Educare alla fraternità in un mondo liquido
Contributi domenicani a una sfida ecclesiale
Vorrei iniziare da quella sera del 13 marzo 2013 in cui papa Francesco, affacciandosi per la prima volta dalla loggia centrale della Basilica vaticana la sera stessa della sua elezione a vescovo di Roma, rivolse le prime parole di saluto e il primo discorso ai fedeli accorsi.
In quella occasione, prima di impartire la benedizione Urbi et orbi, il papa volle invitare anzitutto i fedeli a una preghiera per il nuovo cammino intrapreso dalla Chiesa di Roma sotto la guida del suo pastore, e poi per il mondo intero:
«E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza»1.
Il duplice riferimento al termine “fratellanza”, dapprima in relazione al cammino pastorale della Chiesa di Roma con il suo Vescovo, e poi in relazione ai rapporti tra popoli, sembra alludere alla duplice valenza di tale principio: il suo significato teologico-ecclesiale, come modo stesso di esprimere la comunione che è la Chiesa; e la sua dimensione antropologico-politica, come criterio del vivere sociale.
Il rilievo politico del principio di fraternità fa riferimento a quella solenne proclamazione dell’ideale da parte dei Rivoluzionari come terzo pilastro del trittico ispiratore del vivere sociale insieme al principio di libertà e di uguaglianza, salvo poi restare lettera morta fin dall’indomani della Rivoluzione e guadagnarsi a giusto titolo l’appellativo di «dimensione dimenticata»2 o «principio dimenticato»3 della Modernità. Una parabola che può essere racchiusa nello spazio simbolico dei “due ‘89”: il primo ’89 (1789) con l’affermazione del principio di fraternità, che cade però rapidamente nell’oblio a favore di una polarizzazione del conflitto politico tra libertà (destra) e uguaglianza (sinistra); e il secondo ’89 (1989), data della caduta del muro di Berlino e di inizio del processo di globalizzazione economica e finanziaria, con l’affermarsi di modello unico di sviluppo economico e di paradigma antropologico (quello, appunto, dell’individualismo acquisitivo) e quindi l’ulteriore rimozione dalla scena pubblica della dimensione sociale e fraterna del vivere insieme. Una situazione di aumento delle libertà individuali a scapito della consistenza della sfera sociale, descritta con lucida penetrazione da Bauman:
«è possibile che l’aumento della libertà individuale coincida con l’impotenza della vita collettiva in quanto i ponti tra vita privata e vita pubblica sono stati abbattuti o non sono mai stati costruiti; oppure, per dirla diversamente, in quanto non esiste un modo semplice e ovvio di tradurre le questioni private in questioni pubbliche e, inversamente, di identificare e mettere in luce le questioni pubbliche nei problemi private. […] Priva di sfoghi regolari, la nostra socialità viene tendenzialmente scaricata in esplosioni sporadiche e spettacolari, dalla vita beve, come tutte le esplosioni»4.
La dimensione teologica della fraternità rinvia invece alla comune origine che lega le persone umane tra di loro quali creature di uno stesso Padre e più specificamente il legame dei credenti in Cristo quali figli adottivi di Dio nel suo Figlio Unigenito (Ef 1,4-5). Utilizzato con frequenza nel Nuovo Testamento come appellativo stesso del cristiano (philadelphòs), l’appellativo “fratello” diviene in maniera quasi naturale categoria privilegiata per esprimere l’autocomprensione teologica della comunità ecclesiale in età apostolica e patristica (specie in Tertulliano), salvo poi subire una “restrizione clericale e ascetica” a partire dal III sec. d. C., quando il termine frater verrà utilizzato di preferenza per indicare il vescovo o il presbitero poi il religioso appartenente a uno degli Ordini Mendicanti nati nel XIII sec5.
