Contemplare, meditare e vivere. Una via domenicana
Per lungo tempo si è coltivato, all’interno di molte tradizioni della cristianità, una certa contrapposizione tra la dimensione contemplativa, più propriamente religiosa. e quella relativa invece all’azione, in particolar modo all’azione nel mondo, o come si usava dire, nel secolo. In particolar modo si è spesso ritenuto che la dimensione contemplativa fosse propria della vita religiosa e si contrapponesse, in maniera determinante, con lo stile di vita di chi, i laici ad esempio, vivesse nel mondo, a contatto con le sue complessità, i suoi obblighi, le sue consuetudini.
La stessa preghiera contemplativa o silenziosa è sempre stata quasi una corrente carsica all’interno della tradizione della Chiesa, sempre presente1 ma spesso minoritaria rispetto alla preghiera corale in ambito monastico e a quella devozionale in ambito secolare. Ma sin dal suo principio lo straordinario progetto di San Domenico ribaltava questa impostazione con la creazione di un Ordine di Predicatori e Predicatrici che sono, allo stesso tempo, contemplativi (Parlavano con Dio) e dediti all’azione (Parlavano di Dio). Si può dire che sin dal cominciamento stesso della vita domenicana il Padre Domenico mettesse l’accento sulla uguale importanza di questi due momenti, racchiusi felicemente nel motto dell’Ordine “Contemplare et contemplata aliis tradere”.
Meister Eckhart (il domenicano medievale maestro di spiritualità contemplativa) e i suoi allievi, il Beato Suso e Giovanni Taulero hanno più volte insistito sull’importanza che la dimensione contemplativa, di preghiera e di meditazione sia costantemente congiunta con la dimensione attiva, inerente le opere, il lavoro esteriore, in quanto “la vita attiva è contenuta in quella contemplativa” (Meister Eckhart). Una contemplazione che nello spirito del fondatore porta sempre, nella fedeltà allo spirito della Carità nella Verità, ad una vicinanza concreta ai problemi del mondo. Padre Paul Murray parlando al Capitolo Generale dell’Ordine nel 2001 cita un anonimo domenicano francese del XIII secolo riportando che "Tra le cose che un uomo dovrebbe vedere in contemplazione vi sono i bisogni dei suoi vicini" e anche "quanto è grande la debolezza di ogni essere umano", ricordando quindi la nostra fragilità umana.
La tradizione domenicana ha inoltre notevolmente approfondito poi l’importanza, all’interno della dimensione contemplativa, del silenzio. San Antonino da Firenze diceva che “Il Silenzio è il padre dei Predicatori” e il beato Umberto sottolineava opportunamente che “nel silenzio l’anima si rasserena, viene conservata la pace e la mente si innlalza più speditamente alla contemplazione, a Dio” . Ultimamente lo stesso ex Maestro dell’Ordine Timothy Radcliffe ha più volte ribadito l’importanza che il silenzio ha sia per il mondo religioso che per il mondo laico, proponendo per ognuno di noi la presenza nella giornata di almeno un’ora di silenzio.
Nella contemporaneità questo bisogno di silenzio, di interiorità si è rivestito spesso, nel mondo laico, di una consumazione esotica di modelli orientali, spesso estranei alla tradizione cristiana. La riscoperta della Contemplazione è invece una risorsa straordinaria che la tradizione domenicana offre al mondo contemporaneo, cercando di coniugare in ognuno di noi, sul modello di vita domenicano, la contemplazione, la meditazione, con le forme diverse del nostro vivere sociale.
Per concludere non posso non citare ancora Murray che racconta di quando, da novizio domenicano, gli furono svelati da un illuminato Maestro i due segreti della contemplazione domenicana. La prima legge dice: “Prega!”. La seconda: “Continua…”. Buona meditazione.
Massimiliano Zonza,
Presidente delle Fraternite Laiche della Provincia Romana di S. Caterina da Siena
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1 Per la tradizione della preghiera contemplativa o silenziosa si può far riferimento al classico del XIV secolo “La Nube della Non Conoscenza” traduzione italiana Edizioni Ancora 1997