempio la corruzione del mondo e di superare le insidie di tutti i nemici per giungere con sicurezza alla tua gloria: per Cristo nostro Signore. Amen”.
fr. Alfredo Scarciglia, O.P.
Convento S. Domenico, Siena
Bibliografia:
La Domenica fa la Chiesa, Ed. Cantagalli Siena, 1995
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso- Oscar Mondadori, 2015
Paolo VI, Lettera Apostolica con la quale è proclamata Santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa, Quaderni Cateriniani, Siena, Ed. Cantagalli, 1970
Le Lettere di Santa Caterina Siena, Ed. Paoline, 1987