Si spiega così in questo quadro il tentativo di recupero della dimensione della fraternità come principio capace di rinnovare fecondamente il politico e il teologico insieme. A livello politico il principio di fraternità può introdurre non solo un argine alla contrapposizione politica evitando scongiurando quel rischio di violenza cui è sempre soggetto l’antagonismo politico mediante «l’assolutizzazione delle parti»6, ma anche suggerire strategie di cooperazione, di reciprocità, di collaborazione tra gli attori della vita politico-sociale, che aiutino a superare l’alternativa stagnante tra individualismo e comunismo.
A livello ecclesiologico la ripresa del tema della fraternità consente il ricentramento su una categoria ermeneutica capace di esprimere l’autocomprensione della comunità ecclesiale come comunione e popolo di Dio a partire da un rapporto egualitario tra i suoi membri e di formare l’uomo del nostro tempo a una identità relazionale e aperta. Quella di “fraternità” appare infatti un termine teologico-pastorale particolarmente adatto a
«esplicitare il riconoscimento dell’esperienza dell’origine nel rapporto, non di rado conflittuale, che lega nella Chiesa i fratelli e le sorelle tra di loro, ma anche, a raggio più largo, i membri della Chiesa con tutti gli uomini»7.
Di fronte alla fragilità e al senso di insicurezza che minacciano l’uomo contemporaneo e che lo rendono incapace di scelte profonde e durature, l’azione educativa della comunità ecclesiale intende essere accompagnamento della persona nei percorsi di maturazione umana e cristiana generati dall’annuncio del Vangelo. Non si tratta quindi solo di una formazione intellettualistica o dottrinale, né di educare a uno sforzo volontaristico, ma piuttosto di aiutare a modellare l’intera esistenza su Gesù e sulla “vita buona” del Vangelo, mediante un cammino che chiama in causa tutte le dimensioni della vita cristiana (liturgia, preghiera, etica, carità, catechesi). Particolare importanza riveste in quest’ottica l’esperienza della Chiesa come “scuola di comunione” (Giovanni Paolo II) e di buone relazioni, come antidoto contro il narcisismo e il ripiegamento su di sé dell’individuo postmoderno:
«quelle comunità cristiane, […] dove si può sperimentare che la solitudine nel suo aspetto pervertito di “essere abbandonati a se stessi” e di “poter contare solo su se stessi” comincia a essere vinta; e quelle comunità cristiane dove si può sperimentare, dal modo in cui si celebra la liturgia ad esempio, che il legame tra viventi e morti non è spezzato ma rimane vivo e profondo, possono continuare a parlare anche oggi e a costituire una offerta significativa per la fame di molti uomini e donne contemporanei»8.
Si tratta della riscoperta di un principio costitutivo dell’identità della Chiesa come comunione incentrato sul “camminare insieme” (sinodalità), che può svolgere una feconda azione educativa nello scenario frammentato postmoderno. L’ultimo documento della Commissione teologica internazionale La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, dopo aver sottolineato che «Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio»9 ne richiama la particolare connessione con l’ecclesiologia di comunione del Concilio Vaticano II, passa a indicare nell’ultima parte alcuni atteggiamenti pratici per una rivalorizzazione dello stile sinodale, tra cui in modo particolare il coinvolgimento e la partecipazione di tutti i membri della Chiesa nella diversità delle vocazioni, dei ministeri e delle competenze, evitando la concentrazione decisionale nel solo ministero dei Pastori. Di particolare interesse per il tema che ci riguarda sono numeri 107-114 del documento dedicati alla “formazione alla vita sinodale”, in cui si indicano percorsi e atteggiamenti per la maturazione di un affectus synodalis. Tra essi vengono richiamati il dialogo con la necessaria capacità di ascoltare e di parlare in esso implicita; l’umiltà, che consente di riconoscere i limiti della propria visione o esperienza e arricchirsi del contributo altrui; il discernimento comunitario in cui è la comunità ecclesiale nel suo insieme a maturare una presa di posizione su un determinato tema; la riconciliazione che rende capaci i membri della Chiesa di superare eventuali conflitti riscoprendo la maggiore unità che li lega10
11. In tale prospettiva, se l’icona francescana può essere assunta a modello di una fratellanza minore (minoritas) e di una fraternità universale che si estende a tutto il creato12, quella dell’Ordine di s. Domenico potrebbe offrire il contributo di una fraternità apostolica ispirata fin dall’inizio all’apostolica vivendi forma della Chiesa delle origini. La passione per l’annuncio esercitato in uno stile teologale e amicale, e corroborato dall’esperienza stessa della vita fraterna come testimonianza della comunione generata dal Vangelo e dalla celebrazione liturgica come sorgente e culmine della sua azione pastorale, potrebbe essere una valida testimonianza da offrire nell’ottica della comunione missionaria indicata da papa Francesco per tutta la Chiesa e un’occasione per riscoprire in questo scambio le stesse potenzialità del suo carisma, leggendolo alla luce delle profonde suggestioni lanciate dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium13.
