San Tommaso d'Aquino e la ricerca della felicità
Omelia in occasione della festa di san Tommaso tenuta dal Rettore della Pontificia Università S. Tommaso d'Aquino (Angelicum) presso la Basilica di S. Maria sopra Minerva, Roma.
La scena dell’insegnamento di Gesù nella sinagoga di Cafàrnao è nel Vangelo di san Marco – nel Vangelo probabilmente più antico del Nuovo Testamento – la prima menzione dell’attività pedagogica concreta di Gesù. Introducendoci nell’attività pubblica Marco presenta il brevissimo riassunto dell’insegnamento di Gesù, successivamente descrive la nomina dei discepoli, per condurci, infine, alla scena di oggi – in cui racconta la Sua prima lezione pubblica.
Come abbiamo ascoltato, l’insegnamento – pieno d’autorità – del Signore provoca il primo confronto violente con il male – con lo spirito impuro che possiede un uomo malato. Secondo gli scrittori della Bibbia i demoni non conoscono l’identità di Gesù fino alla sua risurrezione. Allora vogliono provocare in Lui una reazione che potrebbe mostrare la sua identità. Ma la cosa forse più interessante in questo primo, in un certo senso paradigmatico, confronto del Signore con il male, è il modo con il quale lo spirito impuro guida la sua vittima. Questo modo si mostra nelle parole pronunciate dal malato e rivela la strategia dello spirito impuro, anzi è il filo conduttore di tutte le strategie degli spiriti impuri nella storia umana.
«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». La strategia dello spirito impuro è: convincerci che Dio e i suoi santi vengono a rovinarci. Dio non è un nostro amico, non è dalla nostra parte nella storia – per dire così. E piuttosto il nostro concorrente che viene per distoglierci dalle cose importanti, per privarci della gioia. Possiamo dire che per un uomo religioso questa conclusione potrebbe sembrare assurda. Ma se guardiamo i nostri incontri con Dio nella storia umana, possiamo notare che questa ansia è stata sempre presente. L’epoca moderna è costruita con questa ansia. L’uomo dell’epoca moderna pensa sempre che per essere davvero libero deve ridurre l’influenza di Dio (e della chiesa) nella sua vita. Più Dio è nella mia vita, meno libertà. Se voglio avere più libertà, devo eliminare l’influenza di Dio…
Ma il Figlio di Dio è mandato da noi esattamente per combattere questa ansia. L’incarnazione – l’unità armoniosa della natura divina e umana nell’unica persona di Gesù – deve essere per noi un segno dato una volta e per sempre che Dio e l’uomo non sono per sé stessi dei concorrenti. Se voglio essere più libero, devo accettare di più – e non di meno – l’influenza di Dio nella mia vita. Gesù – Dio e uomo – n’è una prova più forte.
Parlo di tutto questo riferendomi al Vangelo di oggi. Ma anche in vista della festa di oggi – la festa di San Tommaso. L’Aquinate è un teologo che nel modo eccellente – forse nel modo più eccellente della storia di teologia? – sapeva dare una spiegazione coerente: Dio e l’uomo non sono per sé stessi concorrenti, questo pensiero appartenendo a questa società liquida, nel contesto di una modernità senza freni è veramente incoerente se capiamo davvero quello che significa la parola Dio.
Si possono dare tanti esempi delle sue riflessioni su questo nei trattati su Dio, su Cristo o forse nella parte più lunga della sua Summa, la parte consacrata alle analisi precise delle operazioni umane. Ma non abbiate paura. Non voglio ripetere le lezioni dell’Angelicum. Ce ne sarebbero troppe da ripetere…
Voglio condividere con voi solo una frase che ho trovato molti anni fa nella Summa theologica e che rimane per me la mia frase preferita di tutta l’opera del Dottore Angelico. Per me questa frase è come un riassunto più stretto di tutta la visione teologica dell’Aquinate. Si tratta della frase che Tommaso ha scritto per aiutarci a capire la beatitudo – la felicità – di Dio nella questione 26 della Prima Pars. Scrive (questa frase che merita di essere citata anche in latino): quidquid est desiderabile in quacumque beatitudine, vel vera vel falsa, totum eminentius in divina beatitudine praeexistit. Quello che è desiderabile in qualsiasi beatitudine, sia vera o falsa, preesiste tutto in modo eminente nella beatitudine divina.
Se si medita un po’ su questa frase, si scopre una profondità stupefacente. Come sappiamo – si tratta di una prospettiva dell’insegnamento di Tommaso molto conosciuta – Tommaso presenta la sua riflessione morale in modo eudemonistico – con la convinzione profonda che siamo stati creati per cercare la beatitudine – la felicità perfetta. Ma il brano citato permette di aggiungere a questa prospettiva generale alcune riflessioni molto interessanti. Alla luce della frase citata si deduce che ciò che è davvero desiderabile è sempre una traccia di Dio nel mondo creato. Allora cercando la felicità cerchiamo davvero sempre Dio. E ancora di più. Tommaso dice quello che è desiderabile in qualsiasi beatitudine, sia vera o falsa, preesiste tutto in modo eminente nella beatitudine divina. Quindi anche se la beatitudine che stiamo cercando non è la felicità vera – perché stiamo sbagliando, perché stiamo facendo le scelte cattive, perché stiamo inseguendo un miraggio della vera beatitudine – quello che stiamo cercando nel profondo della nostra ricerca sono le tracce della beatitudine divina nel mondo creato.
Chiariamoci su questo aspetto: Tommaso non vuole dire che seguire un miraggio della vera beatitudine è una cosa innocente. Dobbiamo fare tutto per sapere e potere seguire la vera beatitudine – la Secunda Pars de la sua Summa theologica n’è una prova eminente. Se non facciamo tutto quello che possiamo, possiamo fare tanto male agli altri e a noi stessi. Tuttavia, è interessante e importante vedere che la nostra connessione con Dio è per Tommaso ancora più profonda che le nostre scelte della felicità. Come creati siamo – per così dire – incurabilmente connessi a Dio e attoniti a desiderare l’unione con Lui. E solo questa unione ci può dare la vera beatitudine – la felicità perfetta che desideriamo nel profondo di noi stessi.
Questa visione della nostra felicità – dell’essere umano – rimane sempre una risposta molto forte alle ansie apportate dagli spiriti impuri dell’epoca moderna. È assurdo immaginare che Dio potrebbe essere il nostro nemico, il nostro concorrente. E sempre con noi e viene da noi per liberarci, per farci fiorire, per rispondere a tutti i nostri desideri più profondi. Anche se non sono tutti purificati e perfetti…
Preghiamo oggi chiedendo l’intercessione di San Tommaso affinché scopriamo sempre più la presenza divina nel profondo di tutti i nostri desideri. Preghiamo affinché sappiamo aiutarci l’uno con l’altro – e soprattutto con tutti quelli che sono fuori dalle mura della chiesa – ma anch’essi sono nel cammino verso la beatitudine voluta per noi da Dio.
fr. Michał Paluch, O.P.
Rettore della Pontificia Università S. Tommaso d'Aquino in Urbe (Angelicum)