«Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4, 41)
« Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio»1. Queste le prime parole del più antico tra i Vangeli: quello di Marco. Eppure in questa frase, apparentemente così povera, ci viene detto tutto quello che dobbiamo sapere su Gesù, vale a dire che è il Cristo e il Figlio di Dio. Ci è presentata una persona, ci è posta davanti un’identità. E adesso la domanda sorge spontanea: chi è realmente Gesù Cristo, il Figlio di Dio? Siamo così sicuri di conoscerlo?
Posti dinanzi a questo interrogativo, alcuni penseranno bene di rispondere con le definizioni del catechismo; altri risponderanno con luoghi comuni: “Gesù è il fondatore del cristianesimo” o “Gesù predicava di volerci bene”; altri, più “colti”, risponderanno che è stato un grande uomo, un grande “rivoluzionario” che si è schierato contro i poteri forti, ma, ahimè, gli è finita male! Ma ogni persona è un universo immenso e qualsiasi definizione è stretta e inadeguata, tanto più se, colui che vogliamo mettere sotto un’etichetta, si presenta come il Figlio di Dio.
L’unico modo per conoscere una persona è “starci”. Per conoscere questo Gesù, mettiamoci allora in cammino insieme ai discepoli che furono chiamati perché «stessero con lui»2, seguiamo in che modo i discepoli si siano posti dinanzi a questo Maestro. Facciamoci guidare nel nostro itinerario dal vangelo di Marco.
All’inizio della narrazione il lettore si ritrova dinanzi la figura misteriosa di questo Gesù, che da subito ci viene presentato - a noi che leggiamo - come il Figlio di Dio, il quale sceglie alcuni uomini, affinché lo seguano. La prima parte del Vangelo presenta un succedersi frenetico di miracoli grandiosi e insegnamenti impartiti dal Maestro. I discepoli sono stupiti, entusiasti di questo uomo così potente; sembra che nulla possa sconfiggerlo e niente possa resistere ai suoi comandi, «comanda agli spiriti impuri e gli obbediscono»3. I discepoli però non riescono sempre a stargli dietro, non capiscono tutto quello che dice e per questo lo interrogano, si interessano, non lasciano correre nessuna delle sue parole. Eppure attorno a Gesù aumenta sempre di più il dissenso, il seguirlo diventa sempre più difficile, non sono poche le volte in cui il Maestro rimprovera i suoi facendo notare loro di non capire e di avere il cuore indurito (caratteristica tipica degli oppositori di Gesù).
4. Inizia così una seconda parte del cammino dei discepoli: alla gran quantità di segni spettacolari, si susseguono annunci di sofferenze, rifiuti e morte. I discepoli continuano a sprofondare sempre di più nell’incomprensione e nei loro sogni di gloria. Tutto ciò li porterà, quasi senza che se ne accorgano, ad abbandonare, tutti, quel Maestro arrestato e crocifisso, rinnegando pure di conoscerlo. Ed in effetti ancora non lo avevano ancora per niente conosciuto …
In questo contesto, Pietro, alla domanda sull’identità del Maestro, risponde – non capendo nemmeno quello che sta dicendo: – «Tu sei il Cristo»A riconoscerlo non saranno i suoi discepoli, i quali avevano visto i segni da lui compiuti e che avevano beneficiato della sua compagnia e dei suoi insegnamenti, ma un pagano, uno di quelli che lo avevano ucciso.
«Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”»5. Ecco dove si manifesta pienamente la divinità di Gesù! Non nei miracoli, non nella potenza, ma nel donarsi fino alle conseguenze estreme.
Non si capirà mai Gesù, se non si starà sotto la croce, come le donne, come il centurione, e non lo si vedrà morire. Nella croce si vede l’Amore, che, pur di andare incontro a coloro che ama, si lascia fare di tutto. Pur di stare con le sue creature e ricondurle a Lui, non si sottrae ai rischi della relazione, non rifugge di aver fiducia nell’uomo sino a morire per Lui. Dinanzi allo “spettacolo della croce” vediamo un Dio che per salvare la sua creatura soffre al suo posto, pur di salvarlo dalla solitudine gli si fa vicino, pur di redimerlo dalle sue debolezze se le addossa tutte, pur di salvarlo dalla disperazione della morte fa esperienza egli stesso di questo baratro. Ecco in croce il Dio che cerca l’uomo ovunque si trovi, lo prende per i polsi, perché non gli sfugga e lo risolleva fino a Lui.
Senza la croce ci mancherebbe la tappa fondamentale della nostra fede, non potremmo avere esperienza di chi è il Figlio di Dio: Gesù di Nazareth, il Cristo.
Il Vangelo si conclude con l’annuncio della resurrezione e l’invito a ritornare in Galilea6 per incontrare il Signore risorto. Il finale è aperto, aspetta la risposta di ciascun discepolo. Anche a noi, discepoli di oggi, viene portato l’annuncio del giorno di Pasqua, ossia metterci in cammino, o meglio riprendere di nuovo il cammino, dall’inizio, ma con una prospettiva completamente mutata. Infatti il Signore è morto per noi in croce, ma ora vive per sempre. Cristo è vivo oggi, e come ai discepoli, anche a noi chiede di metterci in cammino dietro a Lui, mettendo i nostri piedi sulle sue orme, camminando anche noi, come lui, verso la nostra croce, non per cercare potere, fama o prestigio, ma per poter consumare, con Lui, il nostro atto di donazione totale per i fratelli, con l’incrollabile speranza che «né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore»7.
fr. Francesco Pio M. Narcisi, O.P.
Convento S. Maria sopra Minerva, Roma
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1 Mc 1, 1
2 Mc 3, 14
3 Mc 1,27
4 Mc 8, 29
5 Mc 15, 39
6 Cfr. Mc 16, 7
7 Rom 8, 38-39