In questa rivalorizzazione del principio di fraternità e nella ricerca di uno stile sinodale incentrato sul coinvolgimento dei diversi membri del popolo di Dio nelle decisioni che riguardano la comunità ecclesiale nella sua interezza, diviene comprensibile il guardare con attenzione all’esperienza dei religiosi quali segno vivente lungo i secoli dell’importanza della fraternità ecclesiale «come confessione della Trinità» e a cui la Chiesa affida il compito di annunciare, a partire dalla loro stessa testimonianza di vita, «il valore della fraternità cristiana e la forza trasformante della Buona Novella che fa riconoscere tutti come figli di Dio e spinge all’amore oblativo verso tutti, specialmente verso gli ultimi»L’attenzione per la dimensione comunionale e relazionale generata dall’annuncio del Vangelo, che troviamo nella spiritualità stessa di Domenico e dell’Ordine da lui fondato («Durante il giorno nessuno era più socievole di lui con i frati o i compagni di viaggio»14, dice il suo primo biografo), ci mostra uno stile di esperienza ecclesiale come comunione nata da una Parola condivisa e accolta.
Nell’Evangelii Gaudium papa Francesco approfondisce la dinamica di questo legame tra i credenti generato dal Vangelo, che chiama appunto “mistica del vivere insieme” (EG 87). L’esperienza della fraternità e della relazione viene valorizzata dall’esortazione apostolica quale risposta alla volatizzazione e smaterializzazione dei legami dell’universo virtuale e delle sue reti di comunicazione. Non è un caso che il testo richiami atteggiamenti legati alla dimensione corporea e interpersonale della relazione umana assenti in quanto tali nel cyber-spazio (mescolarci, incontrarci, appoggiarci, prenderci in braccio) e che si fondano sullo sfondo teologico del mistero dell’Incarnazione, richiamato non a caso nel paragrafo seguente (EG 88)15.
Anche su questo il contributo della tradizione (spirituale e intellettuale) domenicana può rivelarsi fecondo, data la centralità che il tema dell’Incarnazione e della corporeità ha sempre rivestito. Ne troviamo esempi significativi nella stessa biografia di san Domenico, che vede nella tenerezza e nella vicinanza premurosa e cordiale all’altro un tratto tipico anche dell’esperienza e della personalità spirituale. Lo sottolinea la stessa formula di benedizione finale prevista dal Messale O.P. per la solennità dell’8 agosto («Egli che ha fatto rifulgere in S. Domenico la bontà e la tenerezza del nostro Salvatore») ed è una caratteristica che viene ripetutamente e concordemente attestata nelle fonti storiche e agiografiche dell’Ordine, che sottolineano la tenerezza commossa e commovente con cui si dedica al ministero della Parola («nel predicare spesso piangeva e muoveva al pianto gli uditori»16), la profonda pietà e devozione che lo anima durante la celebrazione dell’Eucarestia(«sempre durante il canone i suoi occhi e le sue guance si rigavano di lacrime»17) o nel suo stesso modo di pregare che coinvolge sempre la dimensione corporea con vari gesti e atteggiamenti documentati nell’opuscolo I nove modi di pregare di s. Domenico18.
