Amore malato o malato d’amore?
"Ama e fa ciò che vuoi » (In Ep. Jo. 7, 8) ! E’ una delle frasi più celebri di sant’Agostino. La prima volta in cui l’ho sentita mi aveva un po’ scioccato. Avevo come la paura che con la scusa dell’amore ci ritrovassimo a essere autorizzati a fare tutto! Per amore ci si sposa e per amore ci si lascia perché amo un’altra o un altro. Per amore prego, e quando sento di amare di più la televisione e internet allora non prego più. Per amore faccio volontariato, ma quando mi accorgo che amo di più non essere disturbato allora smetto! L’importante è non smettere di amare, poi fai quello che vuoi!
Poi ci si mette pure il Vangelo di oggi; chiedono a Gesù qual è il più grande dei comandamenti? C’erano all’epoca 613 precetti che dovevano essere rispettati, di cui 365 proibizioni, una per ogni giorno dell’anno!
E qual è il comandamento più importante? Forse si poteva rispondere il comandamento che Dio ha vissuto: il riposo! Si riposò il settimo giorno, quindi il più grande comandamento avrebbe potuto essere il riposo del sabato, e per noi quello della domenica! Pigri come siamo ci avrebbe pure fatto comodo! Invece No! E’ tra l’altro un po’ triste che, nonostante il nostro bisogno di riposo, ne stiamo perdendo il senso! Non siamo sempre capaci di passare una bella giornata a riposarsi in compagnia con Dio! Invece anche nelle vacanze ormai mandiamo Dio in vacanza! Quante volte ci ritroviamo a confessare: siccome ero in vacanza non sono andato a messa! Impariamo ad andare in vacanza laddove Dio va in vacanza, magari ci incontriamo!
Comunque non è neanche il riposo il primo dei comandamenti, ma è il comandamento dell’amore: amare Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente. E amare il prossimo come se stessi!
Ancora una volta, se ami, se rispetti questo, per il resto fa quel che vuoi!
E’ possibile che un santo grande come lo era sant’Agostino rischiasse di dire qualcosa di così pericoloso? Oggi per amore della pace siamo arrivati a fare la guerra! Per amore del nostro vivere tranquilli siamo diventati razzisti! Per amore delle nostre economie siamo diventati ladri! Per amore della nostra comodità siamo diventati spreconi! Per amore del voler essere genitori siamo disposti a confezionare figli su misura con madri in affitto, banche del seme e culle in fialette di vetro! C’è qualcosa che non torna.
Ma se non torna non è perché sant’Agostino avesse torto, ma perché quello che noi chiamiamo amore spesso non è amore, o è un amore malato. E' piuttosto egoismo, razzismo, egocentrismo, narcisismo, opportunismo, giudizio, furto, omicidio che chiamiamo amore per autogiustificarci e autoassolverci. Forse è anche per questo che non ci piace la confessione! Da una parte perché magari noi preti non siamo sempre così accoglienti, dall’altra però anche per la paura di trovarci nella situazione di dover far saltare in noi il meccanismo dell’autogiustificazione ad ogni costo.
Ma se è così facile spacciare per amore ciò che l’amore non è, cosa fare? Come sapere se siamo persone che amano o che stanno trovando giustificazioni per fare quello che vogliamo? Per rigirare la domanda con la frase di sant’Agostino: come essere sicuri che quello che faccio liberamente, quello che voglio, sia veramente amore?
Non credo potremmo esserne mai sicuri, ma almeno come avere un’indicazione di massima?
Pe rispondere a questa domanda vorrei immaginiamo l’amore come un virus , una malattia che ci infetta. Immaginiamo l’amore come una sorta di virus che entra in circolo nel nostro sangue! Qualsiasi cosa facciamo o non facciamo non può che essere infettata dall’amore! Qui sant’Agostino ha ragione. Qualsiasi cosa io faccia, se sono malato d’amore, sarà un fare che è nient’altro che amore! Se siamo persone che amano, e che amano veramente, non possiamo fare nulla che non sia amore, perché l’amore è un modo di vivere che infetta tutto quello che facciamo! Se sono infettato dall’amore a Dio, non mando in vacanza Dio quando sono in vacanza! Amo Dio con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima, e con tutta la mia mente! Se sono infettato dall’amore del prossimo e dall’amore verso me stesso perché sono creato a immagine di Dio, ho rispetto di me stesso, della mia vita, della mia salute, del mio corpo, della mia dignità, del mio essere giovane o del mio invecchiare così come ho rispetto verso il mio prossimo, verso la sua dignità, il suo essere giovane, il suo essere anziano, il suo essere sano o malato, il suo essere italiano o profugo.
Si tratta di capire nella nostra vita quanto siamo malati di amore. E l’amore, come ogni vera malattia, ha dei sintomi!
Prendiamo la prima lettura di oggi: il malato d’amore non molesta il forestiero né lo opprimerà perché lui stesso è stato forestiero. Molti dei nostri nonni sono stati forestieri e profughi, e molti dei nostri giovani sono forestieri fuori casa in cerca di lavoro! Il malato d’amore non maltratta l’orfano e la vedova, che nell’epoca di Gesù erano i più deboli della società! Il malato d’amore è attento ai più deboli della società e se ne prende cura! Il malato d’amore se può prestare del denaro perché ne ha accumulato in banca, di fronte a chi non ha il pane può donarlo o prestarlo senza interesse. Non si comporta da usuraio! Il malato d’amore non è una banca ma una famiglia allargata a chi ha fame. Il malato d’amore se prende in pegno il mantello di un povero lo restituisce la sera perché quel mantello è la sua coperta. Il malato d’amore cioè guarda prima alla dignità della persona e alle sue necessità e gli dà fiducia! La lista può continuare e diventa per noi un esame di coscienza, un vero termometro per capire quanto siamo ammalati d’amore! Chi è infettato d’amore gratuito e pieno verso il prossimo, lo è verso Dio, senza mezze misure e nella totalità! Malato com’è può veramente fare quello che vuole, purtroppo per lui non gli riuscirà che amare! Questa è la condanna del malato d’amore, fare quello che vuole: lo farà con amore e per amore. E se lo farà senza amore e per altro motivo che l’amore è perché sta guarendo dal virus dell’amore … forse per ammalarsi di altro!
fr. Gian Matteo Serra, O.P.