In un saggio-intervista del 2011 sul tema dell’educazione, Bauman sottolineava che il rapporto di incontro con l’altro deve muoversi all’interno di un giusto equilibrio tra “coinvolgimento e distacco”, in uno sforzo di prossimità e distanza che deve destreggiarsi
«fra gli estremi della completa identificazione con l’Altro e la completa separazione da esso, prestando sempre molta attenzione a non avvicinarsi né a un estremo né all’altro»19
La mistica del vivere insieme e l’educazione alla fraternità indicate dall’Evangelii Gaudium e richiamate più volte da papa Francesco20, come legame tra uguali che nasce da un’origine indisponibile e non manipolabile, può costituire un principio-guida capace di riconnettere un tessuto sociale sempre minacciato dalla sterile altrenativa tra individualismo e collettivismo, e in questo scenario culturale «che lega in un unico nodo epocale il fallimento di tutti i comunismi alla miseria dei nuovi individualismi»21 può offrire un modello capace di articolare con equlibrio la dignità e libertà del singolo con quella della comunità sociale nel suo insieme. In tal senso la dimensione della fraternità potrebbe risultare il contributo specifico che i cattolici possono dare in ambito socio-politico, in quest’ora in cui si dissolvono i partiti cristiani e l’impegno appare piuttosto quello di suscitare un “momento cattolico” all’interno stesso delle diverse forze politiche22.
All’interno di tale sfida ecclesiale l’Ordine di s. Domenico sperimenta una singolare tensione, nel senso che su un piano sociologico risulta senz’altro minoritario rispetto ad esempio al francescanesimo (i tre Ordini francescani maschili, minori, conventuali e cappuccini contano un numero di religiosi superiori a 5 volte quello dei frati domenicani) e probabilmente anche meno immediato nella percezione dell’immaginario collettivo quando si parla di “fraternità” e di “fratellanza”, dall’altro sembra però godere di una particolare affinità con le ripetute indicazioni magisteriali dell’attuale pontefice in direzione di una mistica del vivere insieme di natura missionaria e apostolica.
Il suo contributo potrebbe essere in tale ottica quello di una “minoranza creativa” (per usare l’espressione di Toynbee ripresa da Benedetto XVI), significativa, proponendo il suo ethos spirituale integrale, in cui lo spirituale-sovrasensibile e il corporeo-sensibile sono felicemente integrati, e la sua vocazione di fraternità apostolica quale «memoria evangelica»23 capace di tenere desta la coscienza comunionale e missionaria di tutta la Chiesa.
fr. Daniele Aucone, O.P.
Convento S. Maria sopra Minerva, Roma
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1 francesco, Primo saluto del Santo padre Francesco (13-03-2013),
https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/march/documents/papa-francesco_20130313_benedizione-urbi-et-orbi.html
2 g. marramao, Passaggio a Occidente. Filosofia e globalizzazione, Bollati Boringhieri, Torino, 20092, p. 186
3 a.m. baggio, Il principio dimenticato. La fraternità nella riflessione politologica contemporanea, Città Nuova, Roma, 2007
4 z. bauman, La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano, 2008, pp. 10-11
5 j. ratzinger, La fraternità cristiana, Queriniana, Brescia, 2005, pp. 54-55
6 r. mancini, Esistenza e gratuità. Antropologia della condivisione, Cittadella, Assisi, 2009, p. 183
7 s. dianich-c. torcivia, Forme del popolo di Dio tra comunità e fraternità, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2012, p. 209
8 r. repole, Come stelle in terra. La Chiesa nell’epoca della secolarizzazione, Cittadella, Assisi, 2011, p. 65
9 commissione teologica internzazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2 marzo 2018), n. 1,
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20180302_sinodalita_it.html
10 «l’unità è superiore al conflitto» è uno dei principi-chiave indicati dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium per attuare la conversione pastorale della Chiesa, francesco, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium (24-11-2013), n. 226
11 giovanni paolo ii, Esortazione apostolica Vita Consecrata (25 marzo 1996), nn. 41 e 51, in EV 15 (1996) 562 e 586
12 g. salonia, «”Io frate Francesco”: la novitas della fraternità di Francesco d’Assisi», in c. torcivia (ed.), La Chiesa è una fraternità. Un modo antico e sempre nuovo di vedere la Chiesa e il mondo, cit., pp. 91-111; sulla qualifica di minores voluta da Francesco per i suoi frati e sulla minoritas come espressione di uno stile “subordinativo” insiste anche g .g. merlo, Frate Francesco, Il Mulino, Bologna, 2017, pp. 54-69
13 Qualche spunto in questa direzione ci sembra di trovarlo nel contributo di p. murray, «Preaching Today» in Angelicum 93 (2016) 3, pp. 585-598; e nel volume collettivo e. durand-l.-t- somme, Prêcher dans le souffle de la Parole. Jalons pour une théologie dominicaine de la prédication, Cerf, Paris, 2015
14 giordano di sassonia, Libellus de initio Ordinis fratrum Prædicatorum, n. 104, in p. lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, ESD, Bologna, 1998, p. 166
15 Ha richiamato in modo particolare questo aspetto c. theobald, Fraternità. Il nuovo stile della Chiesa secondo papa Francesco, Qiqajon, Magnano (Bi), 2016, pp. 61-64. Sulla fecondità “culturale” del Cristianesimo nello scenario postmoderno, e in particolare della dimensione della corporeità e della carne come risposta al rischio di smaterializzazione dell’universo virtuale, ha insistito ripetutamente in tempi recenti s. žizek, La fragilità dell’assoluto (ovvero perché vale la pena combattere per le nostre radici cristiane), Transeuropa, Massa, 2007; s. žižek-j. milbank, San Paolo Reloaded. Sul futuro del cristianesimo, Transeuropa, Massa, 2012. Per un inquadramento del rapporto tra la riflessione del filosofo sloveno e le sue implicazioni teologiche si può vedere il saggio di i. guanzini, Lo spirito è un osso. Postmodernità, materialismo e teologia in Slavoj Žižek, Cittadella, Assisi, 2010
16 atti del processo di bologna, Deposizione di fr. Rodolfo da Faenza, in p. lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, cit., p. 477
17 Ivi, Deposizione di fr. Stefano di Spagna, in p. lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, cit., p. 482
18 I nove modi di pregare di S. Domenico (a cura dell’Ufficio Libri liturgici), B.N. Marconi, Genova, 1987; sull’importanza della corporeità nell’esperienza spirituale di Domenico e dell’Ordine dei Predicatori, v. c. aubin, Prier avec son corps à la manière de Saint Dominique, Cerf, Paris, 2005
19 z. bauman, Conversazioni sull’educazione, Erickson, Trento, 2011, p. 69
20 Ad esempio nel Messaggio per la giornata Mondiale della pace del 2014: francesco, Fraternità, fondamento e via per la pace. Messaggio per la XVII Giornata mondiale della pace (1 gennaio 2014), in papa francesco, La mia scuola, Edirice La Scuola, Brescia, 2014, pp. 61-68
21 r. esposito, Communitas. Origine e destino della comunità, Einaudi, Torino, 1998, vii
22 Così in particolare j.-l. marion, Brève apologie pour un moment catholique, Grasset, Paris, 2017, pp. 41-42
23 b cadoré, La prédication dominicaine, contemplative et amicale, in e. durand-l.-t- somme, Prêcher dans le souffle de la Parole. Jalons pour une théologie dominicaine de la prédication, cit., p